La artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica ad eziologia sconosciuta e patogenesi autoimmune che colpisce circa l’1% della popolazione generale ed è caratterizzata da manifestazioni articolari ad evoluzione erosiva ed invalidante. La AR è tuttavia una malattia sistemica, che può comportare varie manifestazioni extra-articolari, spesso riscontrate nelle forme più aggressive di malattia articolare e condizionanti la prognosi della malattia.
La malattia è associata ad un significativo incremento della mortalità (Standardised Mortality Ratio intorno a 2), ed è ormai ampiamente dimostrato che tale eccesso di mortalità sia dovuto prevalentemente a patologia cardiovascolare (CV) di natura aterosclerotica.
I pazienti affetti da AR hanno una probabilità doppia di infarto miocardio (IMA) rispetto a quelli senza AR ed è stato riportato un aumento della mortalità CV anche in soggetti con positività sierologica del fattore reumatoide e poliartrite all’esordio .
Numerosi studi hanno dimostrato che i tradizionali fattori di rischio di patologia CV non giustificano del tutto tale aumento osservato nei pazienti con AR. In effetti altri studi hanno mostrato che fattori strettamente correlati alla attività di malattia, come PCR e DAS 28, siano associati ad un incremento del rischio CV . Oggi si ritiene che la flogosi cronica caratterizzante la AR possa svolgere un ruolo determinante nell’indurre aterosclerosi precoce, ed è stato dimostrato che la malattia sia un fattore di rischio CV paragonabile al diabete mellito.
Peraltro, lo stesso aumento del rischio CV è stato osservato in altre malattie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico, ma anche in artrite psoriasica e spondilite anchilosante.
I pazienti con AR presentano un aumentato rischio di scompenso cardiaco e anche in questo caso l’aumento non è collegato solo ai fattori di rischio tradizionali ma si correla alla attività di malattia .
Nei pazienti con AR sono stati riscontrati, in assenza di sintomi: aumento ecografico della massa ventricolare sinistra e della disfunzione diastolica, aumentati livelli di NT-proBNP e troponina .
Nonostante il progressivo miglioramento nella diagnosi precoce e nella terapia della AR, anche gli studi più recenti mostrano un’aumentata mortalità CV in questi pazienti, inducendo a ritenere che nella pratica clinica quotidiana vi sia una sottostima dell’importanza di tale comorbidità e/o che la sua gestione non sia adeguata.
Il problema è fortemente sentito dalla comunità scientifica e già nel 2010 l’EULAR aveva
elaborato 10 raccomandazioni per la gestione del rischio CV nei pazienti con AR, suggerendo che il modello di calcolo del rischio CV dovesse essere adattato introducendo un fattore di moltiplicazione per 1.5 nei pazienti con AR con almeno 2 dei seguenti 3 criteri: durata di malattia oltre 10 anni, positività del fattore reumatoide o anti-CCP, presenza di severe manifestazioni extra-articolari.
Inoltre, veniva sottolineata l’importanza di valutare sistematicamente il rischio CV nei pazienti con AR, ottimizzare la correzione dei tradizionali fattori di rischio CV (come il fumo), privilegiare l’utilizzo di alcuni farmaci come le statine, potenzialmente in grado di influenzare anche la attività di malattia.
Un altro aspetto rilevante del problema è che vi sia ampia evidenza che l’incidenza di eventi CV sia minore nei pazienti trattati efficacemente per la AR.
Ciò è stato riportato sia in pazienti trattati con farmaci di fondo tradizionali come il metotrexate, sia in pazienti trattati con farmaci biologici. In questo senso numerosi dati ci vengono dai Registri.
Dati dal Registro Britannico hanno dimostrato una significativa riduzione del rischio di IMA nei pazienti trattati con anti-TNF e responsivi al trattamento entro 6 mesi dall’inizio della terapia.
Dati dal Registro Tedesco hanno rivelato una significativa riduzione del rischio di scompenso cardiaco nei pazienti trattati con anti-TNF, soprattutto in assenza di utilizzo di FANS e/o Coxib.
Dati positivi sono stati riportati successivamente anche per farmaci biologici con altri meccanismi d’azione (11), confermando l’importanza di utilizzare al meglio le armi terapeutiche a nostra disposizione anche al fine di ridurre la mortalità CV nei pazienti con AR.
Giuseppe Provenzano
UO Reumatologia – AO Ospedali Riuniti di Palermo