Le correlazioni esistenti tra diabete mellito e malattie cardiovascolari sono ormai state acclarate da numerosissime evidenze scientifiche generate dall’interesse dei maggiori studiosi sia in campo cardiologico che in quello diabetologico, tanto da considerare alcuni aspetti fisiopatologici del diabete mellito il “primum movens” delle malattie cardiache, in particolare la cardiopatia ischemica.
Queste considerazioni sono frutto dell’evidenza che la maggiore causa di mortalità nel paziente diabetico è proprio la cardiopatia ischemica (40%) seguita dalle altre cardiopatie (15%) come riferito dal “National Institutes of Health” americano già nel 1995. (1) Ed inoltre l’impatto del rischio cardiovascolare nel diabetico è stato confermato da tutti i più grandi trias clinici di valutazione degli indici di mortalità e morbilità . (2-5) Basti pensare che l’incidenza di IMA fatale e non nel paziente diabetico che non ha mai avuto eventi cardiovascolari è praticamente sovrapponibile a quella che ritroviamo in pazienti non diabetici che hanno già avuto un infarto (19% vs 20%). Se poi associamo le due componenti il rischio di IMA risulta addirittura raddoppiato. (6,7)
Anche l’incidenza di segni precoci di rimodellamento ventricolare o di disfunzione diastolica risulta aumentata nel paziente diabetico indipendentemente da altri fattori eziopatologici, quali l’ipertensione arteriosa, come dimostrato nel Framingham Heart Study e Strong Heart Study. (8,9)
La spiegazione fisiopatologia di questa stretta correlazione è data dall’azione di diversi fattori: iperglicemia, insulino-resistenza, disfunzione endoteliale, anomalie del sistema renina-angiotensina-aldosterone e rimodellamento ventricolare agiscono sinergicamente determinando una disfunzione microvascolare che genera ed alimenta lo sviluppo della disfunzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro. (10)
Pertanto la diagnosi precoce di malattia cardiovascolare e la stratificazione prognostica dei pazienti affetti da diabete mellito sono obiettivi di primaria importanza nella gestione di tale setting di pazienti. Le tecniche di imaging, quali SPCET, PET, Ecocardiografia a riposo e tecniche di Stress Eco, rivestono un ruolo di primaria importanza e devono esserci di aiuto nell’identificazione dei segni precoci di malattia o ancor di più nelle fasi successive di malattia misconosciuta. Infatti una delle problematiche maggiori nella valutazione della cardiopatia ischemica nel diabetico è rappresentato dalla cosiddetta “ischemia silente” che rende conto di aumento di mortalità superiore al doppio rispetto a quella del paziente con ischemia sintomatica. (11)
Alla luce di tutte queste evidenze, gli sforzi delle comunità scientifiche internazionali si sono concentrati sulle possibilità terapeutiche associate al controllo del profilo glicemico che possono determinare un miglioramento della prognosi nel diabetico e le linee guide 2007 promulgate dalle maggiori società cardiologiche e diabetologiche (12) indirizzano verso un trattamento aggressivo di tutti i fattori che associati alla malattia diabetica possono ulteriormente aggravare gli indici di morbilità , attraverso la modifica dello stile di vita (riduzione del peso, alimentazione, attività fisica, astensione dal fumo), il controllo ottimale dei valori di pressione arteriosa (< 130/80 mmHg con utilizzo principalmente di ACEi e ARBs), il controllo ottimale del profilo lipidico (statine) e l’antiaggregazione piastrinica.
Arcangelo D’Errico, MD Maria Vittoria Ciccarelli, Milena Sidiropulos, MD Alessandra Cacace, MD Lucia Serena Parrella, MD
Divisione di Cardiologia, Clinica Villa dei Fiori, Acerra