Negli ultimi decenni lo sviluppo delle “small molecules”, termine inglese che indica le molecole piccole in genere biologicamente attive, ha avuto un grande impatto nella chimica farmaceutica per la cura delle malattie, nello sviluppo di additivi per l’agricoltura e nel campo della cosmetica. Per quanto riguarda lo sviluppo di nuovi farmaci, solo nell’ultimo decennio la statunitense Food and Drug Administration (FDA) ha approvato 183 small molecules. Da qui l’esigenza di produrre questo tipo di molecole vantaggiose per economicità , per semplicità del potenziale sviluppo industriale e per la versatilità del loro impiego.
Per definizione, le small molecules sono molecole organiche di piccolo peso molecolare (inferiore a 800 Daltons). Esse possiedono un’attività biologica determinata dal fatto di legarsi al sito attivo di una proteina responsabile della malattia, chiamato “target molecolare”.
Queste piccole molecole nascono dalla stretta sinergia tra il biologo e il chimico. Quest’ultimo, partendo da un corpo centrale comune, lo decora e caratterizza con opportuni “interruttori” del meccanismo di spegnimento della malattia.
Tuttavia, va precisato che, non tutte le small molecules possono diventare farmaci, in quanto per essere considerati tali, esse devono rispettare specifici parametri chimico-fisici relativamente all’assorbimento, al metabolismo e alla tossicità del farmaco all’interno dell’organismo umano.
Molte small molecules nascono dallo studio di sostanze di derivazione naturale di cui sono note le proprietà farmacologiche. E’ questo il caso dell’acido acetilsalicilico (l’aspirina) che fin dal Medioevo veniva estratto dalla corteccia di salice, ma che al giorno d’oggi viene prodotto industrialmente.
Piu’ in particolare, possiamo dire che l’attività delle small molecules viene per lo piu’ individuata nei laboratori chimici. Gli istoni deacetilasi (HDAC), per esempio, giocano un ruolo essenziale nella regolazione dell’espressione genica delle cellule eucariote e sono coinvolti nello sviluppo di alcuni tumori. L’idea di come sviluppare un inibitore degli istoni deacetilasi, cioe’ una small molecule in grado di bloccarne l’attivita’, nasce da uno studio preliminare svolto e pubblicato su Nature nel 1977 da M. G. Riggs e dai suoi collaboratori su una molecola piccolissima e (a dir poco) banale: il sodio n-butirrato, un comune reattivo. Da quest’iniziale scoperta sono stati compiuti molteplici progressi. Attualmente, il Vorinostat® e’ un farmaco approvato dalla FDA per la cura del linfoma cutaneo.
Il vantaggio economico di produrre small molecules si evidenzia particolarmente laddove vengono prodotte o modificate su larga scala: la multifunzionalità di una small molecule può dare origine ad una varietà infinita di derivati che riempiono librerie di composti utili per la ricerca di nuovi candidati farmaci. La loro versatilita’, infatti, agevola il compito degli scienziati ogni qualvolta viene scoperto un nuovo target molecolare bersaglio di una malattia.
La ricerca di una small molecule con una buona attivita’ all’interno di una libreria di composti si affianca alla scoperta e alla verifica dei meccanismi coinvolti in ogni singola malattia. D’altra parte la possibilita’ di avere a disposizione tante small molecules da testare, permette di raggiungere piu’ velocemente l’obiettivo e di capire la validita’ di una ricerca prima ancora effettuare test clinici di sperimentazione sui pazienti..
Grazie alle nuove tecniche veloci di screening automatico, la sintesi di librerie di small molecules aumenta notevolmente le probabilità di trovare la cura funzionante in tempi brevi.
Dr.ssa Agnese Abate
Responsabile del Dip. di Chimica della S.H.R.O. di Philadelphia.