La puntura di zecca rappresenta un’esperienza spiacevole, sia per “l’effetto sorpresa” che l’artropode suscita all’ospite, sia per il potenziale ruolo da vettore che questo può avere. In effetti, la zecca a guscio duro, del genere Ixodes, contiene una sostanza anestetica nella saliva, che rende del tutto insensibile la superficie cutanea bersaglio (frequentemente inguine e cavo ascellare); in oltre colpisce prevalentemente di notte, quando le piccole ninfe sono maggiormente attive. La corretta estrazione dell’artropode, utilizzando una pinzetta ed agendo perpendicolarmente alla cute con un lieve movimento rotatorio, la disinfezione della lesione, e la copertura anti-tetanica, assicurano spesso una buona guarigione. Tuttavia il 5-30% delle zecche, soprattutto in Liguria, Emilia Romagna e Trentino, sono infettate dalla Borrelia Burgdorferi, agente responsabile della malattia di Lyme. Tale patologia, ad evoluzione trifasica, esordisce tipicamente con una sintomatologia pseudo-influenzale (cefalea, febbre, malessere generalizzato) e con una macula o papula eritematosa che si espande in direzione centrifuga rispetto al punto di inoculo, risolvendosi al centro (eritema cronico migrante). Tale lesione, patognomonica della malattia di Lyme, ha un diametro superiore ai 5 centimetri, e tende a risolversi spontaneamente in 1 o 2 mesi. Segue una seconda fase ad interessamento sistemico, contraddistinta da artrite intermittente delle grosse articolazioni (ginocchio), disturbi di conduzione atrio-ventricolari, polinevriti, mialgie. Qualora la patologia non venisse riconosciuta nemmeno in questa fase, l’evoluzione potenziale è verso il terzo stadio, caratterizzato da poliartriti, encefalomieliti e polinevriti. Il coinvolgimento cutaneo ed articolare è, dunque, il più precoce e caratteristico; quello neurologico più tardivo, ma certamente più invalidante. Che fare, dunque, per evitare che la puntura di zecca possa complicarsi in tale patologia? La terapia antibiotica (doxiciclina per bocca nelle fasi precoci; cefalosporine endovena in quelle tardive) permette di portare a guarigione; tuttavia, dopo una puntura di zecca, non è giustificato un approccio profilattico tu cur. Se entro quaranta giorni dall’evento, dovesse manifestarsi l’eritema migrante e/o una sintomatologia sistemica, la diagnosi è praticamente certa; in caso contrario il pericolo è scampato. La valutazione sierologica (Western blot) permette di rafforzare l’ipotesi diagnostica, soprattutto nelle fasi più tardive di malattia.
Matteo Filippini
Medico Chirurgo, Specializzando in Reumatologia e Immunologia Clinica