L’artrite psoriasica è una malattia infiammatoria sistemica caratterizzata da un processo di sinovite cronica a carico delle articolazioni diartrodiali, del rachide e delle strutture periarticolari ad impronta destruente. Fino agli anni 2000 la sola terapia disponibile era quella con DMARDs tradizionali (metotrexato, salazopirina, ciclosporina, leflunomide) che hanno certamente rappresentato una utile opzione terapeutica, ma nel tempo hanno dimostrato i loro limiti: sono efficaci nella malattia periferica ma inefficaci nella malattia assiale, dubbia è l’efficacia nel trattamento delle entesiti e dattiliti. Inoltre c’è carenza di studi randomizzati e controllati sull’attività di malattia e sulla progressione del danno radiologico.
La dimostrazione dell’importanza del TNFα nella patogenesi della malattia ha realizzato la nascita della terapia biotecnologica anti-TNFα. Trials clinici randomizzati e studi clinici post-marketing hanno dimostrato una efficacia e una sicurezza simile per tutti i farmaci anti-TNFα attualmente disponibili: infliximab, etanercept, adalimumab, golimumab e certolizumab.
Successivamente una comprensione più approfondita della fisiopatologia dell’artrite psoriasica ha portato alla scoperta di altre vie cellulari e citochine coinvolte nello sviluppo delle manifestazioni cliniche, con la possibilità di avere a disposizione nuove strategie terapeutiche.
Dal 2015 è disponibile l’ustekinumab , anticorpo monoclonale IgG1k interamente umano che si lega alla subunità p40 condivisa da IL-12 e Il- 23, inibendone il legame al recettore ed è il primo biologico non anti- TNFα approvato per il trattamento dell’artrite psoriasica. Due studi di fase 3 (PSUMMIT 1 e 2) hanno riportato l’efficacia e la sicurezza del farmaco nel trattamento di tutte le manifestazioni della malattia sia in pazienti naive che in quelli già trattati con anti-TNFα.
Recentemente è stata dimostrata l’importanza della IL17A come citochina proinfiammatoria critica nella patogenesi dell’artrite psoriasica. E’ nata pertanto la classe dei biologici anti-IL17A che comprende il secukinumab e l’ixekizumab, anticorpi monoclonali diretti contro la citochina IL-17A e il brodalumab anticorpo monoclonale diretto contro il recettore dell’IL-17A (IL-17RA). Dagli inizi del 2017 è disponibile il secukinumab anticorpo monoclonale IgG1k interamente umano che si lega selettivamente all’IL-17A inibendo la sua interazione con il recettore. Il farmaco è stato testato nell’Artrite Psoriasica in due trial clinici randomizzati: Future1 e Future2 nei quali il farmaco ha dimostrato la sua efficacia fino a 52 settimane di trattamento. L’ixekizumab, invece, da pochi mesi ha avuto indicazione e rimborsabilità solo per la psoriasi. Dall’Aprile 2017 è disponibile e rimborsabile l’apremilast piccola molecola che inibisce selettivamente la PDE4 favorendo livelli intracellulari elevati di AMPciclico che attivano la fosfoKinasiA (PKA) responsabile della modulazione dell’NFκB e della proteina che lega l’elemento responsivo al cAMP ciclico (CREB) con riduzione dei mediatori pro-infiammatori ((TNFα, IFNɣ,IL-17) e aumento di quelli antinfiammatori (Il-10).
L’ultima interessante novità terapeutica è l’approvazione in Europa, nel Luglio 2017, dell’abatacept nella terapia dell’artrite psoriasica. La Commissione Europea ha approvato abatacept da solo o in combinazione con metotrexato per il trattamento dell’artrite psoriasica attiva in pazienti adulti per i quali la risposta alla precedente terapia con farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD), incluso il metotrexato, si sia dimostrata inadeguata e non fosse richiesta una terapia sistemica addizionale per le lesioni cutanee della psoriasi. L’approvazione si basa sui risultati di due studi randomizzati, in doppio cieco, controllati vs placebo (Studi PSA-I e PSA-II) in 594 pazienti adulti, con durata della malattia superiore a 7 anni che avevano AP attiva (≥ 3 articolazioni tumefatte e ≥ 3 articolazioni dolenti) malgrado il precedente trattamento con terapia DMARDs . In questi studi una percentuale più alta di pazienti ha ottenuto una risposta ACR20, endpoint primario, dopo trattamento con abatacept (10 mg/kg per via endovenosa [EV] o 125 mg per iniezione sottocutanea [SC]), rispetto al placebo alla settimana 24. Lo studio PSA-II, anche conosciuto come ASTRAEA, è stato avviato nel 2013 in 76 centri in tutto il mondo.
Non sono state osservate reazioni avverse che si manifestavano in percentuale ≥ 2% in entrambi i gruppi di trattamento durante il periodo di controllo vs placebo di 24 settimane. Il profilo di sicurezza globale è stato comparabile negli studi PSA-I e PSA-II e in linea con il profilo di sicurezza registrato nell’artrite reumatoide. Cefalea, infezione del tratto respiratorio superiore, naso-faringite e nausea sono stati gli eventi avversi più frequentemente riportati.
L’attivazione delle cellule T è certamente coinvolta nella patogenesi dell’artrite psoriasica. Il blocco della co-stimolazione da parte di abatacept inibisce l’attivazione delle cellule T e la conseguente cascata di eventi che contribuisce alla distruzione delle articolazioni. Entrambe le formulazioni EV e SC di abatacept sono state ora approvate per il trattamento di pazienti adulti con artrite psoriasica attiva.
Dr Romualdo Russo
Responsabile UOS di Reumatologia
AORN CARDARELLI NAPOLI
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