Caro direttore,è il 24 gennaio 2008 quando terminato il Consiglio dei Ministri il presidente del Consiglio Romano Prodi si reca dal presidente della Repubblica per rassegnare le proprie dimissioni.Dopo giorni di rituali consultazioni si apre per l’Italia la strada delle elezioni e, per quanto mi riguarda, per una volta, anche quella dell’incertezza.Come uomo di scienza ho sempre condiviso la politica della sinistra italiana, da sempre sensibile ai problemi ad essa connessi e ho sostenuto, per quanto mi è stato possibile, in prima persona, le iniziative di questo Governo che ha saputo individuare i mali della nostra sanità . Tra i tanti, il merito di aver individuato la iniqua distribuzione tra il Nord e il Sud del paese delle risorse destinate alla sanità e alla ricerca scientifica, una disparità che, irriverentemente, non tiene in considerazione le vite umane che vi sono dietro. La capacità di aver compreso che la maggior parte di proventi raccolti durante le maratone televisive o nel corso delle campagne di sensibilizzazione poste in essere nelle piazze italiane rimpinguano gli enti di ricerca del Nord con il risultato che per trovare una cura, ogni anno, un milione di persone ammalate è costretto a migrare dalla Sicilia, Calabria, Basilicata verso le strutture ospedaliere del Nord per poter essere curato ed ottenere quel diritto che viene ad esso negato nella regione di appartenenza.Tutto questo rappresenta un enorme disagio dal punto di vista umano ma anche un costo elevato per la sanità pubblica e per le famiglie.Questo governo, allora, ha sicuramente il merito di aver iniziato una politica finalmente innovatrice, interpretando la necessità di aprire ai giovani e di investire nelle risorse umane. Su questi presupposti, il Governo ha alacremente lavorato, realizzando una legge illuminata con la quale il 5% del denaro destinato alla ricerca biomedica (circa 18 milioni di euro) andrà a finanziare i progetti presentati dai ricercatori di età inferiore ai 40 anni.Una legge che, insieme a molti, io ritengo capace di limitare lo strapotere dei baroni e di dare finalmente potere ai nostri giovani ricercatori.Siamo ormai in campagna elettorale e ogni schieramento scende in campo con i suoi slogan. Veltroni fa del lavoro il tema centrale del suo programma, ammettendo due emergenze sociali: la precarietà dei ragazzi e la perdita di lavoro per le persone di 45-50 anni. E candida Marianna Madia come esempio del cambiamento.Politica encomiabile, se non fosse per una contraddizione fattuale che vede, in Lombardia, la candidatura di un noto oncologo nato solo nel 1925, che ha dominato la scena della sanità italiana degli ultimi trenta anni e che non rappresenta nulla di nuovo.Di fronte a tale contraddizione in termini si rimane senza parole: resta solo l’amarezza ela delusione di constatare che siamo semplicemente al punto di partenza.
Antonio Giordano
Articolo pubblicato su AmericaOggi in data 2 Marzo 2008