Parlare di Eccellenza senza parlare di centri di costo non ha nessun valore specie nella situazione economica attuale; così come non ha valore citare qualche nome della “pseudo dirigenza intermedia” senza fare una netta distinzione tra buona e cattiva leadership.
L’organizzazione perfetta non esiste; essa si barcamena tra forze contrapposte che guidano il cambiamento, che cercano di dare credibilità alla sottile e nascosta forma di sfruttamento dei dipendenti, che preferiscono legittimare le classi e il controllo piuttosto che l’intelligenza evolutiva.
Ciò che salta agli occhi è solo una leadership negativa, ammiccante, fatta di inefficacia e antieticità , incompetenza e rigidità , intemperanza e insensibilità , capace di minimizzare a proprio tornaconto la salute e il benessere degli altri.
Continuano a proporci le “best practices” piuttosto che analizzare le variabili delle “worst practices” per le necessarie correzioni, non tengono conto dei costi che tali pratiche negative comportano e dell’effetto domino che possono avere su altre strutture che, veramente, sono delle “eccellenze”.
Piuttosto che preoccuparsi di misurare la “customer satisfaction” sembra che tutti siano preoccupati di garantirsi una porta aperta per il futuro offrendo poco interesse allo sviluppo delle risorse umane che, quasi sempre, risultano essere molto al di sotto della vera necessità lavorativa con un coinvolgimento nei processi limitato a colmare i vuoti nei turni con atti di volontarismo.
L’attività del medico è del tutto basata su relazioni individuali, coinvolgimento emotivo, problematiche relazionali e tende a sottovalutare il lavoro di equipe. Questo impedisce di valutare correttamente i costi e i benefici, di capire i vantaggi del “sapere proposto” come raggiungimento di obiettivi mantenendo attivi i contenuti.
Di tutta la letteratura esistente in materia(viviamo l’epoca dove è necessario dimostrare quanto detto) ricordiamo, con Hamlin (2002) che l’efficacia organizzativa di un leader ha la necessità , tra l’altro, di un genuino interesse per gli altri, capacità di potenziare il lavoro altrui, sviluppare il potenziale dei collaboratori, essere accessibile e disponibile, tenere gli altri informati e coinvolgerli nelle decisioni, incoraggiare il pensiero critico e strategico.
Inoltre, come ci è già capitato di dire in diverse occasioni, abbiamo una dirigenza vittima dell’apostasia e staccata dal contesto che dovrebbe vivere dal di dentro per finalizzarlo al raggiungimento degli obiettivi.
Entrambe le situazioni presentate si intersecano costantemente mettendo in seria difficoltà i colleghi che sono dei veri professionisti e, principalmente, non sono soggetti prezzolati ai favori occasionali di baroni, primari e pseudo-sindacalisti.
In questo scenario occorre definire l’eccellenza che non può essere la compra-vendita di favori ma la realizzazione di una cultura “del meglio” cioè creare una situazione di stabilità per avere la possibilità di ottimizzare il prodotto che si offre.
L’autoproclamazione senza contenuti ha gli stessi effetti devastanti di uno shock termico.
Se nella nostra società si vive la contraddizione che vede, da una parte, tentativi impossibili per allungare la vita e, dall’altra, continui suggerimenti per favorire l’eutanasia questo non deve allontanarci dal nostro vero percorso che può solo essere un continuo interesse per la qualità della vita.
L’infermiere si può fare con la mente o con il cuore ma l’Infermiere (con la I maiuscola) è colui che riesce a creare l’alchimia tra le due cose traendo fuori la figura nuova, colui che si alimenta dell’anima cognitiva.
Non è possibile permettere che la regressione storica, culturale, sociale, umana e professionale lasci parlare di Eccellenza chi viola i vincoli di bilancio per giustificare una pessima gestione senza risultati confortanti.
Nella storia del pensiero economico non possiamo accontentarci di dire, parafrasando Pirandello, che le apparenze ingannano e tutto ciò che ci circonda … “così è se vi pare”.
Ciro Scognamiglio
Accademico dei Micenei