Il comportamento alimentare, negli esseri umani, assicura una doppia funzione: da un lato contribuisce al controllo dell’equilibrio energetico e nutrizionale; dall’altro regola gli scambi del soggetto con il proprio ambiente. Queste funzioni sono tra loro interdipendenti e l’integrità di ciascuna è necessaria al funzionamento armonioso della persona. I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) dipendono dall’alterazione di una o più di queste funzioni.
Sebbene i maschi non siano esenti dal rischio di sviluppare un DCA, la prevalenza di questi disturbi è nettamente a carico femminile. Nell’infanzia le percentuali tra i soggetti dei due sessi che soffrono per un disturbo alimentare psicogeno si equivalgono, ma con il menarca alla bambina appare chiaro il passaggio iniziatico del proprio divenire donna: ma quale donna? Irrompono, in questo periodo critico, le esigenze pressanti del sociale attraverso i mezzi di comunicazione di massa e il confronto col corpo e la femminilità materni. L’identità femminile si centra sul corpo, corpo oggetto di attenzioni proprie e degli altri, corpo strumento di seduzione, corpo che assume il termometro della verifica delle proprie capacità di attrarre gli sguardi e le parole maschili. Il conflitto che spesso si apre con la pubertà e culmina nell’adolescenza vede nel corpo della giovane donna il terreno di scontro in cui si fronteggiano stereotipi vecchi e nuovi della femminilità Se essere donne significa assomigliare alla madre, si erge un ulteriore ostacolo per la giovane donna: l’immagine imperante di una superdonna il cui corpo scattante, ginnico e asciutto promette ben altre ricompense di quelle di una nutrice e permette di allontanarsi dal fastidio di un’identificazione con un elemento materno insieme forte e perdente. Dobbiamo quindi sottolineare che la giovane donna impegnata nella difficile costruzione della propria identità femminile può negarsi alla funzione tradizionale della femminilità -maternità attraverso il tentativo della gestione del corpo e dell’alimentazione.
Un approccio che preveda una multifattorialità nell’insorgenza dei DCA ci sembra più convincente dell’impressionistica suggestione di un disturbo derivato da un abuso sessuale specifico o da una madre iperprotettiva o troppo distante: formule buone per tutte le stagioni, purchè usate a posteriori e, purtroppo, nient’affatto predittive. Oltretutto ciò non renderebbe ragione di un così elevato numero di donne giovani e meno giovani impegnate in continue diete e in costante preoccupazione per il proprio peso. La nuova donna ha come ideale la Superdonna, che si realizza al meglio nel pubblico e nel privato, è sempre sorridente, felice, non è mai stanca, è propositiva e dinamica, perfetta a letto e in cucina. Capace di assolvere compiti tradizionalmente maschili deve, per, conservare un’attenzione quotidiana al proprio aspetto esteriore femminile: la bilancia è l’interlocutrice privilegiata. Il corpo sembra merce di scambio, da esibire al meglio, corpo che non si insegna ad amare e a rispettare in quanto tale e in cui ci si possa identificare senza la pretesa di prestazioni massificate. La ribellione sofferente delle donne, tra sesso, corpo, cibo, tempo che manca e socialità prestabilita si trova, come già successo nella storia passata, nel linguaggio del corpo, chiarissimo o indecifrabile a seconda dell’interlocutore.
Roberta Rossi
Istituto di Sessuologia Clinica, Roma