Se chiediamo cosa s’intende col termine comunicazione tutti, più o meno hanno una comunità d’intento, al massimo viene confuso con informazione, ma se chiediamo cosa significa etico, specialmente se rivolto al nostro agire in sanità , le difficoltà a darne una definizione comune aumentano. La maggioranza lo associa alla sperimentazione dei farmaci, altri ai vari codici deontologico, penale, interno, alcuni semplicemente storcono il naso; ma l’etica, lungi dall’essere un’applicazione manichea di norme e regole per stabilire ciò che è male e ciò che è bene, ciò che è giusto fare contro ciò che è non giusto, ciò che è moralmente irreprensibile contro ciò che è dubbio, è una disciplina che pensa al futuro guardando al passato. E’ innegabile, però, che in questo periodo vi è una disgregazione dell’Etica.Le sue regole sono state sostituite da altre norme: costituzionali, scientifiche, economiche e spesso l’Etica,relegata ad ambiti estrinseci alla vita quotidiana, non conforma più l’agire sociale e professionale.Ma rrifarsi all’etica per dividere tra comportamenti umani on e in è piuttosto riduttivo,essa deve fungere piuttosto da guida nel processo decisionale su cosa sia appropriato fare nel tempo x e ciò che non lo sia (ma potrebbe esserlo nel tempo y) e quindi anche in cosa e come comunicare ciò che ne è scaturito. Ovviamente l’etica, come disciplina, non ha il rigore di una scienza: non è oggettiva né misurabile con un esperimento, al massimo è valutabile nei suoi intenti. E’ la disciplina del forse se, del dubbio quotidiano, dei nostri valori individuali e di gruppo. Qualsiasi scelta,anche quella di dare o non dare strada,risponde ad un preciso codice valoriale adottato su basi etiche. Qualsiasi scelta tiene conto dei valori della comunità in cui essa viene formulata e contribuisce a rafforzare l’etica di quella comunità che poi permeerà tutti i comportamenti conseguenti. Ed è in quest’ottica che anche la comunicazione diventa un agire etico; e lo è ancor di più se legata al particolare ambito della salute e del benessere.
In tempi di crisi economica, le scelte si fanno sempre più seguendo un codice etico intrinseco e sempre più comunicare una decisione, magari impopolare, diventa eticamente fondamentale. E’ facile dire: la verità a tutti costi, ma qual è la vera verità ?La mia o quella di chi ascolta? Quella di chi emette il messaggio o quella di chi lo riceve? Per risolvere questo dilemma occorre sempre rifarsi ad un codice valoriale di riferimento, quindi al senso etico, perché la comunicazione è essa stessa un valore in quanto fondata sulla relazionalità . E’ pur vero che la condivisione mette il soggetto al riparo da una qualche responsabilità assoluta, e che questo rischia di fornirgli anche un alibi di deresponsabilizzazione relativa, ma questo può essere evitato se chi comunica si pone non solo il problema dei contenuti, ma anche la valutazione di ciò che accade nel percorso fino al ricettore. Etimologicamente comunicare ha la stessa radice di comunità . La comunicazione è una tecnica(“come si fa”), ma è principalmente un valore (effetto che fa): è questa sua natura che la rende etica. La condivisione è la logica conseguenza di questo agire, ma la comunicazione ha solo alcuni aspetti di autovalutazione; per lo più il suo ‘valore’ è frutto della co-azione di più soggetti che con-corrono alla sua efficacia e ne con-dividono la responsabilità . Le parole che noi scegliamo di usare nel nostro agire quotidiano, scaturiscono spesso (anche etimologicamente) dal medesimo codice etico e valoriale. Per esempio, nel rispondere alle esigenze di un paziente si può dire di essere stati accorati (da cuore) o accurati (ovvero precisi), ma è innegabile che essere entrambe le cose contemporaneamente risponderebbero ad un più alto senso etico!Ed è a questo che mira quella branca dell’economia detta etica economica, ovvero all’applicazione di questi criteri alla condotta di coloro che operano nelle organizzazioni sanitarie. Perché a fronte di una domanda di assistenza e salute sempre crescente l’offerta deve essere continuamente calibrata in relazione alle disponibilità economiche di un mercato della salute in competizione, e quindi è necessario stabilire principi e metodi di attuazione delle procedure che, sul piano etico, diano connotazione alle scelte. I soli principi della dignità umana, bisogno e solidarietà , non costituiscono una condizione sufficiente di assegnazione delle priorità di risorse contingentate: ad essi deve necessariamente essere affiancato il principio dell’equità distributiva.
Dr. Irene Caliendo
Dirigente responsabile UORP del PO di S.Felice a Cancello