Solo in rarissimi casi le neoplasie epatiche, benigne e maligne, primitive e secondarie sono causa di emoperitoneo in seguito ad un trauma minore toraco-addominale (1, 2).
L’angio TC con mezzo di contrasto è la metodica di più largo impiego nella definizione diagnostica in urgenza. La sua accuratezza permette una migliore gestione terapeutica con aumento dei tassi di sopravvivenza. Fornisce infatti informazioni essenziali riguardo all’entità e sede dei versamenti e contemporaneamente permette l’identificazione di tutte le lesioni eventualmente associate. Risulta quindi essenziale per una esatta stadiazione delle lesioni e per la scelta della strategia terapeutica.(3)
Ha fornito spunto per queste considerazioni il caso di una donna di anni 83, cardiopatica in trattamento anticoagulante, che presentava uno shock emorragico con anamnesi positiva per trauma addominale lieve subito due giorni prima.
Un’ angio TC torace-addome in emergenza dimostrava emoperitoneo massivo con associata immagine sul VIII segmento epatico di formazione plurinodulare del diametro di circa 9 cm, disomogenea dopo contrasto, verosimilmente da riferire ad angioma, con stravaso di mezzo di contrasto in sede periepatica,. L’indagine escludeva lesioni associate
Nel caso da noi osservato costituivano indicazione alla laparotomia: a) il deterioramento progressivo dei parametri vitali; b) la necessità di continue trasfusioni di sangue per mantenere una stabilizzazione emodinamica peraltro precaria; c) i segni di irritazione peritoneale; d) il reperto all’angio TC di formazione plurinodulare del VIII segmento epatico con segni di spandimento del mezzo di contrasto.( 4,5)
La scelta della via chirurgica sottocostale destra, leggermente prolungata a sin., al posto della abituale laparotomia mediana totale, ci è stata consentita dalla dimostrazione tomografica di assenza di lesioni associate con il vantaggio di cadere direttamente sulla lesione e di godere di uno spazio di manovra efficace con la sezione del solo legamento rotondo.
La lacerazione glissoniana, di circa due cm, repertata sul VI segmento si è dimostrata ampiamente emorragica, a conferma dell’immagine di blush all’angioTC. Ciò probabilmente ha reso scarsamente efficace l’uso del gel adesivo (Floseal) tentato in fase iniziale. Risolutiva quasi istantaneamente invece la compressione bimanuale esercitata in prima istanza dall’operatore e continuata dal primo aiuto per il tempo necessario alla revisione dell’intera cavità peritoneale e al recupero di circa 3000 cc. di materiale ematico destinato alla reinfusione. La manovra di Pringle, che in questi casi siamo soliti effettuare in prima istanza, è stata impossibile da realizzare per la presenza di tenaci aderenze omentali e viscerali sulla faccia inferiore del fegato, esito di un precedente intervento per empiema colecistico, impossibili da liberare in tempi brevi.
La persistenza dell’emostasi meccanica bimanuale ci ha convinto della utilità di praticare un packing come metodica life-saving. (6)
Continuando quindi la compressione, abbiamo confezionato un early abdominal pack utilizzando delle pezze laparotomiche inserite tra l’arcata costale e la faccia supero-laterale dell’emifegato destro mantenendo una compressione in senso antero- posteriore e terminando con il posizionamento delle due ultime pezze introdotte in un sacchetto di plastica sterile posto a contatto con la lesione. Questo accorgimento tecnico ci ha permesso di effettuare il packing secondo il concetto dello steril drape, che non avevamo al momento a disposizione, da interporre tra la lesione e i tamponi per evitare l’adesione del cotone alla trancia traumatica.
Questa tecnica, ampiamente descritta e validata, pur non riscuotendo unanimi consensi, assicura il mantenimento di una buona emostasi meccanica con successiva facilità di rimozione, senza il pericolo di risanguinamento da adesione sulla superficie epatica (7,8).
Lo “zaffaggio” è stato mantenuto adeguatamente compressivo, per evitare l’underpacking, che espone a precoci riprese emorragiche, ma senza rischiare l’overpacking, causa di deficit multiorgano da eccessiva compressione (9).
Un controllo visivo della tensione della vena cava inferiore al termine della procedura ci ha tranquillizzato riguardo alla regolarità della pressione di zaffaggio.
La procedura di damage control si è conclusa con una chiusura temporanea : abbiamo infatti suturato solo la cute lasciando libera la fascia per evitare tensione parietale e rischio di ipertensione endoaddominale.(9)
Secondo la nostra esperienza risulta importante, nella fase successiva a quella chirurgica, praticare un controllo angiografico con l’intento di valutare ulteriormente il focolaio emorragico.(6) In questo caso la dimostrazione della presenza di formazioni plurinodulari intraepatiche di tipo angiomatoso ha consigliato di far seguire al packing periepatico l’embolizzazione dei rami arteriosi epatici di destra.
L’ associazione delle procedure è stata in grado di completare l’emostasi in assenza di complicanze. (10)
Nel corso del ricovero in terapia intensiva l’emostasi si è mantenuta e le condizioni cliniche si sono stabilizzate. Ciò ha permesso di procedere alla rimozione del packing prima delle 72 ore dal suo confezionamento secondo quelle che oggi sono le indicazioni più accreditate. Il second-look ha consentito di verificare l’assenza di sanguinamento in atto e di complicanze settiche. La rimozione, preceduta da una abbondante irrigazione con soluzione fisiologica tiepida, è stata agevole, senza ulteriori sanguinamenti.
BIBLIOGRAFIA
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9)Stagnitti F, Bresadola L, Calderale SM, Coletti M, Ribaldi S, Salvi PF, Schillaci F. Il packing addominale: indicazioni e metodo. Ann. Ital. Chir. LXXIV, 5. 2003 pp 535-542
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F. Stagnitti, E. Spaziani, A. Stagnitti, A. Di Filippo, P. Gammardella, S. Corelli, F. Turchetta, G. Pattaro
UOC Chirurgia Universitaria, Facoltà di Medicina “ Sapienza” Roma, Polo Pontino (Direttore: Prof. F. Stagnitti)