E’ uno dei disturbi più diffusi e fastidiosi degli occhi. In termini tecnici è conosciuto come ipolacrimia, ma è più comunemente noto come “sindrome dell’occhio secco”, una patologia caratterizzata da modificazioni della superficie oculare.
Le ghiandole, per un’atrofia parziale o totale, o a causa di alterazioni ormonali, non producono più a sufficienza liquido lacrimale e l’occhio diventa più o meno secco. Una ricercatrice italoamericana, Mina Massaro – del Department of Ophthalmology della University of Pennsylvania School of Medicine – ha dimostrato in passato come l’inibitore dell’attivatore del Plasminogeno Tipo 2, tecnicamente conosciuto come PAI-2, presente nella congiuntiva umana – una membrana mucosa, con la funzione di proteggere il bulbo oculare – abbia un ruolo fondamentale nella diagnosi e nella cura di questo disturbo.
«E’ importante capire e saper curare la patologia dell’occhio secco – ha esordito Mina Massaro – in quanto spesso può provocare malattie importanti. Abbastanza frequente e conosciuta è l’associazione tra occhio secco e malattie autoimmuni. Parliamo della sindrome di Sjà¶grens che si manifesta con artrite, secchezza della bocca, del naso e dell’occhio. Noi stiamo studiando il perché questa patologia può essere diffusa su tutto il corpo e continuiamo nella ricerca farmacologica».
Da qui l’individuazione del “siero dell’occhio secco”, un preparato sotto forma di gocce che elaborato all’interno del laboratorio del Department of Ophthalmology dello Sheie Eye Institute e in altri pochi ospedali.
«Preleviamo una piccola quantità di sangue dal paziente, prendiamo solo la parte rossa, ricca di vitamine, ne risulta un preparato che può essere somministrato come un normale collirio per guarire la patologia».
I sintomi più comuni dovuti all’ipolacrimia sono bruciore, sensazione di corpo estraneo nell’occhio, come se si avvertisse un granello di sabbia all’interno dello stesso, fotofobia, difficoltà nell’apertura della palpebra al risveglio e, nei casi più gravi, dolore e annebbiamento della vista. Disturbi che aumentano in ambienti secchi, ventosi o dove sono in funzione impianti di riscaldamento o di condizionamento.
Talvolta, i pazienti affetti da occhio secco lacrimano abbondantemente: ma il liquido lacrimale è molto acquoso ed evapora velocemente, lasciando la cornea esposta all’azione di agenti esterni.
«Tra le cause più comuni dell’occhio secco – ha spiegato l’esperta – c’è la parafisiologica riduzione della secrezione lacrimale conseguente all’invecchiamento. Si è osservato che nell’adulto sopra i 60 anni è molto comune lo sviluppo di un deficit dello strato lacrimale acquoso. Infatti la secrezione di lacrime diminuisce fisiologicamente con l’avanzare dell’età , ma nonostante ciò non si verificano problemi particolari».
Inoltre, è stata osservata una più alta incidenza di quadri di secchezza oculare nelle donne che raggiungono l’età in cui entrano nel periodo menopausale, probabilmente a causa di una modificazione delle condizioni ormonali caratteristiche di questo periodo della vita di una donna. àˆ interessante il fatto che una terapia ormonale sostitutiva, può essere di giovamento per la situazione oculare.
In accordo a quanto sostenuto dalla professoressa Massaro, in tutti i casi, bisogna distinguere due forme di malattia: una provocata dalla ridotta produzione di fluido lacrimale, l’altra da una eccessiva perdita della componente acquosa delle lacrime, legata ad un’aumentata evaporazione dell’acqua dalla superficie dell’occhio. A volte le due forme possono coesistere.
«La sindrome dell’occhio secco – ha sottolineato il medico – può provocare sia disturbi del film lacrimale, sia patologie della superficie oculare. Un caso evidente è quello delle blefariti (infiammazioni palpebrali) in cui l’infiammazione delle palpebre crea alterazioni nella produzione del secreto delle ghiandole contenute in esse, con conseguente modificazione del film lacrimale».
Nonostante esistano numerosi presidi terapeutici topici a disposizione – in Italia per esempio esistono in commercio circa 120 sostituti lacrimali – i risultati a lungo termine della terapia delle affezioni del film lacrimale sono spesso sconfortanti.
«La cura è molto variabile a seconda della forma di occhio secco che deve essere bene individuata con esami diagnostici appropriati.
Quando si sceglie un collirio è necessario prestare attenzione al fatto che nel collirio stesso possa essere contenuta qualche sostanza che addirittura può fare peggiorare una situazione già difficile in partenza. Fra tutti i componenti vogliamo ricordare il gruppo dei conservanti: essi infatti possono peggiorare lo stato di salute della superficie oculare».
Dato che l’epitelio corneale è già sofferente, nei pazienti affetti da sindrome dell’occhio secco i colliri monodose che hanno la caratteristica di non avere all’interno conservanti sono i più adatti. Accanto a questi tipi di prodotti senza conservanti, un’altra soluzione può essere l’inserimento di puntini lacrimali all’interno dell’angolo dell’occhio che servono normalmente come vie di scarico per le lacrime in eccesso.
«E’ una tecnica mini-invasiva senza anestesia con cui si applicano al paziente piccoli tappi di silicone: un metodo che ha dato risultati tangibili».
Inoltre, è stato dimostrato che l’assunzione per via orale di preparati contenenti amminoacidi o acidi grassi è in grado di migliorare la sintomatologia e lo stato infiammatorio dell’occhio con sindrome da occhio secco e di quelli con occhio secco post-chirurgia refrattiva con laser ad eccimeri.
Marina Carminati
Medicina & Benessere