L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si è posta l’ambizioso obiettivo di eliminare l’infezione da HCV entrol’anno 2030, inteso come problema di salute pubblica, riducendo del 90% circa le nuove infezioni croniche e del 65% i decessi causati dall’epatite virale.
Tale obiettivo è sostenuto dall’introduzione dei farmaci rivoluzionari DAA, ma anche dalla riduzione del rischio di trasmissione dell’epatite C attraverso il principio della diagnosi precoce. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha esortato i paesi a sviluppare ed implementare i programmi di eliminazione dell’HCV sia nella popolazione speciale ad alta prevalenza e/o ad alto rischio di infezione, sia nella popolazione generale.
Questo ambizioso obiettivo è possibile attraverso programmi di: – Case-finding: ricerca del “sommerso”, ovvero dei casi prevalenti non diagnosticati e dei nuovi casi incidenti, sia nella popolazione generale che nella popolazione a rischio; – Linkage to care: attività volte a far si che coloro che sono già consapevoli di avere un’infezione cronica da HCV si rivolgano alle strutture sanitarie per accedere al trattamento. Come visto, i programmi rivolti alla popolazione generale hanno una bassa resa in termini di case-finding.
Pertanto risulta fondamentale stabilire un percorso per combattere l’HCV, avvalendosi della strategia di microeliminazione con programmi “targeted”, ossia indirizzati al case-finding, al linkage to-care e al trattamento in contesti ristretti.
All’interno della popolazione infetta da HCV, ci sono molte sottopopolazioni da considerare per un approccio di microeliminazione. Gli individui che riportano fattori di rischio per l’acquisizione dell’infezione, sono nuovi pazienti appartenenti alle categorie ad alto rischio quali: popolazione carceraria, tossicodipendenti (PWID), MSM, homeless, transessuali e sexworkers, migranti provenienti da paesi ad alta prevalenza di HCV, che devono essere testati e, se infetti, trattati indipendentemente dalla loro età.
Esiste un “sommerso” importante di pazienti con epatite C anche in Italia (Sud Italia > Nord) e riuscire ad intercettare questi pazienti è un obiettivo fondamentale.
La strategia di “microeliminazione dell’HCV” deve quindi avere l’obiettivo di raggiungere i pazienti nelle popolazioni speciali, mediante stretta collaborazione tra tutti gli attori coinvolti sia in ambito ospedaliero (epatologi) che in ambito territoriale (SerD e le ASL territoriali).
Il progetto intende rimuovere alcuni degli ostacoli che rappresentano un limite alla cura: fattori linguistici, diffidenza, inconsapevolezza del rischio per la propria salute.
Sebbene questo progetto risulti difficile sia da un punto di vista economico che organizzativo, lo scopo di base è che tante piccole microeliminazioni fanno una macroeliminazione.
Dott. Vincenzo Sangiovanni UOC Malattie Sistemiche e dell’immunocompromesso P.O. “D.Cotugno”, AOS dei Colli