PremessaGeneralmente si associa l’ipnosi all’affascinante e inquietante fenomeno dello sguardo magnetico di una persona forte, in possesso di conoscenze e tecniche particolari, che può far fare ciò che vuole ad una persona più debole. Ora, poiché una delle caratteristiche del panico è la paura della perdita del controllo, il ricorso all’ipnosi si rivela non semplice per le persone che soffrono di problematiche di questo tipo. Solo una corretta informazione rende loro fruibile una terapia così preziosa.Per questo motivo proverò a spiegare sinteticamente in che cosa consiste l’ipnosi e perché ritengo che tale tecnica possa essere indicata nel trattamento del panico e dell’agorafobia.Che cos’è l’ipnosi.In ogni caso mi sforzerò di essere più chiaro che sintetico. L’alone di mistero che suscita la parola “ipnosi” è tale che ritengo mio dovere innanzitutto sfatare false credenze. Molte volte ho incontrato persone che avevano una marcata “fobia” dell’ipnosi senza essere in grado di riferire da dove avesse origine, visto che non ne avevano mai avuto esperienza né diretta né indiretta.Cominciamo col definire i termini: per ipnosi si intende abitualmente sia uno dei possibili stati della mente umana, sia l’insieme delle tecniche per indurre tale stato mediante la comunicazione interpersonale. In passato la tecnica veniva chiamata “ipnotismo”.In quanto stato della mente, l’ipnosi è uno stato alterato, diverso cioè da quello che riteniamo essere il nostro costante stato di coscienza quando siamo svegli. L’illusione che noi proviamo è propria questa costanza e questa continuità . A ben vedere infatti, se definiamo “coscienza” la consapevolezza degli stimoli che ci giungono da noi stessi (corpo, emozioni, memoria) e dal mondo esterno, ci rendiamo conto che questa continuità non esiste. Chi legge questo articolo, proprio nel momento in cui lo sta leggendo, sicuramente non è consapevole di molti stimoli che pure il suo sistema percettivo coglie (ad esempio, la sensazione delle scarpe i piedi, o i rumori del traffico per strada, ecc.). Naturalmente siamo pronti a riprendere contatto con questi stimoli se qualcuno attira la nostra attenzione su di essi oppure se i nostri sistemi di controllo interni li ritengono pertinenti.Questo è un altro concetto cruciale. Non c’è spazio per farne una trattazione scientifica, però è possibile riconoscere che nella vita di ogni giorno adottiamo meccanismi altamente efficienti che ci consentono di risolvere problemi complessi. Faccio qualche esempio più o meno comune. Il sonno della nutrice: molte mamme sono capaci di dormire insensibili a tutti i rumori tranne che al più tenue vagito del loro piccolo. E’ intuitivo comprendere che durante il sonno una parte della mente svolge il compito di proteggere il riposo selezionando gli stimoli in arrivo. Un altro esempio: siamo a una festa affollata dove tutti chiacchierano a voce alta e noi conversiamo tranquillamente col nostro interlocutore ignari degli argomenti trattati dagli altri; all’improvviso ci rendiamo conto che qualcuno sta parlando di qualcosa che ci riguarda e ci voltiamo. Ancora: stiamo guidando la nostra auto su un percorso abituale, magari in autostrada (se non ne abbiamo la fobia!); all’improvviso ci rendiamo conto di essere arrivati al nostro casello senza essere stati consapevoli del percorso precedente. Che cosa è successo in questo caso? E’ ovvio che non si tratta di semplice distrazione, per diversi minuti abbiamo compiuto azioni molte complesse, abbiamo tenuto la macchina su strada ad una certa velocità , abbiamo rallentato o accelerato, abbiamo sorpassato altre macchine, il tutto con grande scioltezza, mentre la nostra mente cosciente era altrove.Perché ho portato questi esempi che potrebbero moltiplicarsi all’infinito? Semplicemente per dimostrare che quelle della consapevolezza e del controllo sono questioni mal poste. Noi viviamo nell’illusione di dover esercitare un costante controllo cosciente sulle nostre azioni e sulle nostre percezioni. Al contrario, la nostra vita, a cominciare dalle azioni più semplici, è possibile a condizione che deleghiamo la maggior parte del controllo a parti “non coscienti” della nostra mente.Nelle persone che soffrono di panico e sviluppano fobie il bisogno di esercitare un controllo sulle proprie sensazioni e sulle proprie emozioni assume dimensioni parossistiche essenzialmente perché non riescono più a fidarsi di sé stessi, di quella parte della loro mente che dovrebbe agire fuori del controllo cosciente.
Emanuele Del Castello
Psicologo, Psicoterapeuta, Specialista in Psicologia Clinico, membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Ipnosi, Docente della Scuola Italiana di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana