L’obesità costituisce al giorno d’oggi una delle maggiori emergenze nel mondo sanitario: infatti, l’obesità addominale ha raggiunto proporzioni epidemiche e la sua prevalenza è in costante aumento.Il fenomeno riguarda infatti 1 miliardo e 200 mila persone al mondo, di cui oltre 115 milioni soffrono di altre patologie, come appunto l’ipertensione, la malattia cardiovascolare, la dislipidemia, la sindrome delle apnee notturne e le artriti.
E’ ovvio che tale patologia si associa ad un eccesso di morbilità e di mortalità cardiovascolare: l’obesità addominale, intesa come accumulo di tessuto adiposo viscerale tale da determinare un aumento della circonferenza addominale superiore ai 102 centimetri nell’uomo ed agli 88 nella donna, ha raggiunto in Italia una prevalenza pari al 31,5%.
Il tessuto adiposo, inoltre, non è solo un organo “ passivo”, che immagazzina i nutrienti, ma e’ in grado di agire come un organo endocrino, capace cioè di sintetizzare ormoni ed allo stesso tempo citokine e sostanze in grado di interagire all’interno del corpo umano.
L’obesità , in particolare quella addominale, è caratterizzata da insulino resistenza associata ad iperinsulinemia compensatoria: è stato infatti dimostrato come riducendo il peso, si ha un miglioramento della sensibilità insulinica e la chirurgia bariatrica riesce infatti a risolvere il diabete di tipo 2 e le altre dislipidemie che vi si associano.
La principale causa, almeno nel nostro Paese, sembra essere la sedentarietà piuttosto che la superalimentazione e tutto questo porta ad un legame importante tra l’obesità e le dislipidemie oltre che che la presenza di artrosi e di dislipidemie vascolari.
In realtà , nel 2000 la World Health Organization (WHO), ha stimato che basterebbe solo un piccolo calo ponderale pari al 5-10% del peso iniziale per ridurre i rischi cardiovascolari in pazienti in sovrappeso o obesi.L’obesità , inoltre, fa parte di un quadro più complesso noto come Sindrome Metabolica, caratterizzata da almeno tre delle seguenti alterazioni metaboliche:
1)Glicemia a digiuno superiore ai 110 mg/dl;
2)Pressione arteriosa superiore ai 130/85 mmHg;
3)Trigliceridi superiori o pari a 150 mg/dl;
4)Colesterolo HDL inferiore ai 40 mg/dl nei maschi ed inferiore ai 50 mg/dl nelle femmine;
5)Circonferenza vita maggiore ai 102 cm nei maschi ed inferiore agli 88 cm nelle donne.
Infine, nella popolazione anziana, sta prendendo sempre più piede un altro tipo di obesità , nota come Obesità sarcopenica, in cui i pazienti hanno perso le loro masse muscolari, e potrebbe costituire la principale causa di morbilità e mortalità nei pazienti anziani.
Per tale motivo, tutti i soggetti che presentano i parametri oggettivi e clinici di obesità , sono raccomandati alla riduzione dell’ eccesso ponderale, ove presente, ed al miglioramento della sensibilità insulinica. E’ fortemente suggerito, inoltre, un cambiamento dello stile di vita con attivita’ fisica regolare (almeno 30 minuti/die), abbinato ad una dieta ipocalorica. Infatti, l’unico metodo fisiologico per migliorare la sensibilità insulinica, è l’esercizio fisico, specialmente quello aerobico.
Infine, il trattamento dei singoli fattori di rischio cardiovascolare che compongono la Sindrome Metabolica,costituisce un punto di grande importanza per una terapia combinata che includa l’uso di farmaci capaci di ridurre la resistenza insulinica come la metformina ed i glitazonici (prescrivibili solo in caso di diabete), oltre a statine, fibrati e farmaci anti-ipertensivi quando necessari.
BIBLIOGRAFIA
Task Force Obesity Italia (TFOI). Ligio 99. Linee Guida Italiane Obesità : identificare, valutare, trattare. Edizioni Pendragon 1999, Bologna.
Report of WHO Consultation on Obesity. Obesity: Preventing and Managing the Global Epidemic. Geneva, 3-5 June, 1997
Orientamenti MTC- Approccio combinato di MTC all’obesità – Anno 26-2009- N.3 Edizioni Paracelso.
Luca Gabriele Punziano
Medico Generico Specializzando in medicina generale Ospedale San Camillo-