L’artrosi del ginocchio (Gonartrosi) è una comune patologia degenerativa che colpisce la cartilagine dell’articolazione del ginocchio. Il tessuto si deteriora e si consuma, portando allo sfregamento diretto delle ossa dell’articolazione, cosa che provoca dolore, difficoltà nel movimento e infiammazione . La gonartrosi rappresenta, insieme all’osteoartrosi dell’anca, la forma artrosica responsabile della maggiore disabilità e dei maggiori costi sociali, calcolati in termini di giorni di assenza da lavoro e pensionamento anticipato [1]. Le linee guida ACR (American College of Rheumatology) 2012 per la gestione del paziente gonartrosico includono una combinazione di interventi farmacologici (Terapia sintomatica, Terapia intrarticolare e Terapiadi fondo) e non farmacologici (perdita di peso, programmi di istruzione del paziente, esercizio fisico e così via), mentre la chirurgia viene di solito riservata solo alle forme più gravi nelle quali il dolore e la difficoltà di movimento impediscono al paziente di condurre una vita normale . Ad ogni modo, ad oggi, non esistono terapie specifiche in grado di prevenire la progressione del danno articolare causato da OA, ma la gli obiettivi essenziali della terapia della gonatrosi possono essere definiti “a breve termine” – rappresentati dal controllo del dolore e della rigidità e dalla riduzione dell’infiammazione – e “a medio-lungo termine”, costituiti dall’arresto o dal rallentamento della progressione, dalla prevenzione delle deformità e dal ripristino della funzionalità articolare. Il primo obiettivo viene raggiunto mediante l’adozione di programmi farmacologici standard basati sull’impiego dei FANS, Analgesici e Corticosteroidi classici, in grado di esercitare un effetto immediato sugli stati infiammatori responsabili del dolore (quindi sul sintomo), ma di non esercitare alcuna azione sulle cause sottese alla patologia. Inoltre l’uso di questi farmaci si accompagna spesso alla comparsa di effetti collaterali (gestrointestinali, renali e cardiovascolari) non trascurabili che non ne rendono consigliabile l’impiego sul lungo periodo. La gestione del paziente artrosico sul medio-lungo, periodo viene invece affidata ai cosiddetti SYSADOA (SYmptomatic Slow-Acting Drugs). Si tratta di principi attivi in grado di favorire i processi riparativi cartilaginei, ritardando/stabilizzando i cambiamenti patologici a carico dell’articolazione e garantendo, al contempo, un buon profilo di sicurezza anche sul medio-lungo periodo. Appartengono a questa categoria: la Glucosamina, il Condroitin solfato, il Collagene (somministrati per via orale) e l’Acido ialuronico (somministrato per via intrarticolare -> Terapia viscosupplementativa) . Infine, una novità nel trattamento della gonartrosi è rappresentato dai cosiddetti Inibitori delle MMPs, ovvero una classe di principi attivi in grado di operare l’inibizione delle proteasi responsabili delle degenerazione cartilaginea e del conseguente processo infiammatorio . In questo modo è possibile agire direttamente a monte del processo patogenetico, rallentando la progressione del danno articolare e migliorando la qualità di vita del soggetto artrosico. . Ne sono un esempio:
– la N-Acetil-D-glucosammina
– il Condroitin solfato
– Il Metilsulfonilmetano
– la Boswellia serrata
In questo caso la parola chiave è “Sinergia”: numerose evidenze scientifiche hanno infatti dimostrato che gli estratti fitoterapici, nel loro complesso, offrono risultati migliori rispetto alle dosi equivalenti di singoli principi attivi . Nell’ampio studio randomizzato e controllato “GAIT”, l’associazione Glucosamina – Condroitin Solfato ha determinato sollievo dal dolore e miglioramento funzionale in pazienti affetti da osteoartrosi del ginocchio di grado moderato-elevato , mentre l’associazione Glucosamina + Condroitin solfato + MSM in pazienti affetti da artrosi del ginocchio di grado lieve-moderato ha sortito risultati migliori sul dolore articolare, rispetto alla sola associazione Glucosamina + Condroitin solfato [8]. Il clinico potrà così offrire al proprio paziente un regime terapeutico più maneggevole e tollerabile nel medio-lungo periodo, incrementando al contempo il successo e l’adesione del paziente ai protocolli farmacologici tradizionali.
Gioacchino Pennacchio
Ospedale “S.Maria della Pietà”
Nola