I complessi rapporti esistenti tra omeostasi e stress hanno come assunto di base che esistono nell’individuo dei meccanismi di autoregolazione, i quali, anche al variare delle condizioni esterne ed interne, cercano una stabilità di “condizione omeostatica“.Tre principi sono alla base dell’ omeostasi degli organismi viventi, e tutti gli apparati del corpo e della mente vi partecipano perché necessari alla sopravvivenza.Il recettore, che percepisce le condizioni esterne e interne.Il controllo, che dopo aver valutato le condizioni rilevate dal ricettore le confronta con quelle ritenute, al momento, di equilibrio, per il soggetto.L’effettore, che si attiva per ristabilire le condizioni omeostatiche .Questo meccanismo a retroazione (feedback), può tendere a ripristinare le condizioni iniziali, riportandole a ciò che erano prima che intervenisse uno stimolo interno o esterno. Ovvero la risposta è di segno opposto allo stimolo destabilizzante. Oppure rinforza l’azione dello stimolo ancorandolo e rinforzandolo anziché rimuoverlo.Ma cosa accade quando l’omeostasi non è raggiungibile così facilmente attraverso il sistema descritto? Se si “distrugge” per uno stressor troppo elevato l’equilibrio precedente e si innesta una situazione conflittuale ansiogena non gestibile che genera uno stress elevato?Sappiamo che l’ansia generata ad un livello accettabile si utilizza in maniera positiva trasformandola in energia che può apportare gratificazioni. Ma se il tasso d’ansia generato è troppo alto si determina una patologia di tipo psichico o di tipo somatico.Secondo Bahnson (1969), gli eventi stressanti producono una regressione dell’organismo. Questa regressione genera tensione che può essere scaricata attraverso la psiche o il soma. Ribadisce Bahnson: il soggetto può agire sull’ambiente con fantasie o azioni reali, o distacca le rappresentazioni funzionali del pensiero dal vissuto cosciente e dall’azione. Si ha così l’elusione dei livelli superiori neocorticali e la conversione biologico-somatica.Questa scelta di conversione psicologica o somatica è determinata da due meccanismi di difesa: proiezione e spostamento – rimozione e diniego.La conversione psicologica genera: a) psicosi, b) nevrosi. La conversione fisiologica genera: a) reazione psicosomatica.I casi limite generano: alternanza o osmosi della conversione.Ma quali sono gli eventi stressor che di solito sono distruttivi e conflittuali per l’omeostasi dell’individuo? Molte ricerche scientifiche evidenziano tali eventi. Ne riportiamo un elenco, stilato secondo un ordine graduale statistico, che ci sembra abbastanza esaustivo:_ Morte – separazione – malattia – imprigionamento del coniuge._ Morte di un parente stretto._ Incidente o malattia._ Rapporto non istituzionalizzato._ Licenziamento del coniuge o proprio._ Problemi sessuali._ Problemi economici._ Problemi di troppi figli._ Contrasti con il coniuge._ Problemi con parenti acquisiti._ Successo in un lavoro in cui la gravidanza è limitante._ Necessario cambiamento dell’impiego del tempo libero._ Elaborazione del lutto della propria immagine corporea._ Elaborazione della propria immagine sessuale._ Elaborazione della propria immagine sociale legata al ruolo._ Contrazione della libertà .Appare chiara, a questo punto, la compromissione di ordine psicologico a cui questa serie di eventi può indurre. Da un punto di vista strettamente psicoanalitico, possiamo specificare che la conversione è un meccanismo di difesa che dà luogo a sintomi osservabili: “Essa consiste in una trasposizione di un conflitto psichico e in un tentativo di risolverlo in sintomi somatici…Ciò che specifica i sintomi di conversione è il loro significato simbolico: essi esprimono, mediante il corpo, rappresentazioni rimosse” (Laplanche-Polantis, 1968).Per Freud, nei sintomi corporei si esprimono le rappresentazioni rimosse, deformate dai meccanismi di condensazione e di spostamento. C’è da dire che l’ontogenesi del linguaggio e di tutti i processi simbolici risiede nella percezione e concettualizzazione del corpo. Partendo dall’intuizione che ad ogni fase fisiologica corrisponde la formazione di rappresentazioni psichiche, Freud arrivò ad osservare che la stessa formazione dell’Io avrebbe origine dalla percezione e dall’investimento libidico degli organi corrispondenti. Anche lo studio delle malattie e dei loro sintomi si rivela importante per quello della funzione dell’Io. Si evince dunque un modello somato – psichico e psico – somatico. L’evoluzione produce un distacco graduale del mentale dal somatico, sicchè si arriva ad una equazione “mentale = mentale” che progressivamente annulla quella “somatico = mentale” e “mentale = somatico”. In questa operazione bisogna evitare due rischi: il primo è quello di rimuovere il biologico dallo psichico, il secondo è quello di soffocare le emozioni a livello mentale e di esprimerle solo a livello fisico.Freud fornì la base per comprendere la psicologia dei sintomi fisici. Nella sua concezione i sintomi fisici di carattere psicogeno mantengono il loro significato simbolico e così la frontiera fisiologica non viene oltrepassata. In seguito, Freud utilizzerà i meccanismi di conversione ed identificazione per spiegare la comparsa dei sintomi fisici psicogeni. Il primo meccanismo sconvolge il sistema fantasmatico; allo stesso modo succede per l’identificazione. Il sintomo somatico psicogeno sostituisce una soddisfazione pulsionale inespressa. E’ in qualche modo il risultato di una difesa dell’Io.Freud riteneva altresì che esistessero disturbi somatici psicogeni indotti da una inibizione dell’Io, sintomi dunque atti a soddisfare l’inibizione dell’Io e non la pulsione sottostante. Egli ha dunque fornito uno schema esplicativo di tipo psicologico dei disturbi fisici psicogeni, i quali, clinicamente parlando, sono manifestazioni isteriche di conversione sintomatiche di aspetti inibitori da parte dell’Io (Petrosino, 1992).Ma da cosa è determinata la scelta della conversione psicosomatica? Dal rapporto che si vive con il proprio inconscio.Nella conversione fisiologica “sembra che il soggetto abbia tagliato i ponti con il proprio inconscio (inibizione fantasmatica), che non riesca a distinguere se stesso diverso dagli altri, ma si riconosca totalmente negli altri, con forti difficoltà di auto – identificazione.Conseguentemente, vi è una totale incapacità di introiettare l’altro proprio perchè il soggetto riproduce se stesso come uno stereotipo”.”Se il paziente psicosomatico percepisce nell’altro una tale particolarità che non può essere riportata al proprio sé o Super-Io, esso interrompe la relazione”.”Riassumendo quindi possiamo dire:vi è una diversità di struttura mentale tra il paziente psicosomatico e il paziente nevrotico;la patologia somatica si determina per l’incapacità di convogliare l’energia psichica in strutture nevrotiche in modo che tale energia si scarica a livello somatico;vi è una estrema povertà di vita fantasmatica, con un pensiero legato alla realtà concreta (pensiero operativo);vi è difficoltà nel compiere introiezioni e proiezioni” (Sgarro, 1984).La medicina globale – olistica tende ad affermare la unicità dell’uomo negando la dicotomia psiche – soma.La medicina moderna influenzata dal positivismo ha annichilito la componente psicoaffetiva e psicosociale del malato, considerando con Virchow la malattia come “malattia di organi e di cellule” (1902).Oggi fortunatamente “il medico moderno si deve abituare a vedere i conflitti emotivi concretamente e realisticamente come fossero altrettanti microrganismi patogeni” (Alexander, 1968). Per una esatta diagnosi bisogna annoverare accanto alle caratteristiche genetiche o alle noxae esterne, i processi patogeni derivanti dalle esperienze emotive.Già nell’antica Grecia Ippocrate aveva una concezione olistica dell’uomo e quindi del malato, già nell’antica filosofia orientale non vi è la netta scissione mente-corpo, ma il termine psicosomatico è stato coniato solo nel 1818 da Heinroth e corretto nel 1927 da Felix Deutsch, che cancella il trattino tra i due termini per sottolinearne l’osmosi ed eluderne il dualismo, caratteristica della cultura occidentale.Oltre alla corrente psicoanalitica, con Groddeck, Abrahms e Ferenczi, E. Jones, F. ALexander ecc., alla concezione psicosomatica giungono altre correnti psicologiche, quali quella culturalista americana di K. Horney, E. Fromm, H. S. Sullivan di derivazione psicoanalitica, quella comportamentista, la scuola sovietica con Pavlov e Bykov, la concezione di Kurt Lewin che deriva dalla Gestalt, la teoria psicofisiologica di New York con Wolff, fino alla scuola di sfondo esistenziale con Binswanger, Boss ed altri.Nella psicosomatica moderna, fondamentali sono il contributo della scuola psicoanalitica francese con Fain, Marty e Davin e, in particolare per la comprensione della somatizzazione, le ricerche di Sifneos e di Lipowsky.Sifneos osserva che la maggior parte dei malati psicosomatici sono alexitimici. La traduzione letteraria di alexitimia è “mancanza di parole nell’esprimere emozioni”. Si riscontrerebbe una povertà della vita emozionale ed una carenza di quella fantasmatica. Il soggetto vivrebbe una disgregazione che gli impedirebbe la più elevata modalità espressiva, la comunicazione verbale, utilizzando invece il linguaggio del corpo. Il meccanismo di difesa dell’Io utilizzato particolarmente è la regressione, con la quale si ritorna ad uno sviluppo anteriore, quindi si recede a modalità di rapporto oggettuale di stadi evolutivi pregenitali, allo scopo di sottrarsi a situazioni sentite come minacciose.La personalità di base del malato psicosomatico presenta un difetto nell’uso del pensiero simbolico. Egli non sa usare la fantasia. Evita infatti il contatto con la vita mentale interna sia come fantasia che come emozione. E’ come se avesse un’aderenza patologica alla corporeità degli oggetti e considerasse le parole solo in senso utilitaristico e descrittivo.Lipowsky afferma che il tipo alexitimico è un soggetto a rischio per la insorgenza della malattia. La percezione esteriore che si ha di questi soggetti è che vivono un ottimo adattamento sociale disturbato solo dagli effetti del sintomo.Quando il mondo fantasmatico è represso e le sue manifestazioni sono negate alla coscienza, il soggetto viene sopraffatto dai derivati di questi elementi e genera somatizzazioni (Petrosino, 1992). Dal punto di vista scientifico generale, possiamo quindi distinguere tra malattie per l’insorgere delle quali sono predominanti i fattori biologici, tossico-infettivi, traumatici o genetici e quelle per le quali sono determinanti i fattori psico-sociali (emozioni e conflitti).La conversione da stress avviene in rapporto a questo secondo tipo di fattori. Di fronte ai fattori stressanti, nel nostro organismo si attivano tre sistemi: il sistema endocrino, il sistema neuro-vegetativo ed il sistema immunitario. Nel primo si modifica la produzione di adrenalina, noradrenalina, cortisolo, l’ormone della crescita, la prolattina, gli ormoni tiroidei, diminuiscono gli ormoni sessuali, aumentano colesterolo e trigliceridi. Il sistema nervoso-vegetativo utilizza cospicue quantità di adrenalina, noradrenalina e cortisolo per respingere l’assalto dello stress: aumenta il battito cardiaco e la pressione arteriosa, si accelera la funzione delle ghiandole surrenali, del fegato e del cervello. Il sistema immunitario, invece, subisce un decremento di funzionalità .Determinante in tutta questa tempesta organica generata dallo stress è soprattutto il ruolo che svolge il cortisolo, che viene prodotto dalle ghiandole surrenali nella fase di allarme organico e influenza il metabolismo degli zuccheri, aumenta l’energia disponibile in tutto il corpo e ne potenzia le difese immunitarie sul piano antinfiammatorio e antiallergico. Nel lungo periodo questo effetto diventa inverso, abbassando le stesse difese immunitarie dell’organismo ed esponendolo al rischio di malattie cosiddette da adattamento o al cosiddetto distress o stress cronico.In questi casi si verificano alterazioni nell’assorbimento di serotonina, noradrenalina e dopamina. Come si sa, la serotonina regola il ritmo circadiano e del sonno, la temperatura corporea, la contrazione della muscolatura liscia dei vasi sanguigni, dell’intestino, dei bronchi, dell’utero e della vescica. La noradrenalina media la trasmissione sinaptica, controlla il tono dei vasi, la muscolatura intestinale, la produzione dell’insulina, la scissione epatica del glicogeno in zuccheri. La dopamina sovrintende alla produzione di endorfine, che regolano le sensazioni di dolore e di piacere.Le alterazioni di tutti questi processi organici, dovute alla mancata omeostasi di fronte all’assalto dello stress, possono produrre disfunzioni e malattie nei vari distretti organici (in uno di essi o in più distretti).Cuore. Possono prodursi tachicardie, irregolarità del ritmo (extrasistoli), dolori al centro del petto, ipertensione e infarto.Polmoni. Gli effetti vanno dall’asma bronchiale all’iperventilazione, ad un respiro troppo rapido o superficiale, che può produrre danni al cuore e al cervello.Distretto gastro-intestinale. I sintomi sono l’irritazione del colon, la diarrea, la stipsi e i dolori addominali, un senso di pienezza eccessiva dopo i pasti, sino a quelli dell’ulcera e del morbo di Chron.Sistema endocrino. Possono risultare danneggiate le ghiandole endocrine, tra cui il pancreas, i reni e la tiroide. Lo stress può portare anche all’insorgere di alcune tipologie di diabete.Livello uro-genitale. L’ansia cronica può determinare l’eiaculazione precoce e la diminuzione della libido, nell’uomo e ancor più nella donna.Cute. Eccessiva sudorazione delle mani o dei piedi, prurito, tricotilomania (lo strapparsi i capelli o le ciglia). Abbiamo in precedenza accennato alla tendenza dell’indirizzo riduzionista a scomporre la fisiopatologia psicosomatica in specifiche condizioni topiche e caratteriali, considerandole entità indipendenti tra loro. Ciò porta alla suddivisione delle competenze tra le varie discipline cliniche e a facilitare il dinamismo della malattia psicosomatica nei singoli distretti organici. Di qui l’insorgere di patologie che possono diventare anche irreversibili. Vogliamo concludere ribadendo come l’impostazione olistica, che ricava i suoi orientamenti da una visione non frazionata ma globale dei problemi, consenta invece di limitare al minimo questo rischio, giacché rafforza l’unità funzionale del sistema organico e la sua resistenza alla disgregazione patologica. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIAbraham K.( 1927), Opere, Torino, Boringhieri, 1975.Alexander F., Medicina psicosomatica (1950), Giunti Barbera, Firenze, 1951.Bahnson G.B., Psycophisiological complementary in malignancies: past work and future vistas, Ann. N. Y. Acad. Sci, 1969.Binswanger L., Per un’antropologia fenomenologica, Feltrinelli, Milano, 1970.Cannon W.B., La saggezza del corpo (1932), Bompiani, Milano, 1956
Rosaria Sonia Petrosino
Dipartimento di Scienze Mediche Preventive, Facoltà di Medicina e chirurgia, Università di Napoli Federico II