La nutrizione del paziente chirurgico è uno dei punti nodali, se non il principale nell’evoluzione del suo stesso quadro clinico.
I disordini nutrizionali, infatti, non possono far altro che aumentare ulteriormente il rischio collegato alla malattia di base ed all’intervento chirurgico.
Il paziente malnutrito può essere definito, in questi casi, “paziente critico”. La risposta del suo organismo all’ulteriore insulto dell’atto operatorio prevede un complesso di alterazioni quantitative e qualitative del metabolismo definibili come “reazione da trauma”.
Quanto detto è comprensibile se valutiamo quello che succede dopo un intervento chirurgico.
Infatti, l’immediato post-operatorio rappresenta il momento più delicato in cui si rendono manifeste le carenze nutrizionali latenti, misconosciute, o sottovalutate in precedenza.
– In una prima fase il metabolismo è orientato in senso catabolico, e, contemporaneamente, vi è una depressione generale dell’attività vitale (metabolismo, temperatura, portata cardiaca).
– In una seconda fase tali attività sono esaltate e provocano, quindi, un ulteriore incremento del catabolismo (proteolisi, glicogenolisi, lipolisi), tale da determinarsi una sorta di autocannibalismo.
Pertanto, lo stato di malnutrizione precedente l’intervento chirurgico influenza in modo determinante la risposta metabolica, in quanto:
1. diminuisce la soglia di resistenza dell’organismo, per cui traumi anche modesti possono scatenare gravi reazioni, ciò incide sia sui risultati dell’intervento chirurgico, sia sulle stesse probabilità di sopravvivenza;
2. altera le reazioni di difesa dell’organismo alle infezioni, perché si ha una compromissione importante del sistema immunitario, per cui aumenta il rischio di complicanze post-operatorie;
3. provoca una negativizzazione del bilancio azotato con rapidi ed ingravescenti decrementi proteici portando a gravi squilibri ed a notevoli ritardi di guarigione, in quanto si ha un riduzione della capacità di riparazione dei tessuti.
Ci sembra, perciò, doveroso sottolineare che la malnutrizione del paziente chirurgico va corretta in maniera puntuale sia nella fase pre- che post-operatoria.
Tuttavia non c’è accordo nel definire con precisione l’ordine di grandezza delle richieste caloriche del paziente chirurgico.
Usualmente, ammontano a circa 3500-4000 kcal al giorno, ma le frequenti complicanze, quali la febbre e le infezioni, l’iperventilazione, le convulsioni nei traumi cranici etc, secondo alcuni autori, possono far salire tali richieste in un range compreso tra 4500-8000 kcal.
La somministrazione di abbondanti quantità di alimenti proteici per via orale, che sembrerebbe il procedimento più comodo e sicuro, non sempre risponde alle particolari esigenze del paziente, che richiede la ricostruzione più rapida delle riserve proteiche tissutali fortemente ridotte.
Se a ciò si aggiunge la possibile impraticabilità della via orale (ostruzioni delle vie digestive, malassorbimenti intestinali, ulcere da stress, etc) si comprende la necessità di una efficace nutrizione artificiale per via endovenosa o nutrizione parenterale (N.P.T.).
àˆ, pertanto, necessario valutare appieno lo stato di nutrizione del paziente chirurgico, tenendo presente che il fabbisogno calorico e proteico dipende dal grado di catabolismo, il quale, a sua volta, aumenta in maniera percentuale rispetto al consumo di energia in condizioni basali (B.E.E.: Basal-Energy-Exependiture).
Il fabbisogno calorico basale si potrà calcolare mediante la formula di Harris Benedict, la quale prende in considerazione:
1. peso (p),
2. altezza, (a)
3. età (e),
4. sesso (m-f).
B.E.E.m: 66 + 13,7 x (p) + 5 x (a) – 6,8 x (e)
B.E.E.f: 65,5 + 9,6 x (p) + 1,7 x (a) — 4,7 x (e).
L’aumento percentuale può essere calcolato dalla determinazione delle perdite di N, dato che esiste una costante relazione fra tali perdite e l’incremento del fabbisogno calorico. Per calcolare il totale delle perdite giornaliere di N, in assenza di apporto proteico, è sufficiente aggiungere all’azoto ureico urinario una quota costante di 3,5 g che rappresenta la quasi totalità delle perdite attraverso feci, sudore ed azoto urinario non ureico.
In base a questi elementi possiamo distinguere vari gradi di catabolismo: normale, lieve, moderato e severo.
Per ciò che riguarda i dati biochimici, è importante notare che, tra le proteine sieriche l’albumina e la trasferrina sono quelle principalmente ridotte nel paziente malnutrito o in stress.
La creatinuria è indice del catabolismo muscolare e, quindi, le sue variazioni rispetto alla norma indicano il grado di tale fenomeno.
La risposta immunitaria compromessa si evidenzia con la conta dei linfociti e con il test di sensibilità cutanea ritardata.
Un ruolo importante gioca il controllo della glicemia. Infatti, gli studi condotti a tal proposito hanno evidenziato che in condizioni stressanti, quali un intervento chirurgico, si assiste alla soppressione della secrezione insulinica mediata dalle catecolamine circolanti, associata, a sua volta, ad un’intolleranza al glucosio, e ad alti livelli plasmatici di grassi. Successivamente si instaura un quadro di insulino-resistenza con alti livelli d’insulina ed intolleranza al glucosio.
Come regola generale l’inefficacia di una terapia nutrizionale si verifica quando viene somministrata una dieta incompleta che seppure orienta il disordine metabolico del paziente in senso anabolico manca di alcuni nutrienti essenziali.
Le preparazioni ideali, per qualunque via esse vengano somministrate dovrebbero essere costituite da tutti i componenti di una dieta bilanciata.
La omissione di alcuni nutrienti dovrebbe essere attuata soltanto quando siano stati ottenuti dei vantaggi specifici da una tale omissione, o, in presenza di controindicazioni per quel dato componente.
A questo proposito è da sottolineare come, accanto ad esigenze reali, vi sono abitudini nel prescrivere il digiuno determinate da superficialità derivanti o da una non approfondita conoscenza della concreta necessità di sospendere l’alimentazione oppure dall’idea assurda che il digiuno possa avere un effetto catartico.
M. Apperti
Seconda Università degli Studi di Napoli – DIPARTIMENTO DI SCIENZE ANESTESIOLOGICHE, CHIRURGICHE E DELL’EMERGENZA