I farmaci biologici hanno rappresentato un progresso significativo nella terapia dell’Artrite reumatoide (AR), determinando un cambiamento netto nell’approccio terapeutico a tale patologia .
I farmaci biologici disponibili sono gli anti TNF alfa (Infliximab, Etanercept, Adalimumab, Golimumab, Certolizumab), un inibitore dell’IL1 (Anakinra), un anti CD20 (Rituximab), un inibitore della costimolazione dei linfociti T (Abatacept) e un inibitore del recettore dell’ IL 6 (Tocilizumab).
Trials clinici di fase III hanno dimostrato che la terapia di combinazione tra farmaci anti TNF alfa e methotrexate o un altro DMARD, quali leflunomide, in caso di intolleranza al methotrexate, ha una maggiore efficacia rispetto alla monoterapia senza che si realizzi un aumento dell’incidenza di eventi avversi .
Tuttavia, sulla base della loro efficacia nei trials clinici, per i pazienti affetti da Artrite reumatoide, Etanercept, Adalimumab, Certolizumab pegol e Tocilizumab possono essere utilizzati anche in monoterapia.
I pazienti candidati alla terapia con farmaci biologici devono avere una diagnosi di AR definita secondo i criteri classificativi (The 2010 American College of Rheumatology/European League Against Rheumatism classification criteria for RA) e appartenere a tre categorie:
- Pazienti con un’insufficiente risposta al methotrexate ,assunto per almeno tre mesi al massimo dosaggio tollerato (fino a 25 mg/settimana);
- Pazienti intolleranti al methotrexate che hanno avuto un’insufficiente risposta alla terapia con un altro DMARD, assunto per tre mesi al dosaggio massimo tollerato (leflunomide 20 mg/giorno, sulfasalazina 2 g/giorno);
- Pazienti in cui si verifica un fallimento terapeutico con il methotrexate o con altri DMARDs che abbiano almeno una delle tre condizioni seguenti:a)un’alta attività di malattia almeno per un mese (valutata con DAS28>5,1); b)attività di malattia moderata( DAS28>3,2 e ≤5,1) in presenza di fattori prognostici sfavorevoli (ACPA+, FR+, alti valori di VES e/o di PCR) o un’ evidenza di almeno un’ articolazione tumefatta o un’ evidenza radiografica di un’erosione precoce oppure di una sinovite attiva all’ecocolordoppler.
L’obiettivo dei pazienti in terapia con farmaci biologici è quello di raggiungere la remissione(DAS28≤2,6) nel caso di un ‘early arthritis’ e la bassa attività di malattia (DAS28≤3,2) nei pazienti con Artrite reumatoide ,che si presentino con una durata di malattia superiore a un anno.
Il paziente con un’elevata/moderata attività di malattia va valutato ogni 1-3 mesi; nei pazienti con bassa attività di malattia la valutazione ,si esegue ogni 3-6 mesi . A tale scopo si utilizzano degli indici validati : DAS28, SDAI, CDAI,HAQ.
La valutazione radiografica si esegue almeno ogni 12 mesi con l’esecuzione dell’Rx di mani, polsi, piedi e avampiedi.
Nei pazienti in cui si verifica un fallimento terapeutico primario (nei primi tre mesi di terapia il paziente non ha mai risposto completamente al biologico), se questo è utilizzato in monoterapia ,si può introdurre un DMARD quale il methotrexate (dosaggio >20 mg/settimana), se invece è già associato ad un DMARD non biologico, si può aumentare la somministrazione fino al dosaggio massimo tollerato, oppure si può scegliere un altro farmaco biologico con un meccanismo d’azione uguale o diverso.
Se invece c’è stato un evento avverso al biologico, allora si opziona per un altro farmaco biologico con un meccanismo d’azione uguale o differente .
Nei pazienti che vanno incontro a un fallimento secondario (in un primo momento si ha una risposta che poi si perde nel tempo) è necessario lo switch o lo swap verso un altro biologico, tenendo conto che la risposta verso un secondo o addirittura verso un terzo biologico è ridotta.
il primo intervento terapeutico, raggiunta la remissione, consiste nel ridurre il dosaggio di cortisonici sino ad eliminarli.
Una recente review sostiene che, se si ottiene uno stato di remissione che duri almeno sei mesi, è possibile interrompere la terapia con farmaci biologici.
Il trattamento con terapia biologica può essere ripreso con successo nel 70-100% dei pazienti che presentino un flare della patologia in seguito all’interruzione.
ILARIA PUCA
Reumatologa