Un parassita comune dell’intestino del pesce è l’Anisakis; i parassiti, come tali, vivono a spese di altro organismi di una specie diversa dalla loro.
L’anisakis simplex è un nematode della famiglia Anisakidae, presente nell’intestino di numerosi mammiferi marini, quali delfini, foche, etc. e, nel suo stadio larvale, in molti pesci tra i quali le sardine ed acciuga, merluzzo, nasello, il tonno e lo sgombro, anche nel salmone vi sono casi riporatati. Della stessa famiglia i più comuni sono anche il Pseudoterranova ed Hysterothylacium, quest’ultimo non patogeno per l’uomo allo stato attuale delle conoscenze. L’anisakis è estremamente diffuso ma sono riportate diversi dati sulla sua presenza in vari tipi di pesce, dal 5% fino ad oltre il 50% e, secondo alcuni autori (1).
Il pesce crudo o parzialmente cotto, come anche molti crostacei e molluschi, è potenzialmente contaminato da microrganismi che possono essere responsabili di tossinfezioni epato-intestinali più o meno gravi, tra questi l’escherichia coli, listeria, salmonella, virus dell’epatite A, etc..
Per quanto le patologie conseguenti possono anche essere gravi in alcuni soggetti, ma trattabili con terapia medica nella maggioranza dei casi, l’anisakis è, tra le parassitosi trasmesse con il pesce, che non ha una terapia medica ben codificata, anzi, potrebbe richiedere l’intervento chirurgico, anche in urgenza per la sua peculiarità d’infiltrarsi nella parete intestinale, prevalentemente nello stomaco, al fine di evitare il ph acido presente nello stomaco. La parete intestinale può, pertanto, perforarsi oppure il parassita può creare, nelle forme croniche, aree ulcerate dove si annidano le larve; sono riportati casi di infestazione extraintestinale.
La sintomatologia può essere caratterizzata da dolori addominali più o meno importanti ma, in alcuni casi, per una risposta IgE mediata prevale un quadro clinico di tipo allergico, orticaria ed eruzioni cutanee.
Se si escludono i casi di perforazioni intestinali, la terapia medica è ancora controversa: esistono discreti risultati con l’albendazolo.
E’ importante evidenziare come è tutelato il consumatore, infatti, secondo la normativa vigente, il pesce crudo deve essere eviscerato al momento della pesca e ed il regolamento CE 853/04, che dovremmo richiedere al ristoratore, prevede che Il pesce consumato crudo deve essere congelato a -20ºC per almeno 24 ore oppure a -35ºC per almeno 15 ore oppure a -15°C per almeno 96 ore.
Emilio Gentile Warschauer
Chirurgia generale e d’urgenza, Endoscopia digestiva, Roma