Se l’OMS ha individuato nel miglioramento
della vita della madre e del bambino uno degli obiettivi sanitari prioritari a livello mondiale, la tutela del percorso materno-infantile costituisce un impegno di valenza strategica dei sistemi socio-sanitari
nazionali.
Ed il Trasporto Neonatale di Emergenza rappresenta il necessario anello di congiunzione
tra le strutture di primo livello e quelle di secondo e terzo livello all’interno di tale percorso, e cioè tra il centro nascita ed il reparto ospedaliero più idoneo all’assistenza
del neonato patologico.
Prima della sua istituzione non esisteva una cultura del trasferimento, intesa come possibilità di dare ad ogni neonato con problemi la chance di accedere in tempi rapidi alla terapia intensiva neonatale di riferimento. Quando richiesto, il trasporto avveniva, poi, in assenza di mezzi idonei e senza una routine comportamentale codificata.
Se in Italia si è verificata una drastica riduzione della mortalità perinatale negli ultimi 30 anni (dal 31,2‰ del 1970 al 5,3‰ del 2002), probabilmente una quota di merito è anche del Trasporto Neonatale d’Emergenza.
La Regione Campania è stata tra le prime in Italia a dotarsi di un servizio di questo tipo, identificando in ambito regionale tre strutture di riferimento, tra cui l’Ospedale Civile di Caserta.
Il TNE di Caserta, che trasferisce i neonati dalle province di Avellino, Benevento e Caserta, inizia, così, la propria attività nel 1996.
I primi problemi organizzativi sono stati immaginare e realizzare un modello che fosse efficace ed efficiente, soprattutto considerando
la vastità del territorio coperto ed i 30 centri nascita in esso presenti.
La criticità consiste nella delicatezza del ruolo svolto in rapporto a patologie neonatali
molto severe da assistere in itinere. Non si tratta, quindi, di un lavoro di semplice
trasporto, ma di inizio e di proseguimento
di cure che per la loro complessità richiedono grandi professionalità e attrezzature
all’avanguardia.
Volendo fare un esempio banale, gli standard
per il trasporto neonatale prevedono che il personale medico abbia una specifica preparazione che includa non solo la capacità
di mettere in atto le manovre di rianimazione
cardiorespiratoria e le comuni procedure diagnostiche ed assistenziali, ma anche competenze particolari, come la perfetta
conoscenza di tutte le attrezzature in dotazione così da individuare prontamente e quando possibile rimuovere, in itinere, qualsiasi causa di malfunzionamento.
I quasi 7.000 trasferimenti operati nel primo decennio di attività hanno permesso una reale ottimizzazione del sistema, tanto che i parametri di efficienza, rappresentati
dai tempi di attivazione, trasporto e riattivazione sono inferiori a quelli previsti dalla Società Italiana di Neonatologia in oltre il 90% dei casi, ed i parametri di efficacia, individuati nelle condizioni del neonato, riportano un miglioramento clinico
nell’80% dei casi.
In conclusione, se il futuro prescrive necessariamente
un incremento del trasporto in utero, tale prospettiva appare ancora lontana, come dimostrato dalla quantità di trasferimenti neonatali richiesti. E’ quindi necessario proseguire l’opera di miglioramento
e perfezionamento di tale sistema.
TRASPORTO NEONATALE
D’EMERGENZA
di L. Falco*
*Direttore U.O.C. Caserta di Neanotologia e terapia intensiva Neonatale con trasporto neonatale d’emergenza
Voci bibliografiche:
1) Annuario Statistico Italiano 2003 — ISTAT
2) Falco L. et al.: Vademecum del trasporto neonatale
d’emergenza.
Seconda Edizione, 2002.
L. Falco
Direttore U.O.C. Caserta di Neanotologia e terapia intensiva Neonatale con trasporto neonatale d’emergenza