Nel ventesimo secolo l’ipnosi ha goduto di un credito particolare grazie all’opera di Milton H. Erickson (1982, 1983a, 1983b, 1984)) che oltre ad aver liberato tale disciplina da ogni alone di magia, consegnandola alla comunità scientifico all’interno di un modello di psicoterapia che si è guadagnato una notevole credibilità (Del Castello e Loriedo, 1995).La psicoterapia ericksoniana è per definizione breve e questo per un motivo molto semplice: per Erickson stare in terapia non è una condizione naturale dell’essere umano, è piuttosto una condizione a cui la persona è costretta per una specifica difficoltà evolutiva . Lo scopo della terapia è di conseguenza quello di aiutare il paziente a tornare al più presto ad una normalità di vita caratterizzata dal progressivo raggiungimento di tappe stabilite dall’età e dall’ambiente culturale della persona (Del Castello e al., 1987).Questa idea (cioè della terapia come condizione innaturale) non deve sembrare una banalità e ne va apprezzata la portata rivoluzionaria. Nella cultura occidentale del XX secolo la psicoterapia (e in particolare la psicoanalisi che ha dominato il campo per vari decenni) ha finito con il rappresentare una esperienza di crescita e di sviluppo delle potenzialità umane (che spesso ha assunto tinte religiose) altamente desiderabile e simbolo di status sociale (si vedano i film di Woody Allen). E’ inutile dire che se la psicoterapia assume queste caratteristiche più dura e meglio è.Questo, per altri versi, corrisponde all’idea che viviamo in una società malata e per forza di cose tutti hanno le proprie nevrosi. Così, si sente spesso la gente dire che “un po’ di psicoanalisi farebbe bene a tutti!”Dal punto di vista dello psicoterapeuta ericksoniano, quando una persona (o chi per essa) si rivolge a lui il problema è proprio il fatto di essere lì e quindi deve far sì che la persona cessi al più presto di avere bisogno di terapia. Egli può ragionare in questi termini solo perché ha una visione ottimistica dell’uomo, pensa cioè che le persone e le comunità in cui esse sono inserite possiedono le risorse per risolvere la maggior parte dei problemi a cui possono andare incontro.Il lavoro di Erickson e il modello di psicoterapia che ne è derivato richiederebbe un grande spazio per essere illustrato, mi limiterò quindi ad enunciare alcuni principi e tecniche che li caratterizzano.1.Usare il linguaggio del paziente. Il terapeuta ericksoniano è consapevole che la persona che si trova davanti ha un modo peculiare di percepire e rappresentarsi mentalmente il mondo e se stesso. Questo modo è tradotto dal linguaggio verbale e non verbale che adotta anche se ne è in gran parte inconsapevole. Imparare ad usare questo stesso linguaggio gli consentirà di entrare in tempi rapidi in sintonia e quindi a stabilire una relazione di fiducia Del Castello e Loriedo, 1995).2.Focalizzarsi sul sintomo. Al contrario di altri approcci, in quello ericksoniano il sintomo viene considerato come la modalità privilegiata di comunicazione adottata dal paziente. Essa va rispettata in quanto rappresenta la soluzione migliore possibile che la persona inconsciamente ha trovato per i suoi problemi. Questo atteggiamento di depatologizzazione del sintomo costituisce il vero fondamento di quelle tecniche che sono state definite paradossali perché incoraggiano il comportamento sintomatico. Queste tecniche, quindi, più che una strategia di potere per far cessare il sintomo (come le scuole strategiche spesso ritengono), rappresentano un modo diretto ed efficace di condividere e accettare, a un livello molto profondo, l’esperienza del paziente. Questa accettazione favorisce l’esplorazione di soluzioni alternative a quella sintomatica.3.L’ipnosi. Erickson ha fondato interamente il suo metodo terapeutico sulla tuttora ineguagliata conoscenza che aveva acquisito sui fenomeni e sulle tecniche ipnotiche. Contrariamente ad altri capiscuola (Freud compreso) che nel XX secolo avevano tratto ispirazione dall’ipnosi ma avevano poi sviluppato metodi che ne facevano a meno, Erickson ha utilizzato al massimo le potenzialità insite nella fenomenologia ipnotica (Del Castello e al., 1987; Del Castello e Casilli, 2007). Tutto il suo modo di procedere in terapia, anche quando non induceva l’ipnosi, era basato su tecniche ipnotiche. Il terapeuta ericksoniano utilizza quindi l’ipnosi con scopi diversi. Innanzitutto, per indurre stati alterati di coscienza, deve imparare ad utilizzare il linguaggio del paziente (vedi punto1) e stabilire rapidamente una relazione di fiducia, che, come dimostra la ricerca scientifica, resta il principale fattore terapeutico di ogni psicoterapia (Gulotta e Del Castello, 1998). Come è facile intuire, nell’ipnosi il paziente impara ad affidarsi a una persona che gli ha dimostrato di meritare la sua fiducia. Un secondo vantaggio dell’ipnosi è che l’esperienza di trance aiuta la persona ad entrare in contatto con le proprie risorse inconsce. Questo è un aspetto molto importante perché per il terapeuta ericksoniano l’inconscio non è principalmente il luogo del rimosso, dei traumi e delle pulsioni inaccettabili. L’inconscio rappresenta invece un’inimmaginabile riserva di apprendimenti cognitivi ed emotivi utilizzabili a fini terapeutici.4.Agire prima di capire. Con questa frase si vuole indicare la secondaria considerazione che viene data nella psicoterapia ericksoniana alla comprensione dei motivi che hanno prodotto i sintomi. La comprensione, quando c’è, non deve necessariamente essere conscia (sembra una contraddizione ma non lo è) e rappresenta più facilmente la conseguenza di un cambiamento piuttosto che la causa. La terapia deve essere diretta quindi ad aiutare il paziente a fare nuove esperienze che possano modificare la limitata visione del mondo che caratterizza la sua situazione problematica. Anche la stessa ipnosi, che nell’immaginario collettivo viene vista come la via privilegiata per accedere alle parti nascoste della mente, trova una particolare utilità nel favorire le nuove esperienze che saranno alla base del cambiamento. Per fare un esempio molto semplice, se una persona ha paura dell’ascensore, né la terapia né l’ipnosi saranno indirizzate necessariamente a scoprire traumi remoti e dimenticati. Le tecniche saranno invece innanzitutto rivolte a costruire le condizioni di una esperienza concreta e piacevole di uso dell’ascensore che possa correggere le convinzioni precedenti che generavano la fobia.5.Il terapeuta è responsabile di quanto accade in terapia. Il terapeuta ericksoniano si abitua a pensare che deve continuamente avere l’iniziativa nella terapia e che se la questa va a rilento ne è responsabile. L’idea di resistenza, che tanto successo ha in altre psicoterapie, non trova spazio nel modello ericksoniano: se il cambiamento non avviene è perché non si è entrati in sintonia e quindi è il terapeuta che deve cambiare (Del Castello e La Manna, 1991).Erickson era uno Psicologo e Psichiatra che prima di dedicarsi all’attività privata aveva lavorato per molti anni in vari ospedali psichiatrici: i suoi metodi quindi sono stati sviluppati per vari tipi di patologie e vari livelli di gravità . Inoltre proprio per i principi su cui è basata questa psicoterapia (imparare il linguaggio del paziente, agire prima di comprendere) risente meno delle limitazioni che altri modelli hanno riguardo alla selezione dei pazienti (intelligenza, cultura, capacità di introspezione, ecc.). In ogni caso, è possibile trovare significative esemplificazioni dell’applicazione del modello ericksoniano sia nella terapia con i disturbi fobici e d’ansia (Aquilar e Del Castello, 1998), che nei disturbi del comportamento alimentare (Casilli e Del Castello, 2005; Aquilar, Del Castello, Esposito, 2005).Per quanto riguarda i tempi della terapia bisogna dire Erickson ha infranto tutte le regole al riguardo. Poteva vedere un paziente solo per una seduta di molte ore o anche fare più sedute al giorno. Questo sempre per essere più aderente possibile ai bisogni del paziente e sempre nello spirito di far sì che la terapia avesse fine al più presto possibile e con successo. Erickson ha anche sperimentato la programmazione della fine della terapia, che in alcuni casi ha un effetto di motivazione al cambiamento molto potente. Alcune scuole di psicoterapia di derivazione ericksoniana hanno generalizzato questa tecnica fissando un numero di sedute (spesso 10), ma qualsiasi rigidità nel modello ericksoniano è fuori luogo.Anche i costi per Erickson erano un elemento di sperimentazione a servizio dell’efficacia della terapia, ma in Italia poiché gli psicoterapeuti sono professionisti che devono tener conto delle regole degli Ordini Professionali a cui appartengono (Medici e Psicologi) è possibile una minore elasticità .RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIAquilar F., Del Castello E. (1998a) (a cura di), Psicoterapia delle fobie e del panico. Milano: Franco Angeli.Aquilar F., Del Castello E., Esposito R. (2005) (a cura di), Psicoterapia dell’anoressia e della bulimia. Milano: Franco Angeli.Casilli, C., Del Castello E. (2005) L’ipnosi nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare. In F. Aquilar, E. Del Castello e R. Esposito, Psicoterapia dell’anoressia e della bulimia. Milano: Franco Angeli, 140-153Del Castello E., Casilli C. (2007), L’induzione ipnotica. Manuale pratico. Milano: Franco AngeliDel Castello E., La Manna M. (1991), Well Begun Is Half Done: Techniques of Evaluation and Modification of Clients’ Attitudes, Motivations, and Expections About Therapy. Ericksonian Monographs, N.8, 1-9. New York: Brunner/Mazel.Del Castello E., La Manna M., Loriedo C. (1987) (a cura di), Seminari di ipnosi. L’insegnamento ericksoniano di Jeffrey K. Zeig. Napoli: L’Antologia.Del Castello E., Loriedo C. (1995) (a cura di), Tecniche dirette ed indirette in ipnosi e psicoterapia. Milano: Franco Angeli.Erickson, M.H. (1982) Opere vol.I° AstrolabioErickson, M.H. (1983a) Opere vol II°. AstrolabioErickson, M.H. (1983b) Opere Vol III AstrolabioErickson, M.H. (1984) Opere Vol. IV AstrolabioGulotta, G.; Del Castello, E. (1998) Psicologia della psicoterapia. Torino: Boringhieri
Emanuele Del Castello
Psicologo, Psicoterapeuta, Specialista in Psicologia Clinico, membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Ipnosi, Docente della Scuola Italiana di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana e della Scuola di Psicoterapia Cognitva, Direttore dell’