Sempre più spesso l’improvviso dilagare di paure e psicosi influenza l’opinione pubblica per poi, passata l’emergenza, lasciare il posto ad un irresponsabile disinteresse. È stato questo il caso, ad esempio, dell’influenza aviaria, della SARS, del “morbo della Mucca Pazza”…. è stato questo il caso del cosiddetto ’”elettrosmog”. E – tanto per andare, come sempre, controcorrente – mi diverte contemplare il blog di un arcinoto comico assurto agli “onori della politica” che fino a qualche anno fa postava terroristici filmati sui pericoli della telefonia mobile (un uovo veniva cotto da due telefoni cellulari posti vicino) e che, oggi, pretenderebbe una copertura WiFi di tutto il territorio nazionale. E’ trascorso più di un secolo da quando l’elettricità è entrata nella vita di tutti i giorni. Da allora ha trasformato talmente la nostra esistenza che non sarebbe neppure immaginabile non solo il farne a meno, ma limitarne appena l’uso. Oltre a questo fatto, non dobbiamo dimenticare che la materia e, quindi, noi stessi, esistiamo solo grazie all’elettricità che tiene insieme gli atomi. Questo continuo flusso di onde elettromagnetiche determina nel nostro corpo certamente degli effetti.
L’onnipresente cellulare, ad esempio, irraggia energia che in parte si deposita nella testa di chi lo appoggia all’orecchio. Il meccanismo che si innesca è lo stesso del forno a microonde, con la differenza che, essendo l’energia molto inferiore, non si ha la “cottura” ma solo un riscaldamento locale dei tessuti. Solo un innocuo riscaldamento?
Per capirlo bisogna addestrarsi nella differenza tra effetti biologici ed effetti sanitari.
Convenzionalmente un effetto biologico si verifica quando l’esposizione provoca qualche variazione fisiologica notevole o rilevabile in un sistema biologico. Un effetto di danno alla salute si verifica quando l’effetto biologico è al di fuori dell’intervallo in cui l’organismo può normalmente compensarlo, e ciò porta a qualche condizione di detrimento della salute. Gli effetti sanitari a loro volta si suddividono in effetti acuti (accertati) ed effetti a lungo termine (ipotizzati). Tra gli effetti acuti per esposizione ad alte frequenze sono stati segnalati: opacizzazione del cristallino, anomalie alla cornea; ridotta produzione di sperma; alterazioni delle funzioni neurali e neuromuscolari; alterazioni del sistema muscolari. Per esposizione a basse frequenze -frequenza 50 Hz- sono stati segnalati: effetti sul sistema visivo e sul sistema nervoso centrale; stimolazione di tessuti eccitabili; extrasistole e fibrillazione ventricolare. Sono stati inoltre riscontrati sintomi quali cefalea, insonnia e affaticamento, in presenza di campi al di sotto dei limiti raccomandati (ipersensibilità elettromagnetica). In questi ultimi casi, comunque, risulta difficile separare gli effetti dovuti all’esposizione da quelli di tipo psicosomatico per fenomeni di autosuggestione.
Se l’analisi degli effetti a breve termine dell’esposizione a onde elettromagnetiche è tuttora insoddisfacente ancora più carente è la situazione per quanto riguarda l’analisi degli effetti a medio e lungo termine: un filone di indagine cominciato ben 65 anni fa capo alla ricerca sugli effetti dei campi prodotti dalle linee elettriche, condotta da una epidemiologa americana, N. Wertheimer. Nonostante non si sia ancora arrivati ad una conclusione unanimemente (o a stragrande maggioranza) accettata dal mondo scientifico, – visto che gli impianti e i dispositivi che producono onde elettromagnetiche devono, sostanzialmente per esigenze di mercato, attenersi a regolamenti e questi a studi scientifici “autorevoli”, ci si è affidati a studi condotti da istituti ritenuti prestigiosi come l’International Agency for Research on Cancer di Lione – lo IARC ha stilato una classifica della cancerogenicità.
Per quanto riguarda i campi elettromagnetici questi, nel 2001, sono stati classificati dallo IARC come possibilmente cancerogeni per l’uomo. Ci sarebbe da farsi prendere dal panico e gettare il telefonino alle ortiche se non fosse che nello stesso gruppo lo IARC ha inserito in questa classifica anche il caffè.
Può essere, comunque di conforto la constatazione che i numerosi esperimenti sugli animali condotti dallo IARC non hanno prodotto nessuna evidenza a sostegno di un ruolo eziologico dei campi magnetici nello sviluppo di neoplasie o di leucemie.
Quattro esperimenti protratti per l’intera vita di animali, ad esempio, non hanno fornito nessuna evidenza che i campi magnetici, anche a livelli di esposizione di 2000 mT, siano coinvolti nello sviluppo di tumori linfopoietici. Diversi esperimenti su roditori progettati per rilevare effetti di promozione di leucemie o linfomi da parte dei campi magnetici sono stati anch’essi uniformemente negativi. Non c’è nessun risultato di laboratorio riproducibile che dimostri effetti biologici a lungo termine dei campi magnetici al di sotto di 100 mT. Un altro studio dello IARC evidenzia, invece, come 2 dei 500 casi di leucemia infantile all’anno sarebbero associati ad un’esposizione di 0.4 µT o più; se ci fosse un effetto dei campi magnetici, si potrebbero produrre 2 casi in più, e 1 caso ogni 2 anni sarebbe forse dovuto alla vicinanza ad elettrodotti. Ciò comporterebbe un aumento del rischio annuo di leucemia infantile da circa 1 caso su 20.000 ad 1 su 10.000, e corrisponderebbe a un aumento del rischio complessivo nell’età fino a 15 anni da 1 su 1.400 a 1 su 700, per lo 0.5% dei bambini molto esposti.
La difficile realizzazione di una soddisfacente indagine epidemiologica sugli effetti dei campi magnetici in ambienti residenziali (intervengono troppe variabili quali la direzionalità delle sorgenti, l’attenuazione da parte delle pareti, la predisposizione genetica) e la conseguente situazione di incertezza hanno comportato non pochi problemi e mobilitazioni. In Italia, il caso più famoso resta, senza dubbio quello degli impianti di Radio Vaticana che merita di essere accennato.
Pur se localizzati a Roma (nei pressi di Cesano) le circa trenta antenne di Radio Vaticana sorgono in un territorio che gode del beneficio di extraterritorialità, non rispondono, quindi alla legislazione italiana e per riuscire a coprire praticamente l’intero Globo Terrestre producono emissioni che, in alcuni casi, raggiungono il doppio del limite stabilito dalla legge italiana. Tale situazione è stata messa in relazione da alcuni scienziati con l’elevata incidenza di leucemie fra la popolazione abitante le zone circostanti, rilevata da due controverse indagini condotte dalla Regione Lazio. Le mobilitazioni e le polemiche hanno portato finora ad una sarabanda di perizie e ad una serie di sentenze che, per via dell’extraterritorialità di cui godono gli impianti, non hanno sortito effetto. A placare gli animi, nel 2012, l’annuncio di Radio Vaticana della fine delle trasmissioni in onde medie e in onde corte rivolte al continente europeo e al Nord America considerate le più pericolose dalle popolazioni residenti nei pressi degli impianti.
Situazione ancora più confusa per quanto riguarda i campi elettromagnetici prodotti dalle installazioni e dai dispositivi di telefonia mobile. Il primo progetto di ricerca condotto dall’OMS – CEM Project – a tal riguardo condotto nel 1993, sostanzialmente, escludeva significative correlazioni tra telefonia mobile e tumori; analogo responso nel 2003 per un altro studio, Interphone. Ovviamente sia il primo che il secondo progetto di ricerca sono stati contestati da non poche organizzazioni e da alcuni accademici che hanno evidenziato quelli che a loro avviso sarebbero errate impostazioni metodologiche ed omissioni che sarebbero state messe in atto per presentare un quadro rassicurante di quello che è un colossale business.
In un quadro scientifico così confuso, ci si chiede quale debba essere il nostro comportamento. Di certo appare improponibile negarsi alle onde elettromagnetiche. Se pure si rinunciasse all’uso del cellulare o dell’elettricità bisognerebbe andare a vivere in qualche sperduta isola del Pacifico per ridurre quasi a zero l’assorbimento delle onde elettromagnetiche. O, paradossalmente, non varcare la frontiera, considerato che – incredibile a dirsi – l’Italia è il paese che in Europa applica i limiti normativi più restrittivi per quanto riguarda l’inquinamento elettromagnetico.
Non resta quindi che affidarci a semplici precauzioni che, non comportando sacrifici eccessivi, possono essere praticate quali, ad esempio: utilizzare l’auricolare a filo se del telefonino si fa un continuo uso; allontanare o spegnere telefonini e impianti wifi quando si va a dormire; evitare fili elettrici destinati a scaldabagni o altri apparecchi che assorbono molta energia in prossimità del letto; tenere gli apparecchi per sentire a distanza il pianto dei bambini a 50 cm dalla loro testa.
Prof Giulio Tarro