La cromoendoscopia associata alla videoendoscopia ad alta definizione offre la possibilità di analizzare gli spettri dei colori acquisiti nell’immagine, di utilizzare coloranti (Indaco di carminio, blu di metilene) e di ingrandire ad alta definizione la mucosa da studiare (magnificazione) Tale tecnica diventa fondamentale per il riconoscimento degli stadi iniziali di displasie e neoplasie intestinali.
Diventa fondamentale nei pazienti ad alto rischio genetico, come nelle poliposi adenomatose eredieditarie (FAP. sindrome di Gardner e s. di Turcot) e in quella che viene definita carcinosi ereditaria del colon-retto su base non poliposica (HNPCC o Sindrome di Lynch).
Sempre più autori dimostrano l’importanze di includere in tale protocollo di sorveglianza in pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI), ovvero rettocolite ulcerosa e malattia di Crohn, i quali hanno un elevato rischio di sviluppare il cancro del colon-retto (CRC), rappresentando il 15% dei decessi in queste patologie.
Attualmente non vi è evidenza su base genetica che dimostri la predisposizione del tumore colorettale nelle MICI.
Si presume che l’infiammazione cronica è ciò che provoca il cancro, con un aumento della probabilità che incrementa di 0,5-1% annualmente in pazienti con terapia (P. MUNKHOLM).
Il rischio di CRC è, quindi, proporzionale al tempo dell’infiammazione, della maggiore estensione anatomica della colite e la concomitante presenza di altre manifestazioni infiammatorie, come la colangite sclerosante primitiva, e, per contro, si deve considerare che alcuni farmaci specifici per le MICI, quali i 5 -aminosalicilati e steroidi, possono ritardare lo sviluppo del cancro colorettale.
Le principali alterazioni cancerogene che portano al cancro colorettale non geneticamente predisposto, vale a dire l’instabilità cromosomica ed “ipermetilazione“, si verificano anche nei tumori del colon-retto MICI-associata.
Attualmente non esiste alcun marker genetico, molecolare o biochimico da poter essere analizzato nel tessuto displasico, ematico o nelle feci dei pazienti con MICI per monitorare l’insorgenza del CRC.
La sorveglianza endoscopica è pertanto fondamentale.
La tecnica videocromoendoscopica offre la possibilità di effettuare biopsie mirate nelle aree più sospette per quanto sia ancora presto non effettuare la sistematica biopsia effettuata ogni 10 cm. (Barthet M, Desjeux A, Grimaud JC).
Uno studio inglese pubblicato all’inizio di questo anno (Subramanian et al.) effettua una meta-analisi delle casisitiche presenti in letteratura rilevando un netto vantaggio nell’utilizzo di questa tecnologia rispetto all’endoscopia tradizionale.
L’importanza di tale sorveglianza specialistica è, inoltre, enfatizzata dall’età di insorgenza delle MICI, che è, non raramente, inferiore ai 30 anni.
Dr. Emilio Gentile Warschauer