Comunemente si ritiene che l’alimentazione possa essere implicata in circa un terzo di tutte le morti per cancro nei paesi sviluppati, con oscillazioni tra il 20% ed il 50% in rapporto a differenze geografiche. Che la dieta abbia un sicuro ruolo nella genesi dei tumori può, d’altra parte, essere dedotto da una semplice osservazione. Nel corso dell’evoluzione umana, la dieta è andata incontro a notevoli modificazioni. L’homo sapiens, milioni di anni fa, per nutrirsi doveva accontentarsi di ciò che aveva a portata di mano: utilizzava i cibi che la terra spontaneamente produceva ed era dedito alla caccia. La dieta era molto naturale e le malattie nutrizionali rare. Successivamente, coltivando le piante e allevando gli animali, l’uomo iniziò a produrre il cibo e, con l’introduzione dell’agricoltura, la dieta umana divenne meno ricca di proteine e grassi e più ricca di zuccheri. Inoltre, probabilmente diminuì anche il contenuto dietetico di calcio e vitamine del gruppo B. Circa due secoli fa, con l’inizio dell’era industriale, si è resa disponibile una grande varietà di cibi desiderabili da un punto di vista nutrizionale o, se non tali, di certo graditi al palato. Ciò ha contribuito ad aumentare la durata della vita media, ma nello stesso tempo si è osservato un incremento delle malattie croniche, tra cui il cancro. In realtà , pur esistendo ancora carenze nutrizionali anche in alcuni gruppi di nazioni industrializzate (poveri, anziani, alcolizzati, ecc.), l’incremento delle malattie croniche può essere correlato a certi tipi di dieta o all’uso di specifiche sostanze nutritive. Lo studio del ruolo dell’alimentazione nell’etiologia del cancro è reso complesso da una serie di fattori che interagiscono variamente sul rischio di ogni tipo diverso di tumore. La dieta, infatti, non è soltanto fonte di sostanze nutritive, ma serve anche come veicolo di varie altre sostanze che possono avere un’azione favorevole o inibente sul processo di cancerogenesi. Alcune di queste sono additivi (coloranti, dolcificanti, conservanti) ed hanno un’importanza probabilmente minore rispetto a quanto si è portati ad immaginare in considerazione dell’eco che hanno avuto sulla stampa. Altre sono contaminanti artificiali (pesticidi, erbicidi, scarichi industriali), potenzialmente cancerogeni. Esistono, poi, sostanze cancerogene naturali prodotte da piante o funghi (per esempio, aflatossine) o generate durante il processo di cottura dei cibi. Per contro, nei cibi sono state identificate anche sostanze anticancerogene naturali che non hanno valore nutritivo, ma possono essere candidate per l’uso nei programmi di chemioprevenzione. I nutrienti sono classificati in sei gruppi: proteine, zuccheri o carboidrati, grassi, vitamine, minerali e acqua. Solo i primi tre forniscono energia, mentre le vitamine e i minerali possono essere componenti strutturali della materia vivente o partecipare a vari processi metabolici vitali. Nei rapporti tra dieta e cancro, un primo aspetto da considerare è il bilancio energetico (rapporto tra entrate ed uscite in termini di calorie). L’aumento del peso corporeo e l’obesità (bilancio calorico in favore delle entrate) sono stati associati ad almeno tre tumori umani: il carcinoma dell’endometrio, il cancro delle vie biliari e quello della mammella in post-menopausa. A parte la quantità , altri aspetti da considerare sono la composizione e il tipo di alimenti consumati. Sui rapporti tra consumo di carboidrati e cancro non esistono dati sufficienti, al contrario di quanto si verifica per l’uso dei grassi. Una forte correlazione è riportata tra consumo di grassi e incidenza e mortalità per neoplasie in varie sedi: colon-retto, mammella, endometrio, ovaio e prostata. Si discute se ciò sia dovuto alla quantità totale di grassi, al tipo particolare di grassi (saturi, insaturi o polinsaturi), alle calorie apportate dai grassi o a qualche altro fattore associato all’uso di cibi ricchi di grassi. Verosimilmente, una qualche importanza ha il tipo di grasso consumato. In Italia, infatti, nelle regioni del nord, dove i tumori della mammella e del colon-retto sono molto più frequenti, si usano soprattutto burro e grassi saturi animali, mentre nelle regioni meridionali è di uso comune l’olio d’oliva (grassi insaturi). In una serie di studi epidemiologici italiani sui tumori della mammella, endometrio e ovaio, il rischio relativo rispetto alle donne che riferivano minori consumi di grassi è risultato superiore del 20% per consumi intermedi e di oltre il 50% per consumi elevati. Poiché un grammo di grasso fornisce più del doppio delle calorie contenute in un grammo di proteine o carboidrati (9 contro 4 kcal/grammo), è difficile distinguere gli effetti del grasso in sé dagli effetti delle calorie da esso fornite. Inoltre, il consumo di grassi è anche correlato al consumo di carne. La dieta occidentale ha tipicamente un eccesso di proteine, soprattutto di origine animale. Sebbene la carne contenga proteine di alta qualità , oltre che vitamine e minerali, il consumo di carne(soprattutto carni rosse, quali manzo, maiale e agnello) è stato messo in rapporto con un aumento dell’incidenza del carcinoma del colon e della prostata. I cibi di origine animale, tuttavia, sono la parte più importante di grassi saturi della dieta per cui è difficile differenziare il contributo di questi da quello di altri fattori presenti nel cibo. Per esempio, allorché le proteine sono cucinate a temperatura elevata, si formano amine eterocicliche che sono sostanze mutagene in grado di contribuire alla genesi dei tumori. Nel 1975, fu resa molto popolare l’ipotesi che una scarsa introduzione di fibre con la dieta rappresentava un fattore importante nel favorire l’insorgenza del cancro del colon. Per fibre in genere si intendono i componenti indigeribili di prodotti di origine vegetale, ma il termine potrebbe essere esteso anche a varie sostanze, ugualmente indigeribili, di origine animale. Chimicamente, queste sostanze sono molto complesse ed esercitano azioni fisiche e chimiche molto disparate, che rendono difficile l’individuazione di un preciso ruolo nella genesi dei tumori. Molti studi condotti su popolazioni che consumavano diete simili relativamente al contenuto di grassi, ma con contenuto di fibre diverso, hanno dato risultati contrastanti. Tuttavia, l’opinione prevalente è che i cibi ricchi di fibre possono avere un ruolo protettivo, anche se ogni tipo di fibra può modulare il processo di cancerogenesi con meccanismi diversi. Per esempio, un recente studio ha evidenziato che un supplemento dietetico quotidiano di 22.5 g di crusca è stato in grado di ridurre significativamente il numero di polipi adenomatosi (lesioni che possono trasformarsi in cancro) colo-rettali in soggetti con poliposi familiare. Una vasta letteratura scientifica esiste sulle relazioni tra consumo di frutta e verdura e rischio di varie neoplasie. I risultati concordano nell’attribuire un ruolo protettivo, nei confronti del rischio di cancro, ad elevati consumi di frutta e verdura. Il consumo di carote e vegetali verdi, è particolarmente protettivo per i tumori del polmone. Le crucifere (per esempio, cavoli) e le carote hanno, altresì, un effetto favorevole nel ridurre il rischio di tumori dell’apparato gastro-intestinale. Il consumo di frutta sembra ostacolare particolarmente l’insorgenza di tumori del cavo orale, della laringe, dell’esofago e dello stomaco. Complessivamente, si può dire che i maggiori consumatori di frutta e verdura sembrano avere un rischio di tumore minore di circa il 50% rispetto ai soggetti che ne consumano quantità inferiori. Questa azione benefica generale di frutta e verdura appare del tutto comprensibile se si pensa, come ricordato all’inizio, che i nostri progenitori, nel corso di migliaia e migliaia di anni, si sono adattati ad una alimentazione molto varia costituita prevalentemente da prodotti di origine vegetale. Attualmente, non è noto quali siano i componenti di vegetali e frutta dotati del maggior effetto protettivo nei confronti dei tumori. In questi cibi naturali sono contenute più di 100 sostanze potenzialmente benefiche, quali vitamine, minerali, fibre, carotenoidi, flavonoidi, terpeni, steroli, indoli e fenoli. Tuttavia, i tentativi di isolare nutrienti specifici e di somministrarli a dosi farmacologiche per prevenire il cancro in soggetti a rischio non hanno, finora, avuto successo. Un esempio tipico riguarda gli studi randomizzati effettuati con beta-carotene per prevenire il cancro del polmone. Due di essi hanno evidenziato un maggior rischio di sviluppare un cancro del polmone nei fumatori che assumono alte dosi di beta-carotene rispetto a quelli che assumono un placebo. Ciò può significare che un singolo nutriente svolge la sua azione in armonia con gli altri presenti nei cibi e che l’assunzione di uno di essi in dosi elevate può, di conseguenza, essere pericolosa. Pertanto, fino a che non si avranno informazioni più dettagliate sui singoli componenti del cibo, è opportuno consumare vari tipi di vegetali e frutta in forme diverse: freschi, congelati, conservati in scatola, secchi e come succhi. La frutta e la verdura costituiscono un importante veicolo di vitamine. Generalmente, un supplemento di vitamine viene percepito come un fattore importante nella prevenzione e nella terapia di varie malattie, compreso il cancro. L’assunzione quotidiana di vitamine appare poco costosa, semplice, relativamente priva di effetti collaterali e non necessita di prescrizione medica. Inoltre, è diffusa l’opinione che queste sostanze possono contrastare gli effetti avversi della dieta o delle abitudini di vita che è più difficile modificare. Le vitamine sono certamente indispensabili nella dieta, ma bisogna ricordare che le maggiori organizzazioni scientifiche sottolineano l’importanza di provvedere ad un appropriato apporto vitaminico attraverso il consumo di cibi ricchi di vitamine, piuttosto che con l’uso di prodotti del commercio. Pertanto, l’assunzione supplementare di vitamine non è necessaria se l’alimentazione è corretta. Il ruolo della vitamina A nella crescita e nello sviluppo normale di tessuti epiteliali è noto da molti decenni. Di recente, molti studi hanno suggerito che il consumo di cibi ricchi di vitamina A (latte, vegetali verdi) ha un effetto protettivo sull’insorgenza dei tumori. Tuttavia, non è ancora chiaro se un supplemento di tale vitamina nella dieta conferisca un’ulteriore protezione. Lo stesso si può dire per le vitamine D,E e per l’acido folico. Nell’ultimo decennio, molte pubblicazioni hanno riguardato il ruolo della vitamina C nell’etiologia del cancro. Alcune hanno sottolineato la capacità della vitamina di inibire la formazione di nitrosamine, implicate nella genesi del cancro dello stomaco. In verità , non esistono prove certe che un consumo di vitamina C superiore a quello che può essere ottenuto con una dieta ben bilanciata contenente frutta fresca e vegetali sia utile nella prevenzione e nella terapia del cancro. Anche i minerali sono elementi essenziali della dieta. Quelli necessari in grandi quantità (calcio, fosforo, magnesio) sono chiamati macroelementi. Altri sono necessari in tracce (zinco, selenio, fluoro, ferro, rame, iodio, manganese, molibdeno) e sono detti microelementi. Il loro ruolo nel processo di cancerogenesi non è noto, per cui specifiche raccomandazioni per un’assunzione supplementare dovrebbero essere evitate. Recenti studi suggeriscono che il calcio può avere un ruolo protettivo nella trasformazione neoplastica dell’epitelio del colon. Altri studi hanno riportato concentrazioni ematiche di selenio più basse nei pazienti con cancro, ma globalmente le evidenze sembrano inconsistenti. Complessivamente, la dieta è difficilmente standardizzabile. Si possono avere variazioni tra le diverse classi sociali e possono con essa interferire tabacco e alcol. Un elevato consumo di alcol è più frequente nelle classi sociali inferiori e contribuisce all’apporto calorico globale perché esso stesso fornisce calorie. Sebbene l’alcol di per sé non sia cancerogeno nell’animale da esperimento, esistono vari studi epidemiologici evidenzianti che il consumo di bevande alcoliche aumenta il rischio di tumori della cavità orale, della faringe, della laringe e dell’esofago. Una considerazione importante è che il rischio di tumori delle prime vie aereo-digestive aumenta notevolmente allorché all’alcol si associa il fumo. In realtà , l’alcol non potenzia soltanto l’effetto cancerogeno del fumo, ma anche quello di altri agenti cancerogeni che agiscono sulle prime vie aereo-digestive e che sono contenuti nella dieta. Il rischio è soprattutto dovuto al contenuto di etanolo ed aumenta con l’aumentare di questo. Pertanto, sebbene le bevande alcoliche “forti” siano quelle maggiormente incriminate, le differenze tra i vari tipi di bevande tendono a scomparire allorché si considerano quantità simili di alcol. Appare evidente, pertanto, che tre dei principali determinanti del rischio di cancro (fumo di sigaretta, alcool, livello socio-economico) risultano strettamente correlati alle abitudini dietetiche e possono, quindi, modificare l’associazione tra dieta e cancro. Appare, anche, evidente come la complessità delle inter-relazioni tra i vari fattori esaminati renda difficile, se non addirittura impossibile, l’identificazione di una specifica dieta anti-cancro. Tuttavia, sulla base di quanto sopra riportato, alcune lineeguida possono essere tracciate. Una dieta a rischio per tumori è quella che oggi viene tendenzialmente seguita nei paesi nord europei e nord americani. Di consumo eccessivo di carne, di grassi animali (direttamente introdotti con gli alimenti o utilizzati per la cottura) e di dolci, unitamente ad un elevato uso di alcolici e superalcoloci, è prevalentemente costituita l’alimentazione dei paesi che i media ci propongono come i più avanzati. Questo modello alimentare, anche se errato, ci viene oggi proposto, sia pure indirettamente, in maniera così forte e persuasiva che rischiamo di modificare la nostra alimentazione tradizionale attualmente riconosciuta come quella più efficace per contrastare i tumori: l’alimentazione mediterranea. Il concetto di dieta mediterranea non è nuovo. Già nel XVII secolo, Giacomo Castelvetro pubblicò un libro che descriveva i tratti salienti dell’alimentazione italiana, ricca di frutta e verdura, alimenti che venivano consumati pochissimo in Inghilterra, paese dove si era rifugiato perché perseguitato dalla Santa Inquisizione. Dopo aver vissuto per alcuni anni in Inghilterra, Castelvetro cercò di convincere gli inglesi a modificare le proprie abitudini alimentari, perché poco salutari e poco gradevoli dal punto di vista organolettico, e di adottare il regime alimentare tipico italiano, ricco di alimenti vegetali e di prelibatezze culinarie. Molto più recentemente la dieta mediterranea è stata utilizzata come modello per stabilire un regime alimentare che potesse prevenire le più importanti malattie cronico-degenerative, dalle malattie cardiovascolari ai tumori. Nel 1993, la Conferenza Internazionale di Boston sulle Diete del Mediterraneo aveva evidenziato alcune caratteristiche comuni degli abitanti del bacino del mediterraneo: l’aspettativa di vita, che era una delle più alte al mondo e la bassa incidenza di alcune patologie croniche, come malattie cardiovascolari ed alcuni tumori. La dieta mediterranea, così come era stata rilevata, era caratterizzata da: — consumo abbondante di alimenti di origine vegetale (frutta, verdura, legumi, cereali e derivati, patate, noci e semi); — utilizzo di olio di oliva come condimento e di alimenti derivati dal latte (yogurt, formaggi freschi); — consumo moderato di pesce, pollame e uova; — consumo saltuario di carne rossa; — consumo moderato di vino durante i pasti. Attualmente, i risultati dei più importanti studi di epidemiologia nutrizionale, non solo in Italia, hanno evidenziato come questo stile di vita alimentare rispecchi la maggior parte delle indicazioni nutrizionali nel campo della prevenzione delle malattie cronico-degenerative, soprattutto dei tumori. La caratteristica tipica di questa dieta è il basso contenuto calorico determinato dall’assunzione prevalente di alimenti poveri di calorie (frutta e verdura) al posto di alimenti ricchi di calorie. Secondo il modello alimentare mediterraneo, alla base dell’alimentazione di un individuo sano dovrebbero essere gli alimenti appartenenti alla categoria dei cereali e loro derivati (pane e pasta), dai quali deve provenire la quota maggiore dell’apporto calorico giornaliero. I cereali contengono vitamine, soprattutto del gruppo B, fibre e sali minerali. Accanto ai cereali possiamo collocare gli altri alimenti di origine vegetale, quali frutta e verdura. Il loro apporto calorico e proteico, con l’eccezione dei legumi, è però scarso e non consente di definire completa un’alimentazione a base di soli cereali, soprattutto nel periodo della crescita. àˆ necessario, quindi, l’apporto di proteine fornite dai prodotti di origine animale. La sostituzione totale della carne non è un buon consiglio nutrizionale specie nel caso di periodi particolari come l’accrescimento. La carne rossa, però, dovrebbe in gran parte essere sostituita con carni bianche e con altri tipi di alimenti proteici, specie il pesce ma anche le uova e i latticini. La corretta alimentazione mediterranea comprende, perciò, una varietà di alimenti molto ampia. Eliminare totalmente una o l’altra delle categorie alimentari, ad eccezione delle bevande alcoliche, non è una indicazione corretta, anzi può essere diseducativa nei confronti delle generazioni più giovani. Le indicazioni generali che si possono ricavare sono perciò molto semplici e facilmente riassumibili Nella dieta di tutti i giorni è preferibile compaiano prevalentemente cereali, frutta e verdura freschi, associati ad un consumo moderato di alimenti di origine animale. Una particolare attenzione va posta nella scelta dei grassi utilizzati come condimento. Nella maggior parte degli studi, infatti, segno distintivo di una corretta alimentazione è l’uso dell’olio di oliva al posto dei grassi di origine animale. Gli studi compiuti in Grecia, in Spagna e in Italia hanno confermato il ruolo favorevole svolto dai grassi di origine vegetale nella prevenzione del tumore della mammella. L’olio d’oliva, oltre a fornire quantità elevate di vitamine A ed E, è fonte di sostanze antiossidanti e, quindi, detossificanti. Inoltre, nell’alimentazione di tipo mediterraneo, il consumo di olio d’oliva si associa al consumo di verdure cotte e crude che rappresentano, a loro volta, un fattore di protezione per viarie neoplasie, quali i tumori del colon-retto, della mammella e delle prime vie aereo-digestive. Dati epidemiologici italiani suggeriscono complessivamente che l’associazione protettiva di frutta e verdura per i tumori della mammella e dell’apparato digerente potrebbe essere ulteriormente aumentata se rendessimo con qualche vegetale in più la nostra dieta meno ipercalorica, cosa che attualmente avviene per la quantità eccessiva di pane e pasta da noi consumata. La diminuzione dell’apporto calorico può essere ottenuta sostituendo una o più porzioni di pasta settimanali con altrettante porzioni di verdura, raggiungendo così il duplice scopo di abbassare l’introito calorico ed aumentare l’assunzione di vitamine, fibre e sostanze antiossidanti.
Massimo Lopez
Tratto dal libro “Cancro: conoscerlo per imparare a sconfiggerlo” scritto dal Prof. Massimo Lopez Direttore Divisione di Oncologia Medica B istituto Nazionale Tumori “Regina Elena” Roma