Viviamo in un mondo ove il gusto per le forme esteriori (l’apparire) risulta preponderante nei confronti delle più intime esperienze dello spirito umano (l’essere). Ciò può essere colto in ogni singola manifestazione della vita quotidiana riguardando sia il soggetto sano, sempre più proteso a mantenere nel tempo una performance psico-fisica ideale, sia, a maggior ragione, il soggetto ammalato, ossessionato dal non render palese il proprio stato patologico. Trasportando questo concetto a quella grave patologia denominata “sindrome da immunodeficienza acquisita”, non ci resta che ricordare quanto sia stato difficile convincere i nostri pazienti che non sempre le infezioni della fase “conclamata” risultano chiaramente “visibili” ad un occhio inesperto. Eppure una certa filmografia dei primi anni ’90 aveva stressato in modo particolare questa visibilità rendendo un servizio opinabile anche dal punto di vista preventivo (poiché un paziente che non sembrava ammalato…avrebbe dovuto essere per forza sano e, quindi, non infetto !). Questa premessa ci sembrava, a dir poco, doverosa avendo deciso di parlare di lipodistrofia, una gravissima patologia, in parte iatrogena, che affligge i pazienti HIV positivi (in fase asintomatica o conclamata della malattia) che assumono terapie antiretrovirali. La lipodistrofia, infatti, rende visibile la “redistribuzione del grasso cutaneo” farmaco-correlata che, a sua volta, consente l’identificazione del paziente. Per assurdo, mentre film come “Philadelphia” consentivano l’equazione : ”Macchie violacee cutanee = Sarcoma di Kaposi = Ammalato di AIDS”, la lipodistrofia consente il teorema : ”Accumulo di adipe = Paziente in terapia = Infetto da HIV”. Un recente lavoro di Lenert del 2002 ribadisce il concetto che: ”…i 2/3 dei pazienti preferirebbero perdere un anno della vita guadagnata con la terapia piuttosto che sviluppare lipodistrofia !” e ciò ad evidenziare la difficoltà con cui l’ammalato vive questa grave menomazione fisica. D’altro canto, l’aderenza alle terapie diminuisce con lo sviluppo della lipodistrofia (secondo Guaraldi dal 7% al 9%/anno) in conseguenza del fatto che il soggetto trova nel farmaco (e non nel virus !) la causa dei suoi disturbi e della sua “riconoscibilità ” e, pertanto, ne sospende volontariamente l’assunzione. Per il soggetto affetto da infezione da HIV/AIDS il momento della verità è il confronto quotidiano con “lo specchio di casa” mentre ci si fa la barba (per gli uomini) o mentre ci si trucca (per le donne)…sembra già di sentirlo quel grido di sgomento! Ma che cos’è la lipodistrofia ? In realtà si tratta di un insieme di alterazioni morfologiche che coinvolgono la distribuzione del tessuto adiposo nell’organismo e che spesso si associano con alterazioni del metabolismo lipidico e glucidico (sindrome metabolica). Nella maggior parte dei casi i cambiamenti sono visibili ad occhio nudo mentre, altre volte, è necessario ricorrere ad esami strumentali specifici (come la TAC o la DEXA) per poter evidenziare stati lipodistrofici misconosciuti.
Alfredo Franco
Dirigente Medico VIII Divisione di Malattie Infettive
A.O.R.N. “Domenico Cotugno” – NAPOLI