Nella cellula, ogni reazione chimica avviene per la presenza di strutture chiamati enzimi. Gli enzimi sono proteine (ad eccezione di piccoli gruppi di molecole di RNA catalitico) con un elevato grado di specificità per i loro substrati, con attività catalitica, che dipende dall’integrità della loro conformazione proteica nativa. Infatti se l’enzima viene denaturato o dissociato in subunità , perde la sua proprietà catalitica. Essi accelerano specifiche reazioni chimiche ed operano in soluzioni acquose ad un pH ottimale, tendenzialmente neutro ed ad una temperatura intorno ai 37°, situazioni in cui la loro attività diventa massima. La catalisi enzimatica delle reazioni è un processo essenziale per gli organismi viventi, tanto che le reazioni non catalizzate tendono ad essere troppo lente. Spesso però questi sistemi, per funzionare da catalizzatori, necessitano della presenza di uno o più ioni metallici o di molecole organiche. Alcuni enzimi hanno bisogno di componenti chimici aggiuntivi chiamati cofattori. Questi possono essere o ioni metallici o molecole organiche (di solito sostanze organiche essenziali quali le vitamine, chiamati coenzima,) entrambi necessari per l’attivazione dell’enzima.
Gli oligoelementi (Mn, Cu, Co, Ag, Al, I, Zn, …) (dal greco: oligo, poco) sono elementi chimici, minerali in maggior parte e metalloidi in quantità minore, presenti in tracce nell’organismo umano, ma anche in altri sistemi viventi, come animali e vegetali, sono indispensabili alla vita. Sono dei biocatalizzatori, cioè sostanze che rendono possibile ed accelerano una reazione chimica, senza peraltro possedere una propria azione, ma sono indispensabili alla vita. Sono quindi il “centro attivo” dell’enzima. Sono cioè quelle sostanze che aggiunte in piccolissima quantità in un sistema, contribuiscono ad aumentare la velocità di reazione. Forniscono vie di reazione più agevoli e trasformano una reazione lenta in una più veloce. Gli oligoelementi rappresentano quindi i cofattori di diversi tipi di enzimi. Gli enzimi che contengono nella loro molecola un elemento traccia sono chiamati metallo-enzimi, mentre quelli che funzionano solo in presenza di un oligoelemento, si chiamano enzimi metallo-attivati. E’ da precisare che quando hanno questa caratteristica si dice che hanno un ruolo funzionale, ma non sempre i metalli o metalloidi sono presenti a livello enzimatico, ma a seconda della natura della molecola con cui si legano, possono avere una funzione diversa. Cioè possono avere un ruolo strutturale, quando la molecola con cui crea il legame è una sostanza non enzimatica (es. nell’emoglobina, transferrina, cerulo plasmina, tiroxina, vitamina B12, …). L’aspetto che interessa in questo articolo è il loro ruolo funzionale, che sostanzialmente è un ruolo terapeutico. L’oligoterapia è quindi la disciplina che studia l’uso terapeutico e le diverse modalità di utilizzo degli oligoelementi. I primi studi risalgono all’800 e si devono a Roulin, Pasteur, Bertrand e Javillier essi dimostrarono che questi elementi-traccia sono essenziali per lo svolgimento delle reazioni biochimiche. Infatti, attraverso gli studi dei metalli traccia sui microrganismi, ad esempio osservarono come in coltura, certi lieviti non riescano a svilupparsi in assenza di manganese. Così pure se i valori di oligoelemento superano una determinata soglia, si verificano effetti inibitori, cioè un’azione opposta rispetto a quella che si ottiene a concentrazioni inferiori. Invece, Sebatier e Senderns scoprirono la catalisi e le sue applicazioni. Mentre il padre dell’oligoterapia è il medico francese Jacques Menetrier.
Si è parlato di oligoelementi essenziali, in quanto svolgono un ruolo fisiologico assolutamente indispensabile per l’organismo umano e quindi per la vita. E’definito oligoelemento essenziale quell’elemento traccia che possiede caratteristiche ben precise: è presente in tutti i tessuti sani e in tutti gli organismi, ha una concentrazione costante, se si riduce determina delle alterazioni strutturali e fisiologiche in diversi distretti, se riportato a dosi normali, previene o guarisce le problematiche provocate dallo stato carenziale stesso.
Va sempre ricordato che l’azione catalitica non è mai proporzionale alla quantità di oligoelementi presenti. Quindi nell’individuo bassi livelli ematici di un determinato elemento non indicano che il processo catalitico da esso esplicato sia insufficiente, poiché c’è una concentrazione residua che può conservare tutto il potenziale catalitico. Vale anche il viceversa e cioè che normali livelli ematici possono mascherare un deficit altrimenti evidente.
Gli oligoelementi sono coinvolti in tutti i processi metabolici responsabili dell’equilibrio biologico. Sono quindi impiegati ai fini di regolazione, cioè cataliticamente attiva, ovvero in una forma in cui conserva tutta la capacità di riattivare e stimolare reazioni momentaneamente rallentate o ritardate. Quindi gli oligoelementi si potrebbero definire come rimedi specifici per il trattamento regolativo dei disturbi del substrato.
Tutti gli organismi viventi necessitano, per le loro funzioni, della presenza di metalli, anche se in quantità molto limitata. Possono essere sotto forma di ioni metallo (quali rame, cobalto, zinco o manganese) e nelle cellule sono come biocomplessi stabili, mentre sodio, potassio e magnesio sono presenti come cationi liberi. Qualunque sia la funzione fisiologica degli ioni metallo, essi seguono, nell’organismo, la stessa via metabolica dell’ossigeno. Vengono dapprima immagazzinati, quindi trasportati dalle proteine a cui si legano. Bisogna anche considerare che i metalli più pesanti si associano ai leganti azotati, solforati e carbonati, mentre i metalli come magnesio si combinano più frequentemente con gruppi fosfato o carbossile, cioè con leganti dell’ossigeno. Come si è già detto il metallo costituisce il centro attivo dell’enzima, la cui efficacia aumenta con la concentrazione del cofattore, secondo una curva a iperbole. Questo significa che il potere catalitico di uno ione dipende quindi dalla sua capacità di formare complessi con determinate proteine, le quali, senza tale metallo, costituiscono semplicemente apoenzimi, cioè parte priva del cofattore, quindi la parte inattiva dell’enzima.
A questo punto è importante distinguere tra due approcci terapeutici che potrebbero sembrare simili, ma che espletano funzioni su piani diversi. L’utilizzo del metallo in caso di deficit (es. ferro per le anemie ipocromiche) o l’utilizzo di un oligoelementi per ottenere un effetto catalitico (es. rame per promuovere l’assorbimento del ferro). Questo indica che la correzione di uno stato carenziale richiede l’utilizzo di dosi importanti, mentre un impiego regolarizzatore, richiede un quantitativo “traccia”, cioè un quantitativo in grado di ripristinare il normale metabolismo, anche in casi in cui ci sia un evidente deficit ponderale dell’elemento interessato.
Qualunque sia la patologia vi è sempre una componente funzionale. Una grave disfunzione a carico di un qualsiasi meccanismo, se supera un determinato limite, comporta un disturbo generalmente caratteristico, accompagnato da uno o più sintomi, che possono condurre alla patologia. Se invece la situazione si modifica lentamente e gradualmente, le capacità di compensazione portano ad una sorta di “deragliamento” metabolico, uno stato che si definisce malattia funzionale. Vi è quindi un periodo di alterazione delle funzioni di compenso, che precede o segue una malattia. In questo periodo la sintomatologia è molto sfumata. In questo stato non ben definito di disfunzioni ed alterazioni non specifiche per definire una malattia vera e propria, è possibile utilizzare una terapia regolarizzante, cioè una terapia che sia in grado di ripristinare la normale fisiologia dei processi metabolici, attraverso l’apporto di fattori catalitici che danno all’organismo la possibilità di ristabilire l’equilibrio in maniera autonoma. Si può quindi definire come terapia di “terreno”, ovvero sia la predisposizione a contrarre o a manifestare certe patologie come conseguenza di una carenza di minerali che provocano blocchi a livello enzimatico o rallentamenti del metabolismo, in quanto interviene su stadi reversibili prelesionali. Comunque, anche in seguito alla comparsa di modificazioni istologiche o gravi disturbi metabolici, la terapia con oligoelementi può essere considerata come terapia di supporto a qualsiasi altra metodica classica.
E’ logico, a questo punto, dire, che una carenza di un oligoelemento sarà certamente causa di un blocco, anche parziale e quindi motivo di un deficit funzionale, riflettendosi negativamente sulla salute del soggetto in questione. Si ha cioè uno stato intermedio fra lo stato di salute e la malattia lesionale. Sono cioè semplici disfunzioni dell’organismo, senza che diano segni né agli esami strumentali, né agli esami di laboratorio. Se si corregge la carenza, si riporta il sistema in uno stato di equilibrio e quindi si ottiene il ripristino a regime del metabolismo. Le carenze possono essere determinate da cause diverse: lo stress quotidiano, problemi di scarso assorbimento o scarso apporto a causa di alimentazione non corretta o patologie sottostanti che impediscono l’adeguato assorbimento, ma anche l’utilizzo in agricoltura di sostanze di natura chimica che vengono assunte attraverso gli alimenti e che inducono chelazione nei confronti degli atomi metallici. La chelazione è una reazione chimica in cui uno atomo metallico viene legato ad un reagente detto chelante. La struttura del composto risultante è molto stabile. Questo principio è sfruttato dall’organismo umano come ad esempio fra l’emoglobina e il ferro a cui si lega, mentre in terapia si sfrutta questo principio nel trattamento delle intossicazioni da metalli pesanti. Nel momento che il metallo è chelato perde le sue caratteristiche e può venire eliminato. Tutti i chelanti depauperano l’organismo di minerali.
Bisogna precisare che la terapia con gli oligoelementi non è una terapia omeopatica, anche se i bassi dosaggi potrebbero ingannare. Il catalizzatore che viene somministrato è sì di pochi microgrammi su millilitro, ma sufficiente a regolare i vari processi metabolici a cui partecipano gli enzimi. E’ cioè uno stesso elemento che presiede ad una serie di reazioni biochimiche, quindi connesso con fenomeni dismetabolici, prelesionali, …, costituisce a tutti gli effetti una terapia funzionale.
In commercio di solito si trovano oligoelementi in forma gluconata, perché offrono i maggiori benefici, che possono essere così riassunti: facilitata dissociazione; assenza di effetti tossici o irritanti, ottima stabilità nel tempo, biodisponibilità e sapore gradevole. Secondo Bertrand i gluconati dovrebbero essere preferiti ad altre sostanze. Infatti l’acido gluconico è un prodotto dell’ossidazione del glucosio. Il glucosio ha una funzione cardine in tutte le reazioni metaboliche siano esse lipidiche, glicidiche e protidiche. L’acido è ottenuto direttamente dal glucosio-6-fosfato, cioè la parte attiva del glucosio. I diversi gluconati metallici partecipano in larga misura alle reazioni metaboliche fisiologiche e quindi costituiscono la migliore garanzia per l’utilizzo. L’acido gluconico o i gluconati possono venire trasformati in acido glucuronico e quest’ultimo è un elemento che protegge dagli intrusi, infatti vi è la coniugazione di farmaci, tossine ambientali, ed agenti cancerogeni con il glucuronato che produce derivati molto più solubili in acqua che quindi possono essere eliminati più facilmente dal sangue. La presenza di tali molecole consente di rafforzare, dove necessario, la funzione di detossificazione temporaneamente compromessa.
Qui di seguito accennerò solamente la suddivisione in diatesi, in quanto lo stesso sarà oggetto di un nuovo articolo. Secondo il padre dell’oligoterapia, Jacques Menetrier, gli individui si possono dividere in diatesi, il terreno organico, la singolarità enzimatica del soggetto (sia sul fronte fisico che emotivo), in base alle caratteristiche fisiopatologiche che li contraddistinguono. Vi sono quattro diatesi ed una sindrome, detta di disadattamento, che si può riscontrare in ciascuna delle diatesi. Esse si suddividono:
ï¶ Diatesi 1 – Allergica o del Mn
ï¶ Diatesi 2 – Ipostenica o del Mn-Cu
ï¶ Diatesi 3 – Distonica o del Mn-Co
ï¶ Diatesi 4 – Anergica o del Cu-Au-Ag
Sindrome di disadattamento:
– ipofisi-pancreatica o del Zn-Ni-Co
– ipofisi- genitale o del Zn-Cu
Ritengo, per esperienza professionale che la terapia con oligoelementi è un valido presidio sia per le patologie funzionali, che per quelle che hanno già evidenziato la loro presenza, tramite alterazioni degli esami ematochimici. E’ sicuramente una terapia di sblocco per gli empasse biochimici, ma anche un terapia di sostegno in tutte quelle patologie che da un punto di vista clinico manifestano la loro presenza (ad esempio in caso di allergie conclamate, …). Sarebbe sicuramente un valido presidio da integrare alle comuni terapie allopatiche, in quanto dà un input mirato e i benefici sulla lunga distanza tendono a mantenersi, con un impatto sulla spesa sanitaria non così oneroso e, forse addirittura, vantaggioso.
Bibliografia:
www.wikipedia.org
“I principi di biochimica” di Lehninger Ed Zanichelli 2010
“Guida agli oligoelementi” di Alfredo Torti Ed Riza 2006
Dott.ssa Viotto Monica
Medico, medico sportivo, diploma in omeopatia, medicina funzionale, medicina cibernetica, medicina integrata