Mangiare è sicuramente un atto istintivo che si
presenta ogni qual volta siamo sollecitati da una tavola imbandita, dalla presenza di alimenti a nostra disposizione. In tali situazioni difficilmente riflettiamo di quanto sia intriso di intimità il gesto che ci fa condurre il cibo alla bocca. Quando assaporiamo qualcosa viene evocata la memoria remota di un’esperienza acquisita, tocchiamo il nostro intimo più profondo, ci relazioniamo, comunichiamo con noi stessi e le nostre sensazioni sono palesate, nel bene e nel male, a chi ci è di fronte, al nostro prossimo, ed inevitabilmente stiamo comunicando. Il piatto inevitabilmente si rivela lo specchio della nostra vita: se è vero che siamo quello che mangiamo, forse è più vero che mangiamo quello che siamo. Mangiare quindi non è solo nutrirsi ma anche comunicare con se stessi e con gli altri, mangiare non ha solo una valenza individuale ma, coinvolge la comunità nel suo complesso. Ma cosa ci induce a portare alla bocca quel alimento piuttosto che un altro? Il suo colore, la sua forma e consistenza, il suo odore, risvegliano nel nostro intimo la memoria di quella esperienza acquisita, sperando che l’aspettativa non venga tradita. Egoisticamente mangiamo per noi stessi e, questo nel bene o nel male, mentre in maniera assolutamente inconsapevole, mangiamo per conservare la specie. Ci possiamo chiedere mangiamo bene o male…di sicuro ci possiamo ritenere dei “ipernutriti-sedentari”. Nel bellissimo incontro presso la sala convegni della Fondazione HUMANITER, si è voluto richiamar l’attenzione di tutti i partecipanti sul legame Corpo-Natura da cui può derivare benessere o al contrario sofferenza, a seconda se si adotta un sistema di vita sbagliato o no. Avere fretta significa non fermarsi a conoscersi, non rispondere alle richieste del nostro corpo, pretendendo però che non si inceppi mai. E quando succede chiediamo ad un Terapeute la pillola magica che ci riporta felicità e salute. Ma se noi vogliam questi due beni dobbiam rivedere le nostre posizioni acquisite e stratificate. Bisogna mettere in atto un meccanismo dall’interno, ingaggiare una discussione con noi stessi, analizzando il nostro stile di vita, ascoltando i messaggi dell’organismo e ricercando quell’armonia con la natura che da sola riporta l’equilibrio necessario a migliorare la qualità della vita. Il maestro indiano Yogananda diceva senza l’autoanalisi l’uomo conduce una vita da robot. Milioni di persone non si analizzano mai, son schiacciate dalle numerose incombenze quotidiane, dalle macerie dell’abitudine e si muovono meccanicamente ripetendo gli stereotipi mentali del loro ambiente. Lo stesso istinto della fame, oggi è diventato difficile da sentirlo e molto spesso si scambia la fame nervosa da quella vera,oltre a non avvertire più la voce interna che ci indica ciò che è buono da mangiare, ciò che è compatibile con il nostro stato fisiologico, lasciandoci in balìa di scelte legate al tempo, al frigorifero e al portafoglio. Parlare di cibo non può essere un discorso che si limita a descrivere le qualità di una bistecca nel piatto, ma analisi attenta a accurata di tutto quello che entra in relazione con esso per scorgere il filo che lega le nostre emozioni al cibo, il rapporto che c’è tra alimentazione e il nostro vissuto, tra sentimento e fame…NUTRIAMOCI PER FARE UN PASSO VERSO L’AMORE E LA VITA.
V. Roberti
Nutrizionista