Le malattie reumatiche costituiscono un problema di forte impatto sociale, tanto per l’elevata incidenza, quanto per la brusca riduzione della qualità della vita: si tratta di patologie spesso invalidanti che comportano spiccate disabilità. I portatori di tali malattie, di natura infiammatoria e spesso di origine autoimmune e tendente alla cronicizzazione sono costretti a convivere con la disabilità ed a necessitare per tempi lunghi, e per lo più indeterminati, di cure e controlli.
Tra queste contiamo le più frequenti, quali l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica, le spondiliti, il lupus eritematoso sistemico, le vasculiti, che colpiscono l’1% della popolazione, per lo più femminile.
La terapia farmacologica prevede in genere l’uso di antinfiammatori, cortisonici e Fans accompagnata da una terapia di fondo con SYSADOA ( Symptomatic Slow Acting Drugs in Osteo-Arthritis ).
I Fans hanno una attività analgesica e anti-infiammatoria, senza però influire sul decorso della malattia (da qui l’uso concomitante dei SYSADOA ), e non sono in grado di evitare l’insorgenza di erosioni articolari, per cui da soli non possono costituire l’unico trattamento della patologia. Inoltre portano in se dei noti fattori di rischio: bisogna avere cautela se il paziente ha dai 75 anni in su, se ha una storia di ulcera pregressa, se fa uso di steroidei o anticoagulanti o di altri Fans soprattutto se ad alto dosaggio. Un approccio in genere più efficace si ha invece con i cortisonici che mostrano, oltre che una azione antinfiammatoria, anche la capacità di interferire con la progressione dei processi erosici. Ciò potrebbe quindi fare dei farmaci steroidei il trattamento di elezione per le patologie artrosiche e reumatiche, ma gli effetti collaterali di questo tipo di trattamento rendono la terapia cortisonica poco appetibile. Tali farmaci, infatti, possono comportare l’insorgenza di osteoporosi, per cui si rende necessario l’affiancamento di trattamenti che prevedano l’apporto di calcio, fino anche a terapie anomali. Inoltre i cortisonici possono determinare ipertensione, aumento di peso, ritenzione idrica, iperglicemia, cataratta, fragilità cutanea, e aterosclerosi.
Tutti questi effetti collaterali che è molto facile che insorgano ed in materia non indifferente, soprattutto in caso di trattamenti prolungati come necessita una terapia antireumatica, possono essere controllati limitando il dosaggio a livelli minimi possibile in relazione all’efficacia che devono comunque mantenere.
In alternativa, si può provare a ricorrere alla Boswellia serrata.
Si tratta di una pianta originaria dell’india che produce una caratteristica resina oleosa giallo-bruno, ricca in numerose sostanze con notevoli proprietà terapeutiche, primi tra tutte gli acidi boswellici. A questi si deve l’azione antireumatica ed antinfiammatoria che rende questa pianta utile nel trattamento di numerosi disturbi, quali l’artrite reumatoide, l’osteoartrite, la spondilite cervicale, oltre che altre affezioni di natura infiammatoria.
L’azione di questi acidi è simile a quella dei farmaci antinfiammatori non steroidei, i Fans. E come tali sono utili nelle affezioni reumatiche.
I processi infiammatori sono mediati dalla formazione di “Leucotrinei”, mediatori chimici che determinano il richiamo di cellule immunitarie sul luogo dell’infiammazione, producono una contrazione della muscolatura liscia ed un aumento della permeabilità dei vasi, con conseguente formazione di edemi: gli acidi boswellici agiscono appunto bloccando questi processi.
Innanzitutto interferendo con la chemiotassi e la conseguente produzione di enzimi che determinano la distruzione del collagene e dei tessuti coinvolti nel processo infiammatorio. In poche parole gli acidi boswellici inibiscono il processo infiammatorio, come avviene per i Fans, ma al contempo interferiscono nel processo infiammatorio. In poche parole gli acidi boswellici inibiscono il processo infiammatorio, come avviene per i Fans, ma al contempo interferiscono nel processo di distruzione del tessuto connettivo, limitando i danni del processo stesso.
Gli acidi boswellici, hanno l’interessante caratteristica di essere in un certo senso selettivi. Nel senso che agiscono sulla sintesi leucotrieni, responsabili del processo antinfiammatorio, ma non su quella delle prostaglandine, anch’esse coinvolte nel processo, ma protettrici della mucosa gastrica. In questo senso la Boswellia serrata si presenta come alternativa appetibile all’uso degli antinfiammatori classici proprio perché, non interessando la sintesi delle prostaglandine, non comporta sensibilizzazione e danno alla mucosa gastrica. Questo particolare, rende la Boswellia serrata interessante alternativa anche ai salicilati, responsabili anch’essi di danni alle mucose gastriche.
Ad oggi non risultano effetti collaterali derivanti da trattamenti anche prolungati con Boswellia serrata, il che fa della Boswellia un buon alleato in tutte quelle patologie infiammatorie croniche che impongono trattamenti protratti nel tempo.
Dott. Giuseppe Celiento









