Il dolore è una “epidemia”che ostacola la piena espressione di vita a milioni di persone, sia dei paesi europei e, ancor più, nei paesi della fascia del mediterraneo a bassa competenza sanitaria. La stessa organizzazione mondiale della sanità segnala che il dolore è una della principali cause di consultazione medica e rappresenta un grave problema di sanità pubblica (1-3).
Sconfiggere il dolor significa dunque permettere il recupero di disabilità indotta nelle persone ammalate, garantendo loro la possibilità di un reinserimento in una vita sociale di relazione e lavorativa normale prevedendo,così, l’istaurarsi di disabilità croniche dolorose.
La maggior sensibilità maturata in termini di qualità di vita, specie grazie ai movimenti cresciuti in questi ultimi decenni, ha amplificato l’evidenza del dramma della sofferenza inutile e il grave limite dei modelli di cura attuati nei sistemi sanitari sia per le scarse attenzioni istituzionali sia per una mancanza di conoscenze sulle patologie dolorose e sulle cure(4).
Esistono quindi potenzialità vastissime di sviluppo di conoscenze che necessitano di una forte implementazione economica per sostenere investimenti di ricerca specie per nuove strategie terapeutiche.
Non sono oggi disponibili indagini epidemiologiche esaurienti a livello paneuropeo, in grado di definire la portata del problema DOLORE. Un certo numero di ricerche più limitate e tuttavia sufficienti per dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che in Europa il dolore è uno dei principali problemi sanitari.
Tutte le rilevazioni epidemiologiche internazionali evidenziano infatti quanto le patologie caratterizzate da dolore specie cronico incidano sulla qualità di vita delle persone e sui costi dei sistemi sanitari.
Studi di popolazione in Europa e in alcune regioni italiane e dati di benchmarking forniti da società scientifiche nazionali segnalano, come il problema del dolore, ancorché sottovalutato e sottotrattato, abbia proporzioni enormi e crescenti con un impatto devastante sulla vita quotidiana dei malati e delle loro famiglie. Il dolore cronico e il dolore Oncologico colpisce circa il 30% della popolazione occidentale e talora non trova soluzione neppure nelle sedi specialistiche di eccellenza generando uno stato di grave sofferenza e disabilità .
La “Malattia dolore” causa all’economia nazionale/europea una perdita di oltre 3/5 milioni di ore lavorative e per prestazioni e farmaci costi stimati in circa 2.000 milioni di euro.
E proprio la vastità epidemiologica della malattia dolore e la domanda di “non sentire dolore” che la cittadinanza ha espresso in moltissime manifestazioni (in Italia la giornata del Sollievo) che hanno indotto diversi sistemi sanitari europei a proclamare programmi per la cura del dolore.
Le prime linee di indirizzo della società internazionale di studio del dolore (IASP) risalgono al 1985, come pure gli atti della Joid Commission USA e quella della Exspert Committee dell’OMS del 1982. In Italia il 29/06/2001 veniva pubblicato sulla G.U. della repubblica italiana la “normativa sull’Ospedale Senza Dolore”. Sono seguiti poi documenti ministeriali che hanno riformulato i principi di indirizzo di politica sanitaria per la cura del dolore quali le linee generali del piano sanitario nazionale 2006-2008 e del piano oncologico 2006.2008 ove si ritiene indispensabile per una coerente politica sanitaria dare spazio alla rimodulazione delle attività di terapia del dolore per ottimizzarne la fruibilità e garantire l’appropriatezza dei processi adottati.
Nonostante questa nuova attenzione dimostrata dalla istituzione deputate al governo della salute pubblica, la cura del dolore è ancora scarsamente applicata sia in Italia sia nei differenti paesi dell’unione.
Tale assunto è legato alle considerazioni generali di criticità dovute a differenti condizioni tra cui il fatto che:
1) il progetto internazionale/nazionale di “Ospedale senza dolore”, non è decollato concretamente come si auspicava
2) persiste una mancanza di disciplina specialistica che delinei le linee professionali e ne omogeneizzi i comportamenti.
3) Manca uno sviluppo strutturale e organizzativo, delle strutture esistenti che nate (in Europa e in Italia) a fine anni 80-90, sono rimaste immodificate nei decenni successivi e sono divenute incapaci di rispondere ai bisogni di salute della cittadinanza con dolore.
4) Manca completamente una visione strategica di un investimenti in ricerca e sviluppo che è la base per la crescita scientifica e professionale in ogni disciplina biologica- medica.
5) Migliorare e implementare le prassi operative alla luce della modificata realtà sanitaria di questo paese
6) Promuovere un approccio globale e multidisciplinare-interprofessionale al dolore che sottolinei la necessità indispensabile di una collaborazione tra operatori dell’ospedale e del territorio della sua gestione.
7) Istituire una rete di strutture e funzioni capaci di garantire una continuità di cure per i cittadini sofferenti di dolore di natura sia acuta che cronica e fornire le azioni necessarie per la loro sicurezza sociale e tutela della salute.
Criticità di conoscenze formative
I sistemi sanitari che operano in questo settore ed anche gli ambiti laboratoristici di ricerca, sono fermi alle acquisizioni scientifiche e tecnologiche-farmaceutiche ideate e introdotte degli anni ’70-’80; la ricerca di innovazione tecnologica è cogente in tutti i paesi, che attualmente in misura diversa si trovano impreparati ad affrontare questa sfida sanitaria e ne stanno progettando il superamento.
L’inserimento nei piani sanitari, di molti paesi europei della “cura del dolore” (www.ans-douleur.ch), ha inevitabilmente evidenziato i limiti formativi e di conoscenza, sia per quanto attiene la diagnosi e cura sia per i processi di formazione del personale sanitario, chiamato al trattamento del dolore, facendo emergere quale problema urgente la necessità di creare “aree di sviluppo” dedicate solo allo studio del dolore per poter costruire lo sviluppo sia in termini di innovazione tecnologica che di strumenti di diagnosi e cura sia di modelli formativi da divulgare a tutti gli operatori agenti delle strutture istituzionali socio-sanitarie.
Esiste una condizione comune, sia in Europa che nelle differenti regioni italiane, cioè l’assenza di una disciplina universitaria specialistica sia nello specifico settore di ricerca sia nell’ambito specifico sanitario.
Questo determina una difficilissima capacità di coordinamento delle azioni di sviluppo delle ricerche e della loro corrispondenza ai bisogni sanitari dei paesi e anche una assenza di competenze professionali specialistiche che lasciano i sistemi sanitari in balia della autoreferenzialità degli operatori con una scarsa efficienza di sistema operativo sanitario e molte difficoltà di riordino.
Questo grave limite di conoscenze e organizzazione contrasta con la crescente domanda di tutte le popolazioni europee ed extra europee volta a curare la propria sofferenze e disabilità dolorosa.
Tale assenza di competenze da dedicare alla cura del dolore limita qualsiasi progetto sanitario di sviluppo della cura del dolore stesso e obbliga i cittadini-utenti a migrazioni sanitarie continue nella speranza di soddisfare i propri bisogni specie per quelle persone che vivono nelle fasce di territorio maggiormente disagiate o per condizioni oggettive o percepite come a rischio, nonostante le grandi potenzialità operative del proprio bacino sanitario.
Prospettive future
Il dolore cronico da cancro, poi, secondario a patologie neuro-metaboliche è un ambito che richiede ancora imponenti sforzi sia di ricerca e di interventi operativi per permettere lo sviluppo scientifico e assistenziale e rispondere alla domanda di qualità totale dei sistemi sanitari.
Le aziende farmaceutiche hanno percepito che il settore della cura del dolore è, e sarà nei prossimi anni il settore che potrà promettere il maggior indice di sviluppo e stanno preparando cospicui investimenti per la creazione di nuovi farmaci o strumentazioni, ma contrariamente a quanto avviene in altri ambienti di ricerca e studi, nel dolore le competenze acquisite sia dai professionisti che dai ricercatori sono ancor oggi non omogenee nelle differenti realtà internazionali.
Non si sono creati dei gap né di conoscenze né di strumentazioni laboratoristiche che eludono dalla competizione le nazioni a minor impatto scientifico-biotecnologico.
Tutti i paesi su questo terreno partono da una eguale condizione di competenza e di opportunità per ideare una forte concentrazione di conoscenze e strumentazioni capaci di generare lo sviluppo di ideazione e progettazione di biotecnologie per la diagnosi e cure del dolo(5).
Tale condizione è destinata a modificare nei prossimi 5 anni, giacché forze legate a fondazioni no-profit e profit, tra cui ditte farmaceutiche e gli stessi ambienti istituzionali di ricerca sia negli USA sia in Inghilterra stanno iniziando a progettare programmi dedicati allo studio del dolore per ricavarne nuove molecole per la cura e nuovi strumenti di diagnosi complessa.
Siamo tutti sul filo di partenza, per cui si rende necessario uno sforzo per accelerare la propria identità e identificarsi tra i detentori di uno spazio autonomo per il territorio di competenza.
Bibliografia
1) Melzack R:”The tragedy of needless pain: a call for social action”.Proceedings of the Vth World Congress on Pain, Elsevier Science Publisher BV,1998.pp.1-11
2) Loeser JD: “President’s address to the 8th World Congress on Pain”.
Proceding of the 8th World Congress on Pain (ed. Jensen TS,Turner JA, Wiensenfeld_Hallin Z) IASP Press, Seattle 1997, pp.3-11
3) Helme RD, Gibson SJ: Paijn in the elderly, Proceedings of the 8t World Congress on Pain (ed. Jensen TS,Turner JA, Wiensenfeld_Hallin Z) IASP Press, Seattle 1997pp.919-944
4) Sweet P, Hanna M , Helliot K: The prevalence of pain in Hospitalized medical patients.Abstract Book of 9th World Congress of pain, IASP Press,Seattle,1999 pp.101-102
5) Besner G, Rapin CH:The hospital. Creating pain-free environment: a program to improve pain control in hospitalized patients, Journal of Palliative Care 1993, 9:51-52.
Francesco Amato
Rianimazione e Terapia del dolore