La sentenza della Corte Costituzionale n. 107 dell’aprile 2012, che riconosce il diritto all’indennizzo per i danni derivanti dai vaccini, anche quando non obbligatori, ma meramente “raccomandati”. Indubbiamente evidenzia, la responsabilità delle campagne di prevenzione, sottolineando come queste possano determinare scelte non proprio definibili libere e consapevoli. Cosa significa, infatti scelte “libere e consapevoli” nel campo delle vaccinazioni quando – così come è stato proposto da non poche associazioni – non si pensa ad elaborare per ogni vaccino un test preliminare per stabilire l’eventuale vulnerabilità dell’individuo da vaccinare rispetto ai principi attivi e/o agli altri ingredienti del vaccino stesso? Oppure quando non si mostra ai genitori che vanno a far vaccinare i propri figli il “bugiardino” (e cioè il foglietto illustrativo che deve riportare eventuali controindicazioni) del vaccino che sta per essere somministrato? E cosa significa il titolo “consenso informato”che sovrasta il modulo da firmare al momento della vaccinazione quando i mass media, spesso con l’appoggio di illustri medici, grondano allarmismi davanti all’”influenza aviaria” o ancora più evanescenti “armi biologiche” in possesso di gruppi terroristi? Consenso informato. Sembra quasi il beffardo, quanto ipocrita, invito al “gioco consapevole” che accompagna la pubblicità delle innumerevoli lotterie alle quali ormai sempre più persone affidano la speranza di risolvere il loro futuro messo in forse da una crisi economica senza precedenti.
Come medico virologo e come allievo di Sabin inizialmente il mio atteggiamento nei confronti dei rischi connessi alle vaccinazioni era quello della cosiddetta Scienza ufficiale e cioè un prezzo pur doloroso che andava comunque pagato per far progredire la Medicina e il benessere dell’umanità. Poi, studiando quello che è stato l’andamento delle epidemie in rapporto ai supposti benefici dei vaccini, analizzando alcuni casi clinici e – last but not least – facendo parte del Comitato Nazionale di Bioetica (che proprio sui vaccini ha redatto, nel 1995, il suo certamente più famoso testo), ho maturato una serie di convinzioni che, mi hanno portato qui.
Non vorrei affrontare gli aspetti scientifici e medici che hanno rintuzzato la pretesa del cosiddetto mondo scientifico e medico, di affidare all’immunoprofilassi la sconfitta di ogni malattia infettiva, desiderando, invece concentrarmi su alcune questioni che mi auguro possano arricchire il lettore.
Intanto il grave fenomeno delle false certificazioni, che non pochi pediatri compiacenti stilano a favore dei renitenti quando non sono, addirittura, i medici stessi, che arrivano a consigliare ai genitori di non vaccinare i figli. E purtroppo non si tratta di casi sporadici se si pensa che, secondo dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in alcune regioni la percentuale dei ritardi nelle vaccinazioni supera il 50 per cento. Del resto, va detto che le inadempienze più gravi vanno a carico dello Stato considerando che la stragrande maggioranza delle ASL non ha mai messo in atto un controllo incrociato tra le liste vaccinali e quelle anagrafiche, per smascherare così gli inadempienti.
Questo atteggiamento della classe medica e della sanità pubblica svela una sostanziale ipocrisia a non volere affrontare un problema che si è preferito sottacere e che, complice la diffusa ignoranza scientifica che ancora caratterizza il nostro Paese, ha finito per trovare spazio solo in rissosi talk show televisivi; una ignoranza scientifica certamente da addebitare, – oltre ad una informazione medica finanziata al 90% dall’industria farmaceutica – alla mancata applicazione della legge 210 del 25 febbraio 1992 che imponeva di attuare, entro sei mesi, progetti di informazione pubblica sui possibili rischi delle vaccinazioni.
Nascono da qui situazioni francamente grottesche come il rifiuto del personale sanitario dell’Azienda Ospedaliera Cotugno di Napoli, uno dei più importanti centri per le Malattie Infettive italiane, di sottoporsi, nel 2009, alla ormai famigerata, vaccinazione contro il virus AH1N1. Una scelta che pur essendo stato Primario per oltre trent’anni in quella struttura non ho sobillato io. Anche se sarei stato in buona compagnia, considerando che, secondo inchieste giornalistiche, la metà dei medici di base si sono rifiutati di vaccinare i propri pazienti e, solo il 40% di essi, si è vaccinato (una percentuale che tra i medici ospedalieri scende addirittura al 10%).
Il rapporto tra vaccinazioni e medici e tra questi ultimi e i pazienti è molto cambiato.
Come è noto, per molto tempo chi rifiutava di sottoporsi (o sottoporre i propri cari) alle vaccinazioni veniva additato come un furbastro che, al pari degli evasori fiscali, approfittavano dell’”immunità di gregge” creata dalla grande massa di vaccinati. Si contrapponeva, cioè alla “Certezza della Scienza” le accuse di irresponsabile atteggiamento (in qualche caso imputazioni di diffamazione e diffusione di false informazioni) che per molti anni hanno lasciato nell’isolamento chi (spesso, per avere avuto familiari devastati dai vaccini) lottava contro un terrorismo sanitario che pretendeva di estendere a dismisura le vaccinazioni (magari inglobando tra quelli “raccomandati” gli annunciati “vaccini anticoncezionali” – che agiscono sulla gonadotropina corionica e l’ormone luteinizzante – o quello “antidroga” – inteso alla produzione di anticorpi atti a bloccare il passaggio di cocaina e nicotina a livello della barriera ematoencefalica – o quello “anticarie” – basato sulla immunizzazione contro la glucosiltransferasi). Poi, poco alla volta il movimento contro una Salute affidata alla immunoprofilassi ha visto la presenza sempre più numerosa di medici e ricercatori che, si sono conquistati anche spazio nelle aule di giustizia, come dimostrato dalla recente sentenza del Tribunale di Rimini che associa la vaccinazione anti Morbillo-Parotite-Rosolia (MPR) alla Sindrome di Kanner, meglio nota coma autismo.
La corsa alle vaccinazioni che sta conoscendo l’Occidente evidenzia una progressiva “medicalizzazione” di problemi che, prima di essere sanitari sono sociali e politici. È questo il caso del Progetto GAVI.
Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo sarebbero più di tre miliardi le persone infette da uno dei tre agenti più diffusi, cioè il plasmodio della malaria, il micobatterio della tubercolosi ed il retrovirus dell’immunodeficienza acquista. Il 90% queste infezioni sono concentrate nei Paesi poveri, con redditi inferiori a 100 dollari all’anno; le stime di mortalità sono consequenziali: circa 5 milioni di decessi ogni anno. Per l’AIDS la realizzazione del vaccino è ancora in alto mare. Per quello contro la malaria, svaniti, nel 2009, gli entusiasmi (e i 300 milioni di dollari) suscitati dalle ricerche di Joe Cohen è tutto un succedersi di annunci e successive delusioni (l’ultima speranza – o illusione? – si chiama RTS). Per la tubercolosi, invece, esiste tutta una serie di vaccini abbastanza “efficaci”. Il primo, il “Vaccino Maragliano” risale, addirittura, al 1915, poi c’è stato il BCG, realizzato da Calmette e Guerin nel 1921, poi ci sono stati i vaccini derivanti da organismi geneticamente modificati, come il MVA85A, creato nel 2002…. Lecito, a questo punto, domandarsi perché mai, con tanti vaccini disponibili, la tubercolosi a livello mondiale non sia regredita, ma aumenti, diventando addirittura endemica in aree che, fino a qualche decennio fa, sembravano risparmiate da questo flagello come, ad esempio, il Costarica.
La risposta è di una evidenza sconcertante: la crisi economica, le guerre, l’accaparramento di terre fertili… con il conseguente esodo di milioni e milioni di disperati che vanno a vivere negli slum delle metropoli sta facendo dilagare questa infezione che, tra l’altro, come recentemente segnalato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sta conoscendo una crescente resistenza ai farmaci.
Nonostante ciò, la risposta dei potenti della Terra a questa minaccia si chiama Progetto GAVI (Global Alliance for Vaccines an Immunization), ufficialmente lanciato a Davos, nel corso del Forum Economico mondiale – e che, nonostante i suoi sponsor privati – Children’s Vaccine Program di Bill e Melinda Gates, Banca Mondiale, IFPMA (Federazione Internazionale delle Associazioni dei Produttori Farmaceutici), Rockefeler Fundation…. – drenerà dagli stati, (e quindi dai cittadini) nel prossimo quinquennio oltre 15 miliardi di dollari per imperscrutabili “ricerche” per produrre vaccini. Il tutto, ovviamente condito dagli immancabili manifesti e locandine che ammiccano per convincere qualche passante ad aprire i cordoni della borsa per “offerte” scalabili dalla dichiarazione delle tasse. Su tutti, una frase ad effetto: “GAVI: la tubercolosi si può sconfiggere” e una fila di bambini africani, ben nutriti e sorridenti, davanti ad un bonario medico pronto a vaccinarli.
Un altro elemento di riflessione sulle vaccinazioni è il loro correlarsi oggi al continuo riproporsi sui mass media di ansie e psicosi, ad esempio quelle scatenate dalla paura “bioterrorismo”. Una minaccia – veramente improbabile, considerando l’estrema difficoltà che avrebbe oggi una pur potente organizzazione terroristica a produrre un microrganismo capace di vanificare le risorse di un, pur malandato, sistema sanitario come il nostro. È questo, tra l’altro il parere di studiosi dell’argomento sicuramente qualificati, ma che hanno la sfortuna di non potere con le loro opinioni alimentare un qualche business. Altra fortuna hanno avuto, invece, “esperti” in bioterrorismo che hanno addirittura teorizzato un possibile furto di virus Variola major responsabili del vaiolo. Perchè mai questi tenebrosi terroristi dovrebbero trafugare i virus del vaiolo dai soli due superblindati laboratori (uno a Novosibirsk in Russia l’altro ad Atlanta negli USA) dove sono custoditi, invece di utilizzare o modificare, altri virus più facilmente disponibili non è chiaro. Chiarissimo, invece è il “risultato” dell’allarme vaiolo: cinque milioni di dosi di vaccino antivaioloso, acquistate dall’Italia e che, al pari delle 25 milioni di dosi di vaccino contro il virus AH1N1, sono state buttate via o, molto più ipocritamente, donate ai “paesi africani”. Poi ci sono le psicosi di imminenti e catastrofiche epidemie che troneggiano periodicamente sui mass media; e ci sarebbe da domandarsi perchè mai, con tutte le infezioni che continuano a falcidiare l’umanità queste paure riguardano prevalentemente l’influenza: le famigerate “influenza aviaria”e “influenza suina”, solo per citare le ultime due paure che hanno serpeggiato recentemente.
E, guarda caso, proprio per l’influenza esiste una radicata e lucrosa campagna di vaccinazione che si ripropone annualmente da anni. Una abitudine davvero poco comprensibile, considerando che il vaccino viene prodotto prima dell’inizio della stagione influenzale, il che significa che il virus dell’influenza quasi mai coincide con quelli testati per produrre il vaccino. Il risultato è che un 30/40% delle persone vaccinate contrae comunque l’influenza. D’altro canto il vaccino influenzale determina dei rischi; ma se andate a cercare esaustive indagini epidemiologiche sulle vaccinazioni antinfluenzali o se voleste capire perchè mai, come recita un comunicato ufficiale, “la vaccinazione antinfluenzale e’ raccomandata per le persone di età pari o superiore ai 65 anni, per le persone di tutte le età con patologie croniche, e per determinate categorie professionali”, vi meravigliereste, come me, nel constatare quanto poco spazio le riviste, anche quelle scientifiche, dedichino a questo argomento. Sarà per via degli inserzionisti che tengono in vita queste riviste?
Comunque sia, psicosi del bioterrorismo e di imminenti e devastanti epidemie garantiscono il dilagare delle campagne di vaccinazione. Già durante la guerra contro l’Irak nel 1991 il governo Bush riuscì ad imporre a tutti i soldati un cocktail di vaccini contro armi biologiche, non ancora autorizzato dalla Food and Drug Administration, e contenente, tra l’altro, una molecola controversa, lo Squalene: un innocuo metabolita del colesterolo umano (secondo l’industria producente i vaccini), un probabile responsabile di tutta una serie di patologie oggi conosciute come Sindrome del Golfo (secondo alcuni ricercatori).
Ancora peggio per la “minaccia antrace” per fronteggiare la quale, nel 2003, erano state preparate, negli USA, ottanta milioni di dosi di vaccino. Una campagna di vaccinazione coattiva, per la quale, si badi bene, non valeva più il diritto al rimborso dell’eventuale danno biologico, norma stabilita, nel 1968, dalla Corte di appello federale degli Stati Uniti. Del resto è stato proprio questo principio negli ultimi decenni del passato secolo a far ridurre le campagne di vaccinazione (nel 1985, dei dieci produttori di vaccini presenti sul mercato quindici anni prima ne restavano soltanto tre) e a fare sfumare il business.
Oggi, invece, grazie anche all’accordo stipulato tra l’amministrazione Bush e le multinazionali farmaceutiche produttrici del vaccino contro il vaiolo e contro l’antrace questo principio, (per fortuna, ancora valido in Italia grazie alla Legge 229 del 29 ottobre 2005) non esiste più, o quasi. E così riparte alla grande la corsa per produrre nuovi vaccini: 197, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità; il 30 per cento di questi saranno immessi sul mercato nei prossimi quattro anni.
Un ultimo aspetto delle vaccinazioni che qui vorrei evidenziare è che esse, anche per essere assolutamente uguali per ogni soggetto che ad esse si sottopone, suggeriscono una lettura della malattia come mera interazione tra microrganismo e organismo umano, tagliando, così, fuori tutte quelle infinite specificità, quella unicità di ogni essere umano, il cui studio ha fatto grande l’arte medica.
Ma l’individuo non è una indistinta macchina biologica e l’infezione non è una “guerra” per la quale dobbiamo proteggerci semplicemente “fortificando” a dismisura le nostre difese immunitarie. Se così fosse, la “soluzione” finirebbe per essere quella suggerita in qualche libro di fantascienza (e in servizi giornalistici supportati da qualche sospetta inserzione pubblicitaria): un vaccino contro tutte le malattie, da assumere al momento della nascita per neutralizzare ogni microrganismo e garantirsi una lunga e sana vita.
Così non è. “Il microbo è nulla, il terreno è tutto”ammise, alla fine della sua vita, Louis Pasteur, il fondatore della Immunologia e della moderna Medicina. E ritengo spetti al medico prima ancora di qualsiasi vaccino, il compito di vivificare questo terreno.