In occasione del Giubileo del 2000, Papa Giovanni Paolo II, rivolgendosi ai medici partecipanti al Congresso Internazionale organizzato dalla AMCI, tese a valorizzare l’attività svolta come “nobile servizio alla vita”. Una missione che “vi mette in quotidiano contatto con la misteriosa e stupenda realtà della vita umana, inducendovi a farvi carico delle sofferenze e delle speranze di tanti fratelli e sorelle”. Il Santo Padre, tenne a rimarcare che ”… non bastano, però, le cure mediche ed i servizi tecnici, occorre essere in grado di offrire al malato anche quella speciale medicina spirituale che è costituita dal calore di un autentico contatto umano”. Da alcuni anni, assistiamo al proliferare di corsi sulla salute, spiritualità e religione come sta avvenendo, in modo più massiccio, negli USA. Da una ricerca condotta dall’American Academy of Family Phisicians si rileva che il 99% dei medici di famiglia statunitensi è pienamente convinto che la fede e la speranza che ne scaturisce possono favorire la guarigione; del resto anche l’80% degli americani attribuisce alla fede un forte potere terapeutico. «Il fisico sente dolore e male; la psiche sente strazio e sofferenza; l’anima prova tribolazione, spasimo, tormento, cruccio, supplizio, patimento, dispiacere”, così si esprimeva àŽbn Tufayl, nell’anno mille. Si può ben dire che nella realtà l’emozione è inseparabile dalla sensazione, che varia da individuo a individuo. Chi ha una fede religiosa che lo sostiene, mostra più speranza e maggiore fiducia nel futuro. Per Herbert Benson dell’ Università di Harvard, considerato l’antesignano delle cosiddette terapie “noetiche” (dal greco νους : che mobilitano la mente), sull’interazione fra corpo e mente, la sofferenza aggredisce la mente del paziente; per vincerla Benson descrive una tecnica detta “breakout principle”, intesa come il distacco da ogni pensiero. Egli ha verificato che per i suoi pazienti l’azione che meglio riesce a “staccare” la mente dal pessimismo e dal dolore è risultata la preghiera. Meditare fa bene al cervello, aumenta le capacità intellettive, produce un senso di sollievo agendo sul sistema limbico fino a farci sentire meglio, sollevati, sereni, indipendentemente dallo stato del corpo. Un gruppo di ricercatori della Harvard Medical School di Yale e del Massachusetts Institute of Technology scannerizzando il cervello di persone dedite alla meditazione hanno osservato un aumento di volume del cervello, soprattutto quelle addette all’attenzione e ai processi sensoriali che arrivano dall’esterno. Spiega Sara Lazar, responsabile della ricerca: “ i nostri dati portano a sostenere che la pratica della meditazione, conferisce non solo l’aumento della materia grigia, ma anche elasticità alla corteccia cerebrale degli adulti in aree importanti per l’apprendimento, i processi emotivi e per lo star bene”.
Antonino Picciano
medico esperto in omeopatia, omotossicologia