La fibrillazione atriale è la più comune tra le aritmie cardiache tanto da raggiungere una prevalenza di oltre il 10% nella popolazione con età superiore agli 80 anni; ne soffrono circa 5 milioni di individui negli USA e circa 4,5 milioni in Europa. Si stima inoltre che entro il 2050 il numero di individui affetti sia destinato a raddoppiare. Se ne distinguono sostanzialmente quattro forme: parossistica se termina spontaneamente entro 48 ore, persistente se ha una durata di almeno 7 giorni, persistente di lunga durata se presente da almeno un anno, permanente se comunque acccettata dal paziente o quando precedenti tentativi di cardioversione sono falliti. Diversi studi hanno indagato sulla possibilità di eseguire l’ablazione transcatetere come terapia di prima scelta, tra questi vanno sicuramente ricordati il RAAFT-1, il MANTRA-PAF, il RAAFT-2. Nel RAAFT-1 il 63% dei pazienti assegnati alla terapia medica aveva avuto ad un anno almeno un episodio di fibrillazione atriale contro il 13% di quelli che erano stati sottoposti all’ablazione transcatetere; inoltre la ablazione transcatetere era associata ad un tasso di ospedalizzazioni significativamente inferiore e ad una migliore qualità di vita. Nel MANTRA-PAF il 29% dei pazienti che assumevano terapia antiaritmica a 24 mesi aveva avuto una recidiva di fibrillazione atriale contro il 15% di quelli sottoposti ad ablazione transcatetere; infine anche il RAAFT-2 ha dimostrato una ricorrenza significativamente più bassa di fibrillazione atriale nel gruppo dei pazienti sottoposti ad ablazione (54.5%) rispetto ai pazienti che assumevano terapia medica (72.1%). Anche poi una serie di studi osservazionali prospettici europei hanno riportato dati concordi con quelli dei trials randomizzati controllati. La procedura ablativa ha dunque dimostrato notevole efficacia ed anche sicurezza, considerando il fatto che il tasso di complicanze è stato simile sia nel gruppo assumente farmaci che in quello sottoposto ad ablazione. Date quindi le attuali evidenze scientifiche in merito alla ablazione come prima scelta terapeutica, le linee-guida vigenti stabiliscono un’indicazione IIA con livello di evidenza B per l’ablazione della fibrillazione atriale parossistica sintomatica ed un’indicazione IIA con livello di evidenza C per la fibrillazione atriale persistente. Per quanto riguarda i costi, la spesa iniziale della ablazione è più elevata della terapia antiaritmica, ma la differenza è bilanciata dal più alto tasso di ospedalizzazioni e quindi di recidive che si hanno nel braccio dei pazienti in terapia medica. In pazienti relativamente giovani, con fibrillazione atriale parossistica, frequente, sintomatica, con cuore sano o minima cardiopatia strutturale, l’ablazione eseguita come prima opzione terapeutica è più efficace della terapia antiaritmica nel mantenimento a lungo termine del ritmo sinusale con un tasso di eventi avversi paragonabile. Tale profilo di efficacia e sicurezza è confermato e riproducibile, indipendentemente dalle differenze di Centro, operatore e tecnica ablativa e si associa ad un migliore profilo costo-beneficio rispetto ai farmaci antiaritmici.
Paolo Gallo
CLINICA VILLA DEI FIORI, ACERRA, NAPOLI
DIVISIONE DI CARDIOLOGIA