Descritto e praticato sporadicamente nella storia della medicina prima del XX secolo, definito dal punto di vista tecnico a partire dai primissimi decenni del ‘900 e reso sicuro per la madre ed il neonato, con una mortalità materna attualmente pari a 1:10.000, il taglio cesareo negli ultimi anni è stato ampiamente utilizzato come modalità d’espletamento del parto, con frequenze che si collocano tra il 25-50%.
Già i dati OCSE 2002 stimavano 311.1 tagli cesarei ogni mille nati vivi in Italia, 198 in Germania, 159.2 in Belgio, 154.7 in Francia, 144 in Svezia, conferendo all’Italia una posizione dominante e ben lontana da quella quota massima pari al 15% sancita nel 1985 dal WHO. Negli ultimi decenni in Italia il ricorso al taglio cesareo ha subito, infatti, un costante incremento: dall’11.2% del 1980 al 37.7% del 2004. Nel 2006 è stato praticato nel 44.2% delle nascite avvenute nel Lazio, e similmente in Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Molise e Calabria; mentre in Lombardia, Veneto e Toscana la frequenza si è attestata sotto il 30%. La sola regione che ha confermato il tasso inferiore è risultata essere il Friuli (22%) .
Tale eccessivo ricorso al taglio cesareo ha imposto una valutazione critica del fenomeno: a determinarlo sono stati numerosi fattori di ordine culturale, sociale, medico-legale, antropologico ed economico. La stessa richiesta inoltrata dalla donna o dalla coppia ne ha implementato il numero, sfuggendo ad una reale indicazione. A conferma vi è un recente audit svoltosi in Inghilterra, Scozia e Nord Irlanda nel periodo 2000-01 che ha documentato un tasso di tagli cesarei pari al 21.5%, di cui il 7% su esclusiva richiesta della donna.
E’ in tal contesto che si inserisce il richiamo da parte dell’OMS a garantire il massimo beneficio complessivo per la madre e il feto, affermando che l’eccesso di tagli cesarei non sembra tenere conto dei maggiori rischi rilevati per la salute materna e neonatale. In considerazione della tendenza italiana al maggior impiego della modalità chirurgica e con l’obiettivo di disciplinare il ricorso al taglio cesareo, nel 2006 sono state revisionate le Linee Guida sul taglio Cesareo, elaborate nel 1999, nell’ambito di un progetto sostenuto da Laziosanità -Agenzia di Sanità Pubblica. Risale, invece, allo scorso novembre l’incontro della SIPPO (Società di Psicoprofilassi Ostetrica) a Roma per la condivisione delle linee guida sul taglio cesareo, mentre è di gennaio 2010 la diffusione, da parte dell’Istituto Superiore di Sanità , di Linee Guida come scelta appropriata e consapevole del taglio cesareo. L’aspetto innovativo in esse contenuto è relativo all’importanza assegnata alla comunicazione medico-paziente, che deve essere caratterizzata da un’adeguata informazione, basata su prove scientifiche relative alla gestazione e alle diverse modalità di parto, e finalizzata alla riduzione della paura del parto, all’ansia e al conflitto decisionale ad esso correlato.
Bibliografia
-WHO. World Health Organization. Appropriate technology for birth. Lancet 1985; 2:436-7
-Joseph KS. Changes in maternal characteristics and obstetric practice and recent increases in primary caesarean delivery. Obstet and Gynecol 2003; 102:791-800
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-Ministero della Salute. Direzione generale della programmazione sanitaria, sistema informativo sanitario. Rapporto annuale sulle attività di ricovero ospedaliero. Dati SDO 2000
-Robson MS. Can we reduce the caesarean section rate? Best Practice & Research Clinical Obstet Gynecol 2001;15:179-194
-Istituto Superiore di sanità . Sistema nazionale per le Linee Guida. Taglio Cesareo. Una scelta appropriata e consapevole. Gennaio 2010
Stefania Triunfo
Dipartimento della tutela della salute della donna e della vita nascente