Hanno partecipato all’incontro che si è tenuto il 10 dicembre 2013 a Genova: Basso Ruggiero, Brogna Francesco,Calvo Giacomo,Carro Stefano, D’angelo Federica,Del Sindaco Paola, Di Loreto Chiara, Ghisoni Guglielmo, Giovagnetti Marilena, Gottero Cristina, Marino Cecilia, Pascuzzo Maria Divina, Ponzani Paola, Raffa Maurizio, Sidoti Marilena, Rebora Alberto.
In apertura dei lavori il coordinatore, dott. Guglielmo Ghisoni, ha ricordato che ci sono ancora bisogni clinici insoddisfatti nella terapia insulinica; infatti, per quanto le nuove insuline abbiano portato a sensibili miglioramenti, soprattutto in termini di minor incidenza di ipoglicemie e di una più lunga durata d’azione, non si è ancora ottenuta una copertura completa.
Gli analoghi dell’insulina (basali/rapidi) sono attualmente utilizzati in diverse classi di pazienti: DMT1 BB, DMT2 BOT, DMT2 basal only, DMT2 BB. Vi sono dati limitati sull’incidenza/prevalenza di ipoglicemie totali, notturne e severe in un “real-life setting“ in queste categorie di pazienti e ancora più limitati circa la percentuale di pazienti trattati nei quali una singola somministrazione di analogo basale non permette di raggiungere il target in termini di FPG (fasting plasma glucose) e PDPG (pre-dinner plasma glucose): 70-130 mg/dl.
E’ quindi molto importante acquisire conoscenze sulla reale incidenza/prevalenza delle ipoglicemie nei pazienti trattati con gli analoghi basali dell’insulina nella pratica clinica e identificare le caratteristiche dei pazienti a rischio, valutando, fra l’altro, se c’è differenza tra tipo 1 e tipo 2 da questo punto di vista.
Gli standard italiani per la cura del diabete mellito affermano che è l’ipoglicemia (glicemia < 70 mg/dl) il principale fattore limitante nella terapia del diabete di tipo 1 e di tipo 2, specialmente nei pazienti trattati con insulina.
Definizione di ipoglicemia
Sarebbe pertanto interessante conoscere, in un contesto di pratica clinica reale, l’incidenza di ipoglicemie totali, notturne e severe nei soggetti in trattamento con analoghi basali dell’insulina e valutare la percentuale di pazienti non a target nel digiuno e nel pre-dinner con una singola somministrazione di queste molecole. Più in generale, sarebbe utile capire in quale percentuale i soggetti trattati con queste molecole necessiterebbero di un’insulina con una maggiore durata d’azione, con un miglior profilo in termini di incidenza di ipoglicemie e maggiormente flessibile.
L’incontro ha quindi gli obiettivi di: • condividere le esperienze cliniche nell’utilizzo degli analoghi basali dell’insulina, in termini di raggiungimento dei target e di ipoglicemie • discutere le modalità di utilizzo degli analoghi basali nel tipo 1 e 2, fenotipi clinici, raggiungimento dei target • valutare i “bisogni insoddisfatti” della terapia con analoghi basali dell’insulina – durata d’azione, variabilità, ipoglicemie – e le nuove prospettive terapeutiche.
Sui bisogni insoddisfatti della terapia con analoghi basali dell’insulina interviene la dott.ssa Paola Ponzani segnalando che un’importante limitazione delle terapie con analoghi basali dell’insulina attualmente disponibili è che devono essere somministrati tutti i giorni alla stessa ora. Inoltre la variabilità inter- e intra-pazienti può rendere la gestione ancora più complessa sia per i pazienti che per i medici, soprattutto per quanto riguarda il dosaggio, la titolazione e la routine quotidiana.
Inoltre, le insuline attualmente disponibili non forniscono una piena copertura nelle 24 ore, in base a numerosi studi di farmacocinetica e farmacodinamica.
Gli analoghi dell’insulina detemir e glargine consentono di ottenere un profilo insulinico abbastanza “piatto” e una durata d’azione di 24 ore, con un profilo di efficacia e sicurezza analogo, nonostante abbiano strutture molecolari e meccanismi di prolungamento dell’azione differenti. Tuttavia, glargine risulta avere una maggiore variabilità intra-soggetto e indurre un maggiore incremento ponderale rispetto a detemir.
Un recentissimo studio di confronto di Koehler et al. (Diabetes, Obesity and Metabolism 2013; in press) ha evidenziato una maggiore variabilità tra pazienti nella durata d’azione per glargine (range: 0–30 h) rispetto a IDet (range: 15–30 h) dopo clamp con dose singola. Il 33% dei pazienti trattati con IGlar non ha risposto.
Gli autori hanno concluso che entrambi gli analoghi IDet e IGlar hanno una durata d’azione vicina alle 24 allo steady-state in pazienti con diabete di tipo 1, con una minore variabilità inter-pazienti di IDet rispetto a IGlar.
La Dr.ssa Ponzani sottolinea come, accanto ai dati degli studi clinici pubblicati, sia necessario sapere cosa accade nella pratica clinica reale, in quale percentuale di pazienti gli attuali analoghi basali non garantiscono una copertura delle 24 ore e quali sono le caratteristiche di questi pazienti. Inoltre, sarebbe interessante valutare se c’è differenza tra tipo 1 e tipo 2 da questo punto di vista.
Lo studio PREDICTIVE (Niskanen et al. Diabetes Res Clin Pract 2009;86:e15–18) ha evidenziato che la variabilità dell’FPG è un importante predittore di ipoglicemi notturna nei diabetici sia di tipo 1 che di tipo 2. Dati dell’UKPDS hanno stimato l’incidenza di ipoglicemia nel diabete di tipo 2 e dimostrato che il rischio aumenta con l’intensificazione della terapia: circa il 30% dei pazienti ha avuto almeno un episodio ipoglicemico all’anno, col maggior numero di episodi registrati nei pazienti trattati con insulina e con un rischio di ipoglicemie severe aumentato nel gruppo trattato intensivamente.
E’ un fatto che con il miglioramento del controllo glicemico, è aumentato il rischio di ipoglicemie ed è anche noto che l’ipoglicemia si associa a un aumento del rischio cardiovascolare. L’ipoglicemia acuta è il secondo più potente stimolo alla secrezione di adrenalina, dopo l’Infarto Miocardico Acuto, che è in assoluto il più potente. Anche ipoglicemie modeste (50 mg/dl) aumentano l’adrenalina di 100 volte, inducendo vasocostrizione, con conseguente aumento della PA, del K+ intracellulare, di FFA (cardiotossicità diretta) e aumentato consumo di ossigeno. Anche la mortalità risulta aumentata nei diabetici che riferiscono ipoglicemie severe.
La Dr.ssa Del Sindaco ha presentato alcuni dati su degludec, una nuova insulina basale molto simile a quella umana, caratterizzata da una durata d’azione molto lunga.
Subito dopo l’iniezione sottocutanea, dalla molecola si staccano i fenoli consentendo ai diesameri di legarsi in una lunga catena multiesamerica che rappresenta il depot sottocutaneo (primo meccanismo di prolungamento dell’azione).
Col tempo, lo zinco diffonde lentamente, consentendo il distacco dei singoli monomeri, che entrano in circolo, dove si legano all’albumina (secondo meccanismo di prolungamento dell’azione).
La durata d’azione di degludec è di 42 ore, l’emivita plasmatica di 24 ore, circa il doppio di glargine; raggiunge lo steady state dopo 2-3 giorni e ha una variabilità farmacodinamica molto bassa, notevolmente inferiore a glargine:
• ha una variabilità inter-soggetti nella risposta farmacodinamica 4 volte inferiore rispetto a glargine allo steady-state • anche la variabilità giornaliera è notevolmente bassa nelle 24 ore, mentre la variabilità di glargine aumenta notevolmente 6-8 ore dopo la somministrazione, raggiungendo il massimo dopo 14-16 ore • la bassa variabilità giornaliera facilita la titolazione dell’insulina a target più bassi di glicemia a digiuno rispetto a quelli raggiungibili con glargine e contribuisce a ridurre il rischio di ipoglicemia, come si è osservato negli studi clinici con degludec.
Lo studio BEGIN nel diabete di tipo 2 ha dimostrato la non inferiorità di degludec rispetto a glargine, con una minore incidenza di ipoglicemia totali, notturne e severe e un maggior gradimento di degludec da parte del paziente. Anche lo studio BEGIN nel diabete di tipo 1 ha dato risultati analoghi.
E’ stata anche condotta una metanalisi prespecificata degli studi BEGIN e FLEX, per confrontare le incidenze di ipoglicemia in corso di trattamento con degludec rispetto a glargine, che ha confermato il minor tasso di ipoglicemie con degludec, che analizzando complessivamente i pazienti di tipo 1 e di tipo 2 ha raggiunto la significatività statistica.
Anche nel periodo di mantenimento, degludec ha mostrato vantaggi rispetto a glargine in termini di ipoglicemia totali, maggiori per il tipo 2 che per il tipo 1.
In conclusione: • L’insulina degludec ha migliorato efficacemente l’HbA1c e si è dimostrata non inferiore a IGla nel diabete sia di tipo 1 che di tipo 2 • Agli stessi livelli di emoglobina glicata, degludec ha causato meno ipoglicemie di glargine (-18% totali, -25% notturne) • L’efficacia e la sicurezza di degludec si mantengono anche con la somministrazione di due iniezioni consecutive in 8-40 ore nell’ambito di un regime di somministrazione OD
Alle presentazioni, segue una discussione collegiale tra i partecipanti sulle problematiche della terapia insulinica nella pratica clinica reale e sull’effettiva incidenza di episodi ipoglicemici.
Conclusioni Nonostante i nuovi analoghi basali dell’insulina abbiano molto migliorato la gestione del paziente diabetico insulinizzato, sussiste ancora la necessità di un’insulina che garantisca una copertura più prolungata, una minore variabilità inter- e intra-pazienti e un minor rischio di episodi ipoglicemici.
Il miglioramento del controllo glicemico ha comportato un aumento del rischio di ipoglicemie, la cui pericolosità il diabetologo deve tenere ben presente: l’ipoglicemia aumenta il rischio cardiovascolare e la mortalità nei pazienti diabetici.
La nuova insulina basale degludec ha un profilo di efficacia e sicurezza che si mantiene anche con la somministrazione di due iniezioni consecutive nell’arco di 8-40 ore, nell’ambito di un regime di somministrazione once daily e sembra causare un minor numero di episodi ipoglicemici.