L’incontro decisivo è avvenuto con un suo compaesano già da tempo in America, il noto prof. Antonio Giordano che, in occasioÂne di un congresso, gli ha offerto un posto nel suo laboratorio alla Thomas Jefferson University di Filadelfia. Correva l’anno 2000 e da allora Giuseppe Russo, biologo molecoÂlare nato e cresciuto a Napoli, gli Stati Uniti non li ha più lasciati. Antonio Giordano e’ fondatore e preÂsidente della Sbarro Health Research Organization (S.H.R.O.), uno dei maggiori centri statunitensi impegnato nel finanziare la ricerca d’eccellenza per la cura e la diagnosi di tumori, malattie cardiovascolari, diabete e altre malattie croniche, attualmente presso la Temple University. Giuseppe Russo ne è diventato uno dei più stretti collaboratori e oggi, a soli trentasette anni, è il direttore esecutivo del progetto relativo al primo laboratorio virtuale dello S.H.R.O., il Digi S Lab Project. Dunque, deve davvero tutto a quel fatidico incontro? Forse sì, anche se avevo in mente già da tempo di fare esperienza all’estero. Nel 2005, attraverso un programma di dottorato interÂnazionale dell’Università di Siena, ho avuto la possibilità di concludere il Phd in patologia in collaborazione con la Temple University di Filadelfia, dove sono tutt’ora con una posizioÂne accademica. Che cosè il Digi S Lab? E’ un vero e proprio laboratorio di ricerca, con la sola eccezione che…. non si trova in un luogo reale, ma sulla piattaforma tridimensioÂnale virtuale Second Life, una sorta di mondo parallelo “alla frontiera” di Internet (Web 2.0) E funziona? Certo, perché esso è un laboratorio vero, con tanto di ricercatori virtuali che ci rappresenÂtano e attrezzature digitali che riproducono fedelmente le apparecchiature di ricerca e l’ambiente dei laboratori reali. Il vantaggio è che questa sorta di isola digitale ci permette di abbattere qualsiasi distanza geografica, rendendo possibile un immediato scambio di idee, esperienze, e permettendo di collaboraÂre in veri e propri esperimenti biotecnologici. Peraltro, non siamo soli in questa avventura: molti lo utilizzano per fare formazione a distanza, persino la NASA lo utilizza per le proprie simulazioni. La nostra particolarità , però, è quella di voler interagire nel laboratoÂrio a 360 gradi, partecipando attivamente agli esperimenti fatti in collaborazione con colleÂghi di tutto il mondo anche con interazioni altamente innovative di esperimenti di laboratorio reali. Quante persone ci voÂgliono per dare vita a un laboratorio virtuale? Esiste un team internazioÂnale di otto persone, tra cui ricercatori (dott.ssa Letizia Cito), tecnici e una persona espressamente dedicata ai rapporti con la stampa, che si occupa di dare la massima viÂsibilità a questo progetto sia qui che all’estero (dott. Pierpaolo Basso). Attualmente su quali progetti siete impegnati? Molti, perché il nostro obiettivo è quello di permettere ai gruppi di ricerca della Sbarro Health Research Organization di essere colleÂgati a livello globale, da Filadelfia, a Siena al CROM di Mercogliano (di cui il prof. Giordano e’ il direttore scientifico) e a qualsiasi posto che si renderà necessario. Ad oggi abbiamo svolto attività sia con soggetti pubblici sia con privaÂti: dalla conferenza virtuale in collaborazione con il gruppo Roche alle recenti collaborazioni con il Dipartimento di Informatica dell’UniÂversità di Genova (prof. Francesco Masulli), tramite le quali abbiamo raggiunto anche tanti studenti dell’università . Ma il progetto che mi sta particolarmente a cuore -dato che siamo pur sempre un istituto di ricerca sui tumori— è quello sulla “psico-oncologia” (responsabile dott.ssa Debora Muresu): il web, con il suo anonimato, si sta rivelando infatti un ottimo mezzo per assistere pazienti affetti da patoÂlogie che richiedono trattamenti aggressivi come la chemioterapia, e che spesso provano meno imbarazzo di fronte a un’équipe di psicoÂterapeuti virtuali piuttosto che reali. Cosa l’ha attirata degli Stati Uniti? Questo è un Paese straordinario perché mi ha dato la possibilità di seguire le mie intuiÂzioni scientifiche e sviluppare le mie idee: per esempio il prof. Antonio Giordano ha creduto da subito nel progetto e tuttora lo finanzia inteÂramente. Conosco iniziative analoghe in Italia che però non hanno avuto lo stesso successo perché nel sistema italiano la disponibilità di fondi è più limitata e soprattutto la loro distriÂbuzione è lenta e complessa. Ecco, credo sia questa la vera differenza: la velocità di azione, che oggi come oggi può compromettere un’idea anche molto brillante, data l’elevata concorrenza internazionale. Quindi non le manca l’Italia? In realtà tengo molto alle mie radici italiane, e sarebbe impossibile dimenticarle visto che mia moglie, che mi ha seguito in quest’avventura americana, è napoletana come me! Abbiamo una figlia che mandiamo spesso in Italia dai nonni, perché desideriamo che cresca con questa magnifica eredità culturale ma per ora la nostra vita professionale è negli USA.
Intervista al prof. Giuseppe Russo
del Digi S Lab, laboratorio virtuale su SL, della rivista Novità Bio-Nano di Los Angeles, magazine dedicato alle biotecnologie USA da una prospettiva italiana