La possibilità di automatizzare le diverse
fasi delle attività di laboratorio si è andata
estendendo, nel corso degli anni, da applicazioni
rivolte alla sola strumentazione
analitica (con la introduzione di hardware
e software complessi e dedicati alla gestione
di un ampio menu su di un unico analizzatore)
a soluzioni avanzate, in grado di
gestire anche le fasi pre- e post-analitiche.
L’industria del diagnostico ha quindi proposto
soluzioni tecnologiche sempre più
– consolidate, con la possibilità di effettuare
su un solo strumento un elevato numero
di analisi differenti anche di aree e tecniche
analitiche precedentemente separate, ed
– integrate, rendendo praticabile -in soluzioni
compatte- la gestione del campione
biologico nelle fasi precedenti e successive
all’analisi.
L’introduzione sul mercato di tali
sistemi — con soluzioni ormai standardizzate,
flessibili e diversificate sulla base della
tipologia funzionale del laboratorio nel
quale essere implementate- ha portato alla
necessità di rivedere in modo sostanziale i
concetti di organizzazione del laboratorio.
Le logiche attuali legate a tale realtà , sono
infatti basate su approcci che prevedono
il superamento di quelle adottate fino alla
prima metà degli anni ’90, rese anche relativamente
cogenti da aspetti normativi.
Va da sé che il binomio meccanizzazione/
informatizzazione, sempre più sofisticato,
ha portato a ridurre la manualità in modo
drastico, intervenendo positivamente su:
– qualità analitica (riduzione del rischio per
il paziente),
– qualità gestionale (riduzione del rischio
per l’organizzazione),
– sicurezza operativa (riduzione del rischio
per il personale).
Inoltre una implementazione dell’automazione
condotta secondo linee guida, check
list e suggerimenti di società scientifiche
e letteratura internazionali, aggiunge ai
sicuri vantaggi sopra esposti, anche una
significativa riduzione dei costi nelle sue
varie componenti (tempistica operativa,
materiali accessori, reagenti, unità di personale,
tempo di refertazione, etc.).
Lo stesso governo politico della domanda
in sanità ha recepito tale messaggio proveniente
dal mondo scientifico, rendendo formale
—Legge Finanziaria 2007- l’intervento
da parte delle Regioni per approvare, entro
il 28 febbraio 2007, un Piano di riorganizzazione
della rete delle strutture pubbliche
di diagnostica di laboratorio anche ai fini
dell’adeguamento degli standard organizzativi
e di personale coerenti con i processi
di efficientamento resi possibili dal ricorso
a metodiche automatizzate (§7, comma l).
In tale contesto uno dei rischi paventati
sotto il profilo scientifico, è quello che
settori specialistici ampiamente presenti
nel laboratorio, quali quello dell’immunochimica,
possano perdere la loro connotazione
peculiare, essendone convogliate e
diluite le competenze in una produzione
ad alta produttività gestionalmente indifferenziata.
In realtà , seguendo le linee guida di implementazione
(sulla base di una puntuale
analisi di tipologia quali/quantitativa delle
attività e degli investimenti), secondo un
modello sequenziale di:
– scelta del modello organizzativo,
– caratteristiche della informatizzazione a
supporto,
– caratteristiche della automazione pre/
post-analitica,
– performances qualitative e di produttività
della strumentazione analitica,
è possibile attuare un modello che —
oltre ad ottimizzare le attività complessive
— consenta attraverso la verifica ed il controllo
dei processi, il controllo della qualità
analitica, i criteri di validazione, la messa
in circolazione dei risultati, di non perdere
assolutamente — ed anzi valorizzare- le
competenze professionali specifiche.
L. Romano
Direttore Laboratori di Analisi AORN “V. Monaldi” — Napoli