I farmaci biologici sono una categoria di molecole prodotte utilizzando la tecnologia del DNA ricombinante, per bloccare dei bersagli terapeutici di tipo citochinico o cellulare, tipicamente iperespressi o a monte della cascata infiammatoria nei pazienti affetti da malattie autoimmuni.
I farmaci attualmente disponibili possono bloccare diversi pathway molecolari, dal ben noto TNF -alfa alle interleuchine 1, 6, 12/23, 17 o 23, oltre che agire su recettori cellulari Iinfocitari (CD20 o CTLA-4). Di più recente introduzione sono I farmaci a target Intracellulare, o “small molecules”, che limitano l’attività dell’enzima Jak-kinasi, coinvolto anch’esso nella traduzione del segnale inflammatorio.
Tutti questi meccanismi d’azione limitano I’ attività del sistema immunitario, con lo scopo di alleviare la sintomatologia dei pazienti, oltre che limitare i danni d’organo (cute, articolazioni, intestino, occhio, polmone, etc) specifici della malattia per la quale vengono utilizzati. Tale attività terapeutica espone il paziente ad un rischio infettivologico ben noto di riattivazione di infezioni latenti, oppure di infezioni opportunistiche o di infezioni ex novo.
Per tale motivo, le indagini preliminari all’utilizzo di una terapia biotecnologica dovrebbero includere un esteso screening per infezione tubercolare, virus epatitici maggiori, virus da H. Varicella-Zoster, condizioni predisponenti infezioni opportunistiche quali HIV e le sottopopolazioni linfocitarie. Nella fase di screening, l’infettivologo ha il compito di stratificare i pazienti a rischio di riattivazione e di consigliare terapie di profilassi o azioni terapeutiche per infezioni di nuovo riscontro, laddove indicate. Inoltre, anche la valutazione anamnestica e clinica consentono di ottenere informazioni sulle pregresse terapie immunosoppressive praticate o sulle ulteriori condizioni cliniche predisponenti infezioni (diabete, BPCO, infezioni in atto, etc).
In corso di terapia immunosoppressiva, invece, l’infettivologo ha il compito di sorvegliare l’insorgenza di infezioni (Pneumocistosi in corso di terapia con Anti CD20, infezioni ulcere diabetiche, etc) o la riattivazione di infezioni latenti (Es. HBV), consigliando il corretto “timing” della ripetizione degli esami di screening e la prosecuzione di terapie di profilassi (antivirali in pazienti con infezioni da HBV occulte), laddove indicate.
La corretta gestione e l’appropriatezza delle terapie infettivologiche richiedono una stretta collaborazione tra Io specialista che ha in carico il paziente in corso di terapia immunosoppressiva e lo specialista in malattie infettive, per poter individuare precocemente i pazienti più fragili e/o con rischio infettivologico aumentato.
Dott. Vincenzo Sangiovanni
Direttore U.O.C. Infezioni Sistemiche e dell’Immunodepresso
III DIVISIONE P.O. “D. Cotugno” A.O.R.N. dei Colli – Napoli