Analoga utilità ha il ricorso all’immaginazione. In ipnosi la capacità degli esseri umani di farsi coinvolgere dall’immaginazione raggiunge livelli in altro modo irraggiungibili e questa potenzialità produce risultati sorprendenti. Pensiamo all’anestesia chirurgica o odontoiatrica ottenuta in ipnosi con l’ausilio appunto dell’immaginazione. Il principio è che tramite l’immaginazione è possibile creare realtà soggettive (“Il mio braccio è di gomma ed è perciò insensibile”) che ai fini del benessere della persona hanno lo stesso valore della realtà “reale” (“Il mio braccio è anestetizzato ed è perciò insensibile”). Per il trattamento delle fobie in particolare, l’immaginazione offre il vantaggio di consentire la sperimentazione graduale e protetta di situazioni che altrimenti risulterebbero fonte di angoscia e di panico. A un paziente, per esempio, si può chiedere di immaginarsi in un supermercato (per restare all’esempio precedente) e, con la protezione dell’ipnoterapeuta, affrontare in modo graduale i vari elementi sgradevoli dell’esperienza. Il terapeuta può fornire suggerimenti per superare i vari ostacoli che la persona potrebbe incontrare, potrebbe insegnarle a controllare l’ansia e le varie sensazioni a livello somatico e viscerale, a modulare il disturbo che le danno i suoni e le luci o la temperatura dell’ambiente, e così via. L’esperienza clinica dimostra che le esperienze vividamente immaginate (così come si può fare in ipnosi) sono un valido sostituto o almeno un valido preliminare di quelle esperienze concrete di successo (nel controllare le situazioni temute) che contribuiscono a costruire il senso di autoefficacia personale che le persone che soffrono di panico e agorafobia hanno perso. La fenomenologia ipnotica offre una vasta gamma di possibilità per il trattamento dei disturbi d’ansia e quelli che ho presentato non sono che pochi tra i tanti esempi possibili. Così come per tutte le forme di psicoterapia, tuttavia, l’elemento terapeutico più importante è la relazione tra terapeuta e paziente. In ipnosi, però, tale relazione assume delle connotazioni molto particolari: il paziente deve vincere il timore di “abbandonarsi nelle mani” del terapeuta. Nell’induzione ipnotica, cioè nella procedura che l’ipnoterapeuta adotta per indurre lo stato ipnotico, il paziente deve imparare a rilassarsi, a distogliere l’attenzione dalla realtà circostante, in pratica a ridurre il controllo cosciente. Se abbandona il controllo, man mano che l’induzione procede, la persona sperimenta una serie di alterazioni nella propria esperienza: la percezione del corpo si modifica, così come si modificano la percezione dell’ambiente circostante e i processi di pensiero. La relazione con il terapeuta deve aiutare il paziente a tollerare tutto ciò e a non spaventarsi al verificarsi di processi mentali involontari, cioè percepiti come non controllabili. Â La paura dell’ipnosi Molto spesso le persone hanno paura dell’ipnosi perché pensano che possa far emergere allo stesso modo ricordi dolorosi ed esperienze traumatiche rimosse. Una persona, quindi, quando si affida ad un ipnoterapeuta, pensa di dover affrontare anche questo. La paura nei confronti dell’ipnosi evidenzia una problematica fondamentale comune a molte persone che soffrono di panico e agorafobia. Queste persone cioè hanno imparato nella vita a non affidarsi mai completamente agli altri nelle relazioni affettive per non ripetere esperienze traumatiche del passato. La terapia ipnotica pertanto rappresenta una sfida a questo modello di comportamento interpersonale e il lavoro che il paziente fa per sperimentare una buona ipnosi tende a correggere questa sfiducia acquisita e quindi la relazione terapeutica in ipnosi tende ad essere terapeutica di per sé. Una conferma di quanto sto affermando viene proprio dalla constatazione che le persone fobiche hanno una paura spropositata e ingiustificata dell’ipnosi (chi è interessato può leggere a proposito il mio capitolo nel libro “Tecniche dirette e indirette in ipnosi e psicoterapia”), proprio a causa della grande difficoltà ad affidarsi. Â L’autoipnosi Inoltre, esiste la possibilità di acquisire e riprodurre da se stessi i risultati ottenuti dalle sedute ipnoterapeutiche. Anzi, questo costituisce un aspetto importante della terapia e del processo di autonomizzazione del paziente. Quando il paziente impara ad affidarsi al terapeuta può sperimentare lo stato ipnotico e quindi può scoprire le potenzialità a cui facevo riferimento prima quando parlavo dei fenomeni ipnotici. Diventa a questo punto fondamentale che il paziente impari a utilizzare in maniera autonoma tali potenzialità e le tecniche dell’autoipnosi lo aiutano proprio in questo. Il paziente acquisisce così un nuovo senso di autonomia che è il frutto di — e non una contrapposizione a — una relazione di fiducia e di affidamento. Â RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Aquilar F., Del Castello E. (1998a) (a cura di), Psicoterapia delle fobie e del panico. Milano: Franco Angeli. Aquilar F., Del Castello E., Esposito R. (2005) (a cura di), Psicoterapia dell’anoressia e della bulimia. Milano: Franco Angeli. Del Castello E., Casilli C. (2007), L’induzione ipnotica. Manuale pratico. Milano: Franco Angeli Del Castello E., Loriedo C. (1995) (a cura di), Tecniche dirette ed indirette in ipnosi e psicoterapia. Milano: Fran-co Angeli. Gulotta, G.; Del Castello, E. (1998) Psicologia della psicoterapia. Torino: Boringhieri
Emanuele Del Castello
Psicologo, Psicoterapeuta, Specialista in Psicologia Clinico, membro del Consiglio Direttivo della Societ� Italiana di Ipnosi, Docente della Scuola Italiana di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana e della Scuola di Psicoterapia