L’insufficienza venosa cronica (IVC) è conseguente ad uno scompenso del funzionamento delle vene periferiche. Il ritorno del sangue verso il cuore, in equilibrio con le necessità tissutali, non è piu’ garantito non solo in posizione ortostatica, ma anche clinostatica. L’edema ne costituisce la manifestazione caratteristica, sia sul piano fisiopatologico che clinico. Il processo patologico all’origine dell’IVC – acquisito o congenito (angiodisplasie, insufficienza valvolare o agenesia) – può comportare quadri funzionali od organici, questi ultimi di gran lunga piu’ frequenti oltre che severi. Attualmente la classificazione internazionale CEAP permette una categorizzazione appropriata dei pazienti per la valutazione dell’evoluzione dell’IVC e la determinazione dell’efficacia del management.
L’insufficienza venosa cronica può essere il risultato di ostruzione al deflusso, reflusso o una combinazione di entrambe. L’obiettivo dell’esame clinico e strumentale è rilevare quale di queste condizioni sia presente.. Sono disponibili molti test venosi, semplici, rapidi e cost-effective. Le informazioni utili, necessarie per valutare e quantificare i problemi venosi sono di solito ottenute da soli tre tipi di test: Doppler ad onda continua, Eco-Color-Doppler, Pletismografie. La valutazione del reflusso viene di solito eseguita con il paziente in piedi , l’arto da esaminare rilassato ed il ginocchio lievemente flesso.. In mani esperte l’attendibilità è del 90% . Anomalie anatomiche nel cavo del poplite sono responsabili di diversi errori, per esempio un reflusso nelle vene del gatrocnemio può essere interpretato come incontinenza della vena poplitea; inoltre il Doppler CW non è indicato per localizzare vene perforanti incompetenti. L’esame con Eco-Color-Doppler completa la valutazione di screening con Doppler CW e fornisce informazioni sulla sede del reflusso: possono ad esempio essere studiate singolarmente la vena femorale, poplitea, perforanti, ecc. L’uso del colore permette una valutazione piu’ rapida ed accurata. Le basi del trattamento chirurgico delle varici degli arti inferiori datano ormai quasi un secolo con gli interventi di Mayo e Babcock12,13 e tuttavia essi non possono essere considerati desueti grazie alla conferma di decine di migliaia e più di interventi praticati e “validati” dall’esperienza comune e da studi accreditati successivi. Sostanzialmente, tre innovazioni si sono inserite in una tecnica chirurgica standard per migliorarne i risultati:
1. l’evoluzione dello stripping su nuove basi anatomiche e fisiopatologiche
2. l’introduzione di gesti chirurgici semplificat1, come la flebectomia per mini-incisionie lo stripping per invaginazione
3. lo studio cartografico preoperatorio mediante ecocolordoppler
Va rilevata la nascita e la diffusione di numerosi nuovi interventi talvolta limitati all’ambito dello stesso proponente: tali interventi pur assicurando spesso buoni risultati clinici necessitano di studi controllati multicentrici e non possono, allo stato attuale, essere considerati sostitutivi di tecniche standard, bensì alternativi. L’importanza della chirurgia delle varici nei sistemi sanitari occidentali è data dalla frequenza della domanda: 70 interventi/100.000 abitanti nel Regno Unito, 200\100.000 in Finlandia, fino a numeri più elevati in Francia (oltre 150.000/anno) ed Italia (oltre 100.000/anno. L’indicazione chirurgica tuttavia deve essere approfonditamente discussa. Lo stesso scopo della chirurgia, la risoluzione totale delle varici, deve essere rivisto all’interno del quadro patologico di base, l’insufficienza venosa cronica, del gravoso problema delle varici recidive a chirurgia e della comparsa di nuove varici.
Renato Tizzano Azienda Ospedaliera S. G. Moscati – Avellino