L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica che interessa le articolazioni dotate di cartilagine ialina. Tuttavia, oltre alla componente articolare, questa malattia può interessare altri organi e apparati, assumendo caratteristiche di malattia sistemica. Di particolare importanza è l’aumentato rischio cardiovascolare che caratterizza i pazienti affetti da artrite reumatoide. In questi pazienti la mortalità legata al rischio cardiovascolare, che ne rappresenta la principale causa di morte, è aumentata di più del 50% rispetto alla popolazione generale (Choy et al., 2014).
Tale rischio risulta aumentato anche a fronte del riscontro di livelli ematici di colesterolo più bassi che vengono spesso riscontrati in questi pazienti, soprattutto se non sottoposti a trattamento o comunque con malattia attiva. Al contrario, i pazienti sottoposti a trattamento con un adeguato controllo dell’attività di malattia, possono presentare spesso livelli di colesterolo più alti, a fronte di un rischio cardiovascolare ridotto (Schimmel et al., 2009; Myasoedova et al., 2011). Questa relazione contraddittoria tra bassi livelli di colesterolemia e aumentato rischio cardiovascolare prende nome di paradosso lipidico dell’artrite reumatoide. I pazienti affetti da artrite reumatoide con bassi livelli di LDL e alti livelli di PCR risultano avere un maggiore rischio cardiovascolare di pazienti con alti livelli di LDL ma con attività di malattia ben controllata (Liao et al., 2015). I meccanismi responsabili di questo paradosso sono ancora oggetto di studio e solo parzialmente noti. Un ruolo importante appare svolto da una ridotta capacità della particelle HDL circolanti di favorire l’efflusso di colesterolo dai macrofagi dei pazienti con artrite reumatoide, come dimostrato da studi in vitro (Charles-Schoeman et al., 2012). Questa alterazione funzionale delle particelle HDL potrebbe dipendere da alterazioni nella struttura stessa delle HDL. Infatti, gli stimoli infiammatori possono avere un ruolo nel determinare modificazioni delle particelle HDL, con una alterazione qualitativa e quantitativa della subparticelle che concorrono a formare la loro struttura (Choy et al., 2014).
Più recentemente è stata posta attenzione al ruolo degli adipociti e all’accumulo di lipidi in queste cellule a seguito di stimoli infiammatori (Bag-Ozbek and Giles, 2015). Inoltre, è stato ipotizzato il ruolo chiave svolto dai meccanismi infiammatori, come le citochine infiammatorie TNF-α, IL-6 e IL-1, nel favorire l’azione dei macrofagi attivati nell’assorbire colesterolo, contribuendo alla riduzione della colesterolemia (Prieto-Potín et al., 2013; Perez-Baos et al., 2017).
In considerazione dell’aumentato rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da artrite reumatoide, dipendente non solo da un’aumentata prevalenza dei fattori di rischio tradizionali, ma anche dagli effetti correlati allo stato infiammatorio intrinseco alla malattia che favorisce anche i processi aterosclerotici (Choy et al., 2014), appare evidente che la valutazione e la gestione del rischio cardiovascolare è di primaria importanza in questi pazienti.
Pertanto il trattamento dell’artrite reumatoide, come anche indicato dalle raccomandazioni EULAR, con farmaci DMARDs (disease modifying antirheumatic drugs) tradizionali o biotecnologici, è importante anche al fine di ridurre il rischio cardiovascolare. Può anche accadere che in virtù dell’azione antinfiammatoria delle terapie si possa avere un aumento dei livelli di colesterolo totale e LDL. Tuttavia questo fenomeno andrà considerato tenendo conto di quanto detto sul paradosso lipidico, e pertanto la inibizione dell’infiammazione sarà comunque correlata ad una riduzione del rischio cardiovascolare. Il profilo lipidico dovrà comunque essere monitorato e trattato se indicato (Semb et al., 2011; Semb et al., 2012; Rollefstad et al., 2013).
Nicola Maruotti
Clinica Reumatologica Universitaria Foggia