A prescindere dalla piega che prenderanno le dovute indagini in corso e dalle responsabilità delle persone coinvolte, per medici e servizio sanitario sembra davvero un periodo nero. Scandali e malasanità fanno ormai presenza fissa e con una copertura mediatica degna di un attentato terroristico devastante. Non è tanto la notizia che fa “cassa” è piuttosto la sua amplificazione che genera un messaggio massimalistico: Sanità = Colpa. Per l’Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani (ACOI) la prima richiesta è che sia fatta piena luce su tutti gli episodi e, in particolare, per quei pochi che riguardano il Chirurgo Generale. Bene è ricordare che potrebbe trattaresi di errori da condannare, ma solo quando si confermeranno come tali e che non rappresentano nemmeno lontanamente la realtà quotidiana del servizio sanitario e dei chirurghi che ci lavorano. Sembra essere un gioco al massacro nel quale tutti abbiamo da perdere: cittadini e medici.
Proviamo a guardare il rovescio della medaglia! Un recente sondaggio tra i chirurghi fornisce numeri degni di essere analizzati e meditati: il 69,8% afferma di aver proposto il ricovero di un paziente in ospedale nonostante fosse gestibile ambulatorialmente; il 61,3% dichiara di aver prescritto un numero maggiore di esami diagnostici rispetto a quello necessario; il 58,6% dichiara di essere ricorso alla consultazione non necessaria di altri specialisti; il 51,5% afferma di aver prescritto talvolta farmaci non indispensabili; il 26,2% dichiara di avere escluso pazienti “a rischio” da alcuni trattamenti, oltre le normali regole di prudenza. Ciò basterebbe per testimoniare una anomala attenzione all’aspetto “legale” del trattamento (“farò di tutto in modo che non si possa dire che ho tralasciato qualcosa…”), ma le motivazioni principali dichiarate chiariscono quale sia il non tanto recondito motivo: l’80,4% per timore di un contenzioso medico-legale e il 65,7% per l’influenza di precedenti esperienze di contenziosi a carico dei propri colleghi. Questa è quella che viene definita “medicina difensiva”, grave realtà che mostra riflessi potenzialmente devastanti sia per la salute del cittadino che per l’equilibrio psichico del terapeuta, sia per la macroeconomia del Sistema Sanitario. Questa motivata paura di coinvolgimento in citazioni giuridiche è la causa prima del ricorso con frequenza eccessiva al supporto diagnostico legato alle tecnologie più avanzate (89,9% – Ordine dei Medici — Roma) con l’evidente proliferare di prestazioni in regime di ricovero ospedaliero, con “l’effetto collaterale” di incidere pesantemente non solo nei costi relativi, ma, direi soprattutto, nella vita quotidiana del cittadino costretto, talvolta inutilmente, a sottoporsi ad esami diagnostici in soprannumero intasando di fatto le liste d’attesa.
Oggi viviamo una dicotomia profonda tra l’apprezzamento motivato dell’O.M.S., che inserisce per efficienza il nostro SSN al secondo posto in una graduatoria mondiale, e la qualità percepita dai cittadini che si dichiarano soddisfatti solo in piccola percentuale. La conseguenza inevitabile è l’incremento, direi con progressione lineare, dei casi di contenzioso medico-legale (passati da poco più di 17.000 a circa 28.500 – dati A.N.I.A. 2007). L’aumento delle controversie legali medico-paziente e dei costi assicurativi si inserisce in un quadro di tendenza più ampio, comune anche ad altre professioni ad alto rischio.
Emerge una “coscienza del rischio” che porta la società a pretendere sempre maggiori livelli di sicurezza per un numero sempre maggiore di fonti e di tipi di rischio. L’approccio “accusatorio”, orientato alla ricerca del colpevole più che delle criticità che hanno favorito l’errore, è da ritenersi tra i principali responsabili della diffusione degli atteggiamenti difensivi nei medici. La ricerca del colpevole non favorisce il reporting degli errori, impedendo la possibilità di apprendere dai fallimenti (“imparare dall’errore”) e favorendo la diffusione di comportamenti difensivi. Prerequisito per un’equa e giusta cultura della sicurezza è che tutti i membri di un’organizzazione comprendano dove sia tracciata la linea tra i comportamenti inaccettabili che meritano sanzioni ed il resto dei comportamenti, per i quali una punizione non appropriata non aiuta a promuovere la sicurezza (Reason -1998).
La percezione di una prassi giurisprudenziale particolarmente rigorosa, sul terreno della responsabilità penale e civile, può indurre i medici a modificare le proprie condotte professionali: la tutela della salute del paziente può così diventare per il sanitario, un obiettivo subordinato alla minimizzazione del rischio legale. E’ indispensabile, dunque, un intervento di riforma legislativa, che punti a scongiurare i comportamenti di “Medicina Difensiva”, nella ricerca di un equo bilanciamento tra l’esigenza di salvaguardare gli operatori sanitari da iniziative giudiziarie, spesso arbitrarie e ingiuste, e la tutela dei diritti dei pazienti dimostratamente danneggiati. Occorre però anche privilegiare le esigenze della prevenzione (sistemi organizzativi complessi di gestione del rischio clinico) rispetto alla ricerca del colpevole, fermo restando il soddisfacimento del diritto dei danneggiati al risarcimento dei danni. così come in altri settori caratterizzati da attività ad elevato contenuto rischioso (controllo del traffico aereo, aeronautica militare e civile, ecc.).
In modo proattivo A.C.O.I. insieme a MIP (Politecnico di Milano) ha iniziato un percorso virtuoso sostenuto dalle Istituzioni Sanitarie Nazionali (AGENAS), denominato “Progetto Qualità e Sicurezza nel blocco operatorio” con l’obiettivo di promuovere nelle strutture sanitarie ospedaliere una cultura manageriale orientata al miglioramento della qualità del servizio e della soddisfazione dell’utente, fornendo formazione mirata, basata su un’approfondita conoscenza dell’organizzazione, dei processi e delle logiche di valutazione degli investimenti delle aziende sanitarie, sia pubbliche che private. Crediamo che questo sia il percorso corretto per riconquistare la fiducia del cittadino. Cittadino verso il quale ACOI , per il tramite della “Fondazione Chirurgo e Cittadino”, è tesa a rafforzare quel rapporto solidale e fiduciario che è alla base di qualsiasi percorso diagnostico-terapeutico. La Giornata nazionale dell’Ascolto pianificata per i primi mesi del 2011 su tutto il territorio nazionale e nelle Unità operative di Chirurgia avrà come obiettivo prioritario quello di poter “ascoltare” le domande di salute del cittadino per poi poter attuare i necessari e attuabili correttivi affinchè la percezione di qualità erogata sia finalmente adeguata alla realtà .
http://www.acoi.it/
Dr. Rodolfo Vincenti
Presidente della Associazione dei Chirurghi Ospedalieri (A.C.O.I.)